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 2018  novembre 07 Mercoledì calendario

Franco Zeffirelli non molla e presenta il suo Rigoletto

Intimo, con vertiginosi contrasti di luce e colore come l’anima del protagonista. Inedito, per l’alternanza tra grandiose ricostruzioni scenografiche con palazzi rinascimentali, stucchi dorati, putti in volo, e zoomate dentro i personaggi. Cinematografico, per le larghe prospettive dei quadri iniziali che si stringono come l’obiettivo di una cinepresa fino a chiudersi sui drammi personali. Franco Zeffirelli, attorniato dalla sua squadra di sempre, accoglie nella casa museo sull’Appia Antica sovrintendenti, sindaci, rappresentanti del governo dell’Oman, fotografi, stampa internazionale. «Sono vecchio, ma non ho intenzione di mollare. Ed è una gioia che siate tutti qui», dice con un filo di voce, in un salotto affollato di ricordi, fotografie, cimeli di una carriera lunga più di mezzo secolo, specchi e vasi di rose rosse. «Nella vita niente mi è stato regalato, ho dovuto lavorare molto, ma sono contento di tutto ciò che ho fatto», aggiunge. 
E diventa un evento, ancor prima di andare in scena, la presentazione del suo Rigoletto, l’opera di Verdi che a settembre 2020 celebrerà il cinquantesimo anniversario del Sultanato omanita e il decennale delle stagioni della Royal Opera House di Muscat, inaugurata nel 2011 da un memorabile allestimento di Turandot, con Placido Domingo, firmato proprio dal Maestro. 
Anche se il progetto risale a dieci anni fa, Rigoletto è una nuova produzione, commissionata dal lirico di Muscat, in collaborazione con l’Arena di Verona, che porterà in Oman coro e orchestra, e con il Teatro dell’Opera di Roma, che si occuperà di realizzare i costumi nei laboratori di via dei Cerchi, in coproduzione anche dai teatri nazionali della Lituania e di Zagabria.
«Il nostro», spiega S.E. Rawya Saud Al Busaidi, ministro dell’Alta Educazione e presidente del cda della fondazione lirica, «è un teatro che combina la tradizione con un segno architettonico contemporaneo. Dal forte valore iconico, simbolo dell’identità culturale. L’attività multidisciplinare evidenzia una straordinaria volontà di aprirsi al mondo e un fermento di unione e di pace tra i popoli, trasmesso con il linguaggio universale della musica. Produrre il Rigoletto di Zeffirelli, nell’anno più importante della storia dell’Oman, sono sicura innescherà ulteriori ampie ricadute in termini di turismo culturale, rafforzerà l’immagine di oasi di eccellenza in Medio Oriente». 
Il maestro, 96 anni, uno stato di salute che gli indebolisce il corpo ma non l’anima, riprende in mano un suo progetto e un suo grande amore: Rigoletto che mise in scena per la prima volta nel 1950 a Genova. A illustrare la presentazione, i suoi bozzetti di alcuni passaggi del capolavoro lirico, disegnati nel 2011 quando si pensava che potesse essere Rigoletto il titolo inaugurale per Muscat. A riprenderli e svilupparli l’assistente alla regia Stefano Trespidi, l’assistente scenografo Carlo Centolavigna e i costumista Maurizio Millenotti. 
Nella prima scena del secondo atto, c’è un palazzo sontuoso dominato da una statua equestre, nel terzo, il relitto di una nave sulle le rive del Mincio. Un blu cupo, intimo colora la settima scena del primo atto, mentre nella prima scena del primo atto sul fondo dorato s’intravedono putti in volo. «Nudità che probabilmente andranno rivestite», racconta il direttore dell’Opera di Muscat, Umberto Fanni, «piccole concessioni alla sensibilità del Paese, come è successo con le minigonne delle figuranti di Pagliacci, sempre di Zeffirelli, che abbiamo dovuto allungare. In questo teatro abbiamo già messo in scena 45 titoli, abbiamo relazioni artistiche internazionali e a marzo debutterà Lakmé di Delibes, in una coproduzione tra cinque continenti, con la regia di Davide Livermore. E tutto viene presentato secondo libretto e indicazioni registiche».
Compresi i passaggi iniziali della festa del Duca, la figura di Maddalena e i momenti più sensuali. «Lavoreremo sul limite», racconta Trespidi, «anche perché la lettura del maestro è intima e incentrata sui drammi individuali e interiori dei personaggi. E poi, la corruzione di una società non è soltanto sessuale. Ci sono tante altre sfumature». 
«Riprendere Rigoletto è sempre stato il suo sogno», racconta il figlio adottivo Pippo Corsi Zeffirelli, vicepresidente della Fondazione Zeffirelli, «è un’opera che lo intriga e a cui ha sempre ripensato. Molto del suo tempo libero lo dedica all’ascolto o alla visione dei suoi lavori, spettacoli e film. E molte volte mi confessa che alcune scene andrebbero rigirate in modo diverso. Perché oggi, le vede in altro modo. Nel Gesù di Nazareth, per esempio. Ha tanti progetti per la testa. La Traviata, tra tutti. Ci sta lavorando. Ma quando ha voglia di isolarsi e di ricordare, ascolta la Callas. Con lei si commuove».