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 2018  novembre 07 Mercoledì calendario

Salvini è il politico italiano meglio visto negli ultimi 20 anni dai media stranieri

Chi non ha dimestichezza con la lettura comparata dei principali quotidiani del mondo economicamente sviluppato, non si rende conto dell’immagine internazionale che è riuscito a ritagliarsi Matteo Salvini, il vicepresidente del consiglio italiano e leader della Lega. E chi, magari per professione, i quotidiani internazionali li legge, non ci ha fatto caso. O, (anche non si sa perché) ha fatto finta di non capire questo fenomeno del tutto inconsueto e quindi giornalisticamente rilevante come il bambino che morde il cane.L’immagine dei politici italiani viene dal fondo in cui si è venuto a trovare Silvio Berlusconi che, ancor prima delle olgettine, veniva strapazzato duramente (e spesso immotivatamente, bisogna pur dirlo) dai principali organi di stampa stranieri. Basti ricordare The Economist (il settimanale della finanza globalizzata), nel 2001 l’organo della City (ma è molto di più) strillava a piene lettere, addirittura nella sua copertina monografica: «Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy», cioè «Perché Silvio Berlusconi è incapace di guidare l’Italia».
Sulla copertina di un settimanale dell’establishment internazionale (Riccardo Ruggeri direbbe: del Ceo capitalism), non era mai stato trattato nessuno così, nemmeno il generale Jean-Bedel Bokassa, presidente irascibile della Repubblica Centrafricana che, come si sa, non solo era abituato a far fuori i suoi avversari ma anche, dicevano, a mangiarseli (sia pure in parte: per quanto obeso, non aveva lo stomaco di un bisonte).
Da parte inglese l’attacco al presidente Berlusconi era reiterato, frontale, continuo, a tappeto e, quasi sempre, anche pretestuoso. Basti pensare che nel 2008 quando la querela di Berlusconi nei confronti di The Economist passò a giudizio per poi essere rigettata, il settimanale Uk rincarò la dose e scrisse che, non solo Berlusconi «è incapace di guidare l’Italia» ma è anche «unfit to lead the government of any other country», cioè è incapace di governare qualsiasi altro paese. Non ricordiamo poi, se non di passaggio, cosa successe quando il Cavaliere finì nell’affaire delle Olgettine. Qui venne giù il mondo: il settimanale francese Paris Match fece un numero speciale di 48 pagine sull’argomento. Roba da fine del mondo.
Le cose migliorarono un poco con i presidenti successivi. Con Mario Monti perché tutti facevano finta di non essersi accorti che era diventato capo del governo italiano. Con Enrico Letta perché non avevano fatto in tempo a memorizzare il suo nome che era già stato sbarcato da Palazzo Chigi. Con Matteo Renzi ci fu un po’ più di attenzione, ma mai eccessiva. Veniva dal niente (Firenze, da Londra o da Washington, e solo per i più informati, è la città della cupola di Brunelleschi, nient’altro) e non si capiva dove voleva, e soprattutto, poteva andare.
Con Gentiloni il premier italiano precipitò nella nebbia più assoluta. Ghost premier, il premier fantasma, fu definito dagli analisti più informati. Gentiloni infatti era un premier che non bucava lo schermo, anche perché non voleva bucarlo. Uno più adatto al Vaticano di un tempo, un ambiente tutto pieno di allusioni, di silenzi, di ombre lunghe e di sottane fruscianti, che non a una moderna e inevitabilmente chiassosa cancelleria.
Con l’avvento del governo giallo-verde, le carte si sono completamente rimescolate anche se in una maniera che non ha la pari in nessuna parte del mondo (come al solito, tanto per non farci capire; salvo poi dire che all’estero non ci capiscono). L’uomo più rilevante, quello di bandiera, non a caso chiunque svolge le sue funzioni si chiama premier in tutti paesi del mondo, cioè il presidente del consiglio Giuseppe Conte, non fa notizia a livello internazionale. Al posto suo, nelle cronache che contano, si parla soprattutto dei suoi vice, Matteo Salvini da una parte e Luigi Di Maio dall’altra. Ma, anche qui, c’è un’eccezione in termini di visibilità non facilmente spiegabile all’estero. È infatti più visibile (fa cioè più notizia) un vicepresidente del governo (Salvini) anche se alle ultime elezioni ha preso la metà dei voti che ha raccolto il partito dell’altro vicepresidente, Di Maio.
Di fatto, a livello internazionale, Salvini è diventato l’uomo politico più importante dell’Italia. Nessuno infatti lo insolentisce (come ai tempi di Silvio Berlusconi) o lo minimizza (come con i premier che sono succeduti al Cavaliere). Gli organi di stampa più seri e influenti infatti lo analizzano, lo monitorizzano, lo seguono, si interrogano. Un italiano (indipendentemente dalla sua capacità e bravura) non viene mai trattato bene dalla stampa inglese e men che meno dal Financial Times che è un giornale straordinariamente informato ma che guarda l’Italia con lo stesso atteggiamento che avevano i bobby con lo scudiscio nelle vie ipertrafficate dell’India ai tempi dell’impero.
Con Salvini (e non riesco a spiegarmelo, lo dico subito) i columnist dell’FT si comportano invece in modo asettico, si muovono come da protocollo. Assomigliano a dei medici che operano attorno alla Tac: analizzano il soggetto osservato perché vogliono capire ma, in ogni caso, sono molto interessati al personaggio stesso e alle sue idee.
Lo stesso si verifica sulla stampa francese. Anche quest’ultima è abituata a non fare sconti alla politica italiana. Il governo giallo-verde, del resto, le sta fornendo molti argomenti di indignazione o di ilarità. Basti pensare a un governo (quello italiano) che, dopo essersi accordato con la Francia per fare un costosissimo tunnel (quello del Frejus), sta meditando di non andare più avanti. Anche in occasione del crollo del ponte Morandi i media francesi hanno espresso concordemente più sollecitudine e cordoglio che indignazione. Qualche anno fa sarebbero sbottati degli «ah, les italiens!» che non riescono nemmeno a tenere su i ponti. E questo avviene in un paese che ha un presidente, Macron, che, nei confronti dell’Italia, ha un atteggiamento strafottente che non coincide quindi con quello della sua opinione pubblica.
Insomma, il governo (l’Italia) che è più esplicitamente contro la tecnostruttura europea (che poi è, in pratica, la sola Unione europea di cui disponiamo) e l’uomo (Salvini) che, di questo governo, è più smaccatamente e visibilmente contro i diktat di Bruxelles, da provocatore qual è ritenuto in Italia, è diventato, a livello internazionale, un fenomeno da rispettare, in attesa di capirlo. Su queste posizioni è anche l’altro grande quotidiano politico finanziario mondiale, il Wall Street Journal che però, da sempre, rispetto al FT, mostra un grande rispetto nei confronti dell’Italia.
Di fatto, indipendentemente dalla sua volontà e sicuramente dal suo impegno, Salvini è diventato il politico più noto fra quelli che vogliono modificare la Ue e che soprattutto si oppongono all’immigrazione indiscriminata nel Vecchio continente, un tema che fa soffrire molti leader politici europei. Inoltre, dopo l’avvento di Salvini nelle cronache politiche internazionali, il premier ungherese Orbàn è in pratica scomparso dall’agenda politica. E anche Marine Le Pen ha abbandonato il proscenio.