La Stampa, 18 novembre 2018
La fusione tra la rete di Telecom e Oper Fiber
C’è un emendamento depositato due giorni fa dal governo per riportare in mano allo Stato la rete dei cavi per internet e oggi dovrebbe essere nominato come nuovo amministratore delegato di Tim Luigi Gubitosi. Un binomio del tutto casuale, dato che i due fatti non sono collegati tra loro, ma che potrebbe aprire una nuova fase per Telecom e dotare il Paese di una rete internet unitaria. Si tratta di un progetto complicato, che è allo studio da vent’anni e che non è mai stato portato a termine.
La sfida ora è in mano a Lega e Cinque Stelle, che dovranno confrontarsi con un manager che ha esperienza nel settore – è stato amministratore delegato di Wind, oltre che direttore generale della Rai e attuale commissario di Alitalia – e che ha capacità di mediazione con la politica. Requisiti essenziali, anche perché la partita è molto complicata e ha diversi attori in campo con interessi differenti: i litigiosi azionisti di Tim, e cioè i francesi di Vivendi e gli americani di Elliott; Open Fiber, l’azienda creata dall’ex premier Renzi per costituire una rete web ultra veloce che dovrebbe integrarsi con la rete di Tim; e appunto Lega e Cinque Stelle. Ciò che servirebbe al governo per raggiungere l’obiettivo è una nuova Telecom non ostile all’unificazione, come era invece la precedente, e un’alleanza con il fondo Usa Elliott, nei cui progetti c’è sempre stato lo scorporo della rete e la sua fusione con Open Fiber.
Il piano di Palazzo Chigi
Il governo – sul dossier è al lavoro il sottosegretario del Movimento 5 Stelle Stefano Buffagni – ha presentato nei giorni scorsi l’emendamento al decreto fiscale in discussione al Senato (che si occupa comunque di tutt’altro) per semplificare l’integrazione delle reti, che andrebbero sotto all’influenza dello Stato. Un ruolo fondamentale dovrebbe giocarlo Cassa depositi e prestiti, che ha un piede sia in Telecom (quasi il 5% dell’azionariato), che in Open Fiber (il 50%, il resto è in mano ad Enel).
L’emendamento dei Cinque Stelle in pratica assegna all’Agcom, l’autorità garante delle comunicazioni, la possibilità di imporre ad aziende come Tim di separarsi dalla rete o di facilitare e rendere economicamente conveniente lo scorporo in modo volontario. Il fine chiaro è quello di prevedere lo scorporo della rete di Tim e l’integrazione con Open Fiber, creando così una nuova società indipendente sul modello di Terna, che gestisce la rete unica nell’elettricità. Il tutto con Cdp come perno dell’operazione.
Il nuovo manager
L’ex amministratore delegato di Tim Amos Genish era favorevole allo scorporo, ma mai avrebbe ceduto il controllo della nuova società che avrebbe gestito la rete. Una distanza sostanziale con i progetti del nuovo governo, con cui ha avuto comunque una sola rapida occasione di confronto, e in parte motivo della sua cacciata. Ora è probabile l’arrivo al vertice di Luigi Gubitosi e potrebbero aprirsi nuovi scenari, anche se a Palazzo Chigi attendono di capire quali siano le sue posizioni e la sua visione per il futuro di Tim.
Di certo al ministero dello Sviluppo, competente sulle telecomunicazioni, non hanno fatto il tifo per nessun candidato al ruolo di amministratore delegato. «Non ci intromettiamo nelle vicende di una società privata», spiegano dal ministero, mentre Di Maio ha detto pubblicamente di non avere «nessuna preferenza». Gubitosi, nel caso in cui oggi il consiglio di amministrazione dovesse dare il via libera alla sua nomina, lascerebbe la guida della terna di commissari straordinari di Alitalia dopo un anno e mezzo, in un momento comunque difficile e incerto per il futuro dell’ex compagnia di bandiera. «Ci dovrà essere un commissario assieme a quelli che ci sono per arrivare allo stesso obiettivo che ci siamo dati come governo fino ad ora, cioè rilanciare Alitalia», assicura Di Maio. I sindacati però sono preoccupati e hanno chiesto un incontro con il ministro.