la Repubblica, 7 novembre 2018
Radiografia di un albero
Big data, Intelligenza artificiale, droni, laser, raggi X e sensori per salvaguardare e monitorare boschi, foreste ed alberi su tutto il territorio italiano. Da “Industry 4.0” a “Nature 4.0”, le nuove tecnologie arrivano finalmente in soccorso del patrimonio boschivo e proprio in una fase cruciale per il paese, dove la superficie forestale è raddoppiata nell’ultimo secolo raggiungendo quasi il 40 per cento della superficie totale. E dove, com’è drammaticamente emerso con l’ultima ondata di maltempo che ha colpito numerose aree dal nord al sud, gli alberi crollano, anche quelli sani. Solo a Napoli ne sono caduti 70 del patrimonio pubblico a causa delle intemperie e del vento forte che si è abbattuto su alberi già compromessi o indeboliti per motivi diversi: ecco perché intensificare il monitoraggio è diventata una priorità. I mezzi a disposizione non mancano. E sono sempre più sofisticati. «Al monitoraggio delle foreste si applicano oggi gli approcci tecnologici più avanzati – spiega il professor Gherardo Chirici del Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali dell’Università di Firenze – l’orientamento è quello dei Big data. Abbiamo nei nostri boschi in Italia oltre 12 miliardi di alberi, ciascuno di essi con infinite relazioni con tutte le altre componenti dell’ecosistema. Per simulare un funzionamento di sistemi così complesso ci affidiamo alle reti neurali, software che, simulando le connessioni tra neuroni che stanno alla base del funzionamento dei cervelli nei primati, consentono di sviluppare modelli predittivi riguardanti la risposta degli ecosistemi forestali all’ambiente e alle modificazioni che l’uomo o i cambiamenti climatici apportano». Di questi temi si sta discutendo al IV Congresso Nazionale di Selvicoltura in corso a Torino, organizzato dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali. Un forum che si concentra non a caso sulle innovazioni tecnologiche per la selvicoltura e la tutela del verde pubblico. «Il comparto forestale e selvicolturale, al pari di quello agricolo – dice Enrico Borgogno Mondino, ricercatore del Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali dell’Università di Torino – ha subito, negli ultimi anni, la graduale contaminazione tecnologica propria dei nostri tempi che ne sta trasformando, anzi integrando, la prassi operativa. Sono in particolare le tecniche del rilievo e della rappresentazione, che oggi vanno sotto il nome di geomatica, ad aver offerto i maggiori benefici». Dai boschi delle zone montane ai grandi parchi, compresi quelli urbani, il telerilevamento è oggi la tecnologia più efficace per monitorare vaste porzioni di verde, ottenendo raffigurazioni dettagliate e precise al millimetro di ogni albero. «Il telerilevamento ottico multispettrale e radar analizza gli aggiornamenti delle immagini satellitari Landsat, Sentinel e Sentinel 2 – aggiunge Chirici – e permette di mappare la distribuzione delle tipologie forestali, le zone percorse da incendio e i successivi rinnovamenti, stimare la biomassa legnosa, quantificare il carico d’incendio potenziale e gli stock di carbonio, supportare i controlli al taglio e verificare le trasformazioni d’uso del suolo». Immagini che, proprio in questi giorni di maltempo, possono essere molto utili per valutare quasi in tempo reale i danni alle nostre zone boschive derivanti da tempeste di vento o alluvioni. Il telerilevamento però non è solo da satellite e si avvale anche della tecnologia Lidar (Light Detection and Ranging), sia aereo da elicottero, aereo o drone (ALS) che terrestre ( TLS). Attraverso impulsi laser ad infrarosso permette l’acquisizione simultanea di milioni di punti noti relativi alle superfici illuminate (in questo caso boschi), la caratterizzazione geometrico/ strutturale degli alberi e la raffigurazione in 3D di ogni albero completo di ogni sua parte. Misurazioni che aiutano a comprenderne la specie, lo stato di salute, la quantità e qualità del suo legno. «La tecnologia di rilevamento “remota” garantita dai diversi sensori a bordo di satelliti, aerei e droni – precisa Borgogno Mondino – non può però prescindere dalle osservazioni di campo, le quali, sono e saranno sempre necessarie per poter calibrare le deduzioni dall’alto». Ecco dunque le nuove tecnologie di “prossimità” sviluppate in Italia, che oggi vengono sempre più sovente applicate nel monitoraggio degli alberi delle nostre città. Ve ne sono due di particolare interesse. La prima è il Tree Talker, sviluppata da Riccardo Valentini, esperto di sistemi agroforestali e docente dell’Università della Tuscia: parliamo di un sensore di 12 centimetri per il singolo albero, basato sull’IoT (Internet of Things), capace di fornire in tempo reale la radiografia di una pianta di alto fusto, misurando parametri quali flussi d’acqua, crescita in diametro, umidità del tronco, quantità e qualità del fogliame, stabilità, quantità di carbonio stoccata, livello di salute e mortalità. Un check-up completo che è stato estremamente utile ad esempio per contrastare l’epidemia di xylella tra i monumentali ulivi della Puglia. Dai controlli diretti, secondo la procedura del Visual Tree Assessment adottata dalle città, possono quindi arrivare le informazioni più tempestive ed affidabili anche per prevenire le cadute sempre più frequenti provocate da fattori diversi, dalla piantumazione eseguita in modo errato al maltempo, ma anche dal cambiamento climatico che incide sulla vita degli alberi con l’aumento medio della temperatura e i lunghi periodi di siccità. Il “resistografo”, in questo senso, è lo strumento che registra l’evoluzione dell’albero. Un apparecchio che, come il trapano, perfora con una lunga punta la base del tronco, registrandone le densità man mano che avanza e dalla cui comparazione è possibile rilevare la presenza di marciumi all’interno.