il Fatto Quotidiano, 6 novembre 2018
Khashoggi, “addetti alle pulizie” in consolato
La tragica “medianovela” sulla sparizione della salma di Jamal Khashoggi, sembra destinata a durare ancora a lungo, sempre che si arrivi a una conclusione. Dopo aver ammesso che il giornalista dissidente è stato ucciso il 2 ottobre scorso – dopo l’ingresso nel consolato saudita di Istanbul – in seguito a una rissa scoppiata con alcuni degli 007 arrivati da Ryad nella megalopoli sul Bosforo per costringerlo a tornare in Arabia Saudita, le autorità del più ricco Stato del Golfo continuano a sostenere di non sapere dove si trovi il corpo. A loro dire il cadavere, avvolto in un tappeto, è stato affidato a un collaboratore locale, come una merce di cui ci si vuole sbarazzare il prima possibile e dimenticare l’accaduto. Questa ridicola e inaccettabile spiegazione sarebbe smentita non solo dal buon senso ma anche da nuove prove raccolte dagli investigatori e dall’intelligence di Ankara. Secondo il quotidiano filo-governativo Sabah, una squadra saudita di 11 persone sarebbe arrivata a Istanbul l’11 ottobre per tentare di cancellare le tracce dello smembramento del corpo. Se è ufficiale che nella prima “squadra della morte” ci fosse il più noto medico forense, nella seconda ci sarebbe stato il chimico Abdulaziz Aljanobi e l’esperto di tossicologia Khaled Yahya Al Zahrani. Il quotidiano ha anche mostrato le foto del loro arrivo all’aeroporto di Istanbul.
I due esperti, che il giornale descrive come “addetti alle pulizie”, avrebbero visitato il consolato per inquinare le prove ogni giorno, per tutta la settimana, prima di lasciare la Turchia il 17 ottobre. E portando anche il console che avrebbe assistito all’omicidio. A rendere molto convincente questa spiegazione c’è anche la coincidenza temporale: l’Arabia Saudita aveva respinto le richieste della Turchia di perquisire il consolato diplomatico proprio fino al 17 ottobre.
Il presidente Erdogan, pochi giorni dopo l’ispezione, aveva denunciato che alcune aree del consolato saudita erano state dipinte di fresco e vi era del materiale tossicologico. Il 25 Ottobre l’Arabia Saudita ha ammesso che il giornalista è stato ucciso nell’edificio, ma affermando che la casa reale non ne sapeva nulla.
Un funzionario turco, il 31 ottobre scorso, aveva dichiarato al Washington Post che il corpo di Khashoggi era stato dissolto nell’acido nella vicina residenza del console generale saudita.
Intanto i due figli del 59 enne Khashoggi, hanno lanciato un accorato appello per la restituzione del corpo del padre, nella loro prima intervista rilasciata alla Cnn. Salah e Abdullah, 31 e 35 anni, si sono ritrovati pochi giorni fa negli Stati Unti, dove risiedeva da tempo il padre per sfuggire alla repressione del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Il volto di Salah è diventato noto in tutto il mondo la scorsa settimana, quando fu costretto ad andare a palazzo reale sotto i flash dei fotografi per ricevere le condoglianze dal giovane e spietato principe che guida de facto l’Arabia Saudita. Il presunto mandante dell’orribile omicidio di quello che i figli hanno descritto come “un uomo e padre coraggioso e generoso”.