Il Sole 24 Ore, 6 novembre 2018
Il maltempo costerà 3 miliardi di danni
Mentre continua l’allerta meteo che oggi riguarda ancora diverse Regioni si cominciano a contare i danni provocati dalla violenta ondata di maltempo che ha flagellato mezza Italia e che potrebbero superare i 3 miliardi. Sono almeno una decina le Regioni (Calabria, Sardegna, Sicilia, Veneto, Friuli, Liguria, Toscana, Lazio, Lombardia oltre alle province di Trento e Bolzano) che ieri sera hanno avvertito la Protezione civile che si occupa dell’istruttoria tecnica per Palazzo Chigi dell’imminente richiesta dello stato di emergenza. E il Governo si prepara alla prima risposta con un consiglio dei ministri che tra giovedì e venerdì dovrebbe decretare lo stato di emergenza nazionale mettendo subito sul piatto tra i 200 e i 300 milioni per i primi interventi – dagli aiuti alla popolazione fino alla viabilità – con una possibile moratoria fiscale per chi è stato colpito, con l’Imu che potrebbe essere trattenuto dai Comuni danneggiati come ha ipotizzato ieri il sottosegretario Giancarlo Giorgetti.
Il primo a parlare di fondi è stato nei giorni scorsi il vice premier Matteo Salvini («stiamo già trovando i primi 200 milioni di euro») e ieri il premier Giuseppe Conte da Algeri ha rilanciato: «Sulla somma stiamo cercando di ampliare il plafond». «Nel Cdm – ha aggiunto il premier che oggi sarà a Palermo per i funerali delle 9 vittime – si stanzieranno le prime somme che non saranno sufficienti, ma utili per i primi interventi urgenti». Il Governo punta infatti anche su altre misure per aiutare i territori martoriati. Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha infatti ricordato che sono già disponibili 900 milioni nel triennio per il dissesto idrogeolgico provenienti da Italia sicura,la struttura voluta a Palazzo Chigi all’epoca dei governi Renzi-Gentiloni e chiusa dal nuovo Esecutivo (si veda articolo a pagina 3). Una dote che è stata già in parte sbloccata ieri per il Friuli con un accordo da 60 milioni per tre anni in base ai progetti presentati a cui oggi seguirà il Veneto (con 159 milioni). Perché quello dei progetti e della capacità di passare dalle parole ai fatti – più che la mancanza immediata di risorse – è il vero nodo: su quasi 9.400 opere indicate dalle Regioni come indispensabili per ridurre i rischi idrogeologici – fotografate dall struttura Italia sicura – solo per l’11% esiste un progetto esecutivo.
Il Governo ha poi deciso di non chiudere la porta anche alla possibilità di un prestito Bei da 800 milioni a tasso zero per un grande piano contro il dissesto idrogeologico a cui stava lavorando il precedente Esecutivo (c’era già il via libera del Mef). Nei giorni scorsi il ministro dell’Ambiente Costa era finito nel mirino perché aveva fatto sapere di non essere interessato a questo prestito («non sarebbe da buon padre di famiglia»), ma ieri sono circolate da Bruxelles voci sulla possibilità che si attivi comunque anche questo canale europeo che tra l’altro scatta per step in base ai progetti presentati.
E sempre dall’Europa – come confermato ieri dal presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani – potrebbe arrivare un’altra importante boccata d’ossigeno. L’Italia potrà accedere al Fondo europeo di solidarietà presentando i danni subiti entro 12 settimane, a patto che questi superino i 3 miliardi. «Credo – ha detto Tajani – che noi ci siamo su questa cifra, in più le regioni possono utilizzare i fondi europei a loro destinati, chiedendo autorizzazione alla Commissione per investirli direttamente nella ricostruzione per risolvere i problemi causati dagli eventi climatici». In passato questo strumento gestito dalla Commissione Ue – ieri la commissaria per gli aiuti umanitari Christos Stylianides ha incontrato il dg della Protezione civile, Agostino Miozzo – è stato molto utile. Come nel caso dell’ultimo terremoto del centro Italia quando arrivarono 1,2 miliardi di euro su 20 miliardi di danni certificati dall’Italia.