La Stampa, 18 novembre 2018
Ghali sotto accusa per maschilismo
Carissima Maria, ci rivolgiamo al Suo giornale, perché siamo convinte che l’educazione all’uso delle parole giuste sia un segno di civiltà. Le parole tratteggiano i pensieri e li condizionano, a tal punto che il parlare aggressivo è spesso il preludio alla violenza fisica e alla sopraffazione. Ti scriviamo per segnalarti i brani di un trapper, tale Skioffi, (una nuova forma di espressione musicale dell’ americanissimo rap, praticato da Ghali, Sfera Ebbasta). Eccone solo alcuni: «Le tolgo il fondotinta con la forza dei miei schiaffi», «non parlare brutta cagna». Questo personaggio veicola messaggi di apparente protesta, che trasudano maschilismo, frustrazione e desiderio di prevaricazione, attraverso i social network, disponendo di una ampia platea fatta di adolescenti e preadolescenti che non hanno una struttura mentale adeguata (e spesso non hanno una protezione in famiglia) per valutare e rifiutare i contenuti devastanti. Se si lascia passare il messaggio che un artista è completamente libero di esprimere ciò che vuole, e si definiscono bacchettoni i tentativi di censura e contenimento di questi fenomeni, il pericolo sociale è elevatissimo. YouTube, il canale di comunicazione più seguito dai ragazzini, deve essere «sorvegliato». I media hanno regole definite dal codice deontologico, che più o meno tenta di vigilare sulla validità dei contenuti e dei fatti e sanziona. Non esistono tuttavia solo testate registrate in tribunale e quindi soggette a regolamentazione, ma oggi abbiamo, volenti o nolenti, nuovi canali, che sono «media» a tutti gli effetti, dato che raggiungono milioni di persone. Gli influencer hanno una grande responsabilità in quanto hanno un potere persuasivo molto alto nei confronti delle fasce giovani e quindi più vulnerabili. All’amico Francesco Baccini, artista sensibile e schietto, abbiamo inoltrato l’imbarazzante curriculum di Skioffi. Francesco ha subito scritto un post molto indignato sui suoi canali social, raccogliendo il plauso della maggior parte del pubblico adulto, ma ci ha confessato che in privato ha ricevuto critiche ed è stato tacciato di «moralismo». Se essere moralisti è stigmatizzare la violenza verbale e il disprezzo per il genere femminile allora è opportuno stabilire nuovi criteri, magari cambiandone l’etichetta, o meglio il «tag». «Le parole sono importanti» cit. Ci auspichiamo che le autorità, se l’Ordine dei Giornalisti non può agire, mettano in atto dispositivi di controllo e regolamentazione. «Censura» è concetto desueto ed evoca limitazione di libertà. Ma in nome della Libertà è davvero lecito incitare al femminicidio o in generale all’odio di genere? Se questo Skioffi su un social network può insultare, forte della sua «libertà» di espressione e dei suoi «k» di followers, non è il caso di riappropriarci del vero significato di Libertà? Secondo noi si tratta di vera e propria apologia della violenza e della prevaricazione. L’apologia di ideologie del passato è considerata reato.
Alessandra Lepri e Terry Zanetti•••Cara Alessandra e cara Terry,
grazie di avere sollevato questo tema. La prima cosa che mi viene in mente diradando la nebbia di rabbia che mi è salita al cervello ascoltando questo tizio e guardando un suo video su YouTube è che trattasi di «spazzatura». Vorrei dire altro, mi trattengo. Andrebbe ignorato. Ma i like sotto alle sue «opere» ci dicono che non può essere ignorato o liquidato come un fenomeno transitorio destinato al cassonetto. Quei like indicano una pericolosa deriva, ragazzi cresciuti in un mondo virtuale dove tutto è possibile e tollerabile perché dura lo spazio di una clip o di un like. Dove tutto diventa commerciale anche il «sessismo», il «femminicidio», la violenza in generale. Chi non ha strumenti culturali e sociali per capire, per valutare e rifiutare le palate di m…. che ogni giorno arrivano dalla rete, allora ne viene sopraffatto, inquinato. Certo l’origine di questa «mala-educazione» va ricercata altrove e potremmo parlarne per mesi. La scuola, la famiglia, la società, la politica. Tutto vero. Ma è anche vero che non possono essere una giustificazione a tutto. Su YouTube il filmato della canzone «Yolandi», scritta e interpretata da questo «genio» mette in scena un femminicidio ed è stata vista da oltre mezzo milione di persone, con quasi 20 mila like. Si potrebbe pensare a un’opera di «denuncia», per far capire l’orrore della violenza ma quando poi leggi i commenti e ti rendi conto che sono troppi quelli che non hanno capito affatto. Un tizio commenta così: «Quando dai tutto a una persona e quella ti ricambia a pesci in faccia la rabbia ti viene, poi ognuno ha i suoi istinti, c’è chi rimane tranquillo e chi non lo sopporta e può arrivare a questo». Il tema non è «cattivi maestri» oppure tentazioni di censura di vocazioni artistiche «diverse», ma di buonsenso, difesa dei diritti inviolabili delle persone, difesa della civiltà, difesa dall’odio. Sarebbe opportuno un intervento della ministra Giulia Bongiorno da sempre al fianco delle donne. E sarebbe interessante chiedere a YouTube, visto che chiariscono nelle loro norme che non è consentito pubblicare «contenuti che incitano all’odio» e «contenuti violenti ed espliciti», cosa secondo loro sono i testi di questo Skioffi. «Questo video potrebbe essere inappropriato per alcuni utenti», scrivono gli amministratori di YouTube nella pagina iniziale del filmato. Per alcuni utenti? I contenuti che incitano al femminicidio dandone una interpretazione che lo giustifica (tu mi tradisci io ti uccido) non sono appropriati per nessuno. E come tali andrebbero cancellati, proibiti. E non chiamatela censura.