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 2018  novembre 07 Mercoledì calendario

Memorie di Ségolène Royal: «Io non ho mai pianto, gli uomini sì»

In un ristorante italiano del XV arrondissement di Parigi, tra un’insalata di gamberi e le note in sottofondo di Rimmel di Francesco De Gregori e «Luna» di Gianni Togni, Ségolène Royal fa con il Corriere il bilancio della carriera politica e della sua vita. «Sto benissimo», dice, e si vede. Il racconto autobiografico Quello che finalmente posso dirvi , uscito una settimana fa per Grasset, è già primo in classifica, segno di una popolarità che la portò, nel 2007, a un passo dall’Eliseo, e che resiste al tempo.
Il libro, che Royal presenterà anche alla Librairie Française di Roma il 14 dicembre, le è stato suggerito dal movimento MeToo e dalle tante volgarità sperimentate in trent’anni di lotte politiche, ambientaliste e femministe. Royal racconta tra l’altro, senza fare i nomi, di ex ministri francesi che in due occasioni hanno fatto commenti pesanti – «Quella lì dev’essere brava a fare altro, mica la politica» – su una ministra italiana del governo Renzi (al Corriere risultano essere Michel Sapin e Jean-Marie Le Guen al summit franco-italiano di Venezia dell’8 marzo 2016, e Bernard Cazeneuve all’Eliseo il 24 febbraio 2015). Poi c’è l’elenco degli insulti sessisti ricevuti in prima persona – come «un pallone gonfiato che scoppierà presto», copyright Jean-Luc Mélenchon – soprattutto dai compagni del partito socialista.
A iniziare fu l’ex premier e attuale presidente del Consiglio costituzionale, Laurent Fabius.
«Sì, che in tv a proposito di una mia possibile candidatura esclamò: “E chi si occuperà dei bambini?”».
Nel libro lei racconta di altri due episodi che hanno a che fare con l’Italia. Il primo è quello sull’olio di palma e la Nutella.
«Sì, nel 2016 invitai a tassare di più l’olio di palma e i prodotti come la Nutella che contribuivano alla deforestazione. Successe un pandemonio, la moglie dell’allora vostro premier Renzi apparve in tv con la figlia che mangiava pane e Nutella, l’Indonesia, il più grande produttore di olio di palma al mondo, minacciò di mettere a morte un condannato francese se non avessimo fatto marcia indietro. Io ho tenuto duro. Ma il mio successore al ministero dell’Ambiente, Nicolas Hulot, ha firmato poi un ordine per l’importazione di 300 mila tonnellate di olio di palma».
Il secondo episodio è quello sull’«ecotassa» e i portali installati dalla società Ecomouv, controllata dall’italiana Autostrade, per riscuotere automaticamente i pedaggi dei mezzi pesanti.
«Quell’affare non mi convinceva e decisi di denunciare l’accordo preso dal precedente governo Fillon. Mi dissero che ci sarebbero stati 800 milioni di penale da pagare».
E non era vero?
«A mio avviso avremmo potuto agire giuridicamente in modo diverso. Ma intervenne il premier Valls, “sono d’accordo con Renzi, la questione non è più di tua competenza”, e finimmo per pagare. Valls ci teneva a presentarsi come “il Renzi francese”».
Nonostante questi contrasti lei è sempre rimasta al suo posto di governo.
«Certo, ho continuato a dire la mia e a dare fastidio».
Per questo non ha apprezzato le dimissioni del suo successore Nicolas Hulot.
«Mi sono sembrate il segno di una resa. Hulot non ha saputo fare valere i rapporti di forza. Io ero più tenace. Per non parlare delle modalità delle sue dimissioni».
Allude alle lacrime di Hulot al momento di lasciare?
«Non c’è niente di male, per carità, ma proviamo a immaginare se a piangere fossi stata io, o un’altra donna».
Alla fine pensa di avere vinto la sua battaglia?
«Mi pare di sì, per questo il tono del libro non è amaro. Parlo delle volgarità e del sessismo di tanti uomini, ma ricordo anche l’eleganza dei molti che si comportano bene e mi sono amici fedeli, come Bernard-Henri Lévy o Jean-Louis Bianco. Le mie idee alla fine si sono affermate. Io credo che esista un femminismo positivo, e che grazie agli uomini come loro le cose cambieranno».