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 2018  novembre 06 Martedì calendario

l rigore di Baggio, la crisi Kodak. Ma l’errore fa progredire l’umanità

«L’esperimento è perfettamente riuscito. Peccato che io stia morendo». L’aforisma che la tradizione affida al filosofo inglese Francesco Bacone, morto per avere contratto la polmonite nel tentativo di surgelare un pollo, è probabilmente un apocrifo. Ma nella sua ambivalenza è un punto di partenza privilegiato per comprendere dove ci vuole portare il sociologo della scienza, Massimiano Bucchi, con il libro Sbagliare da professionisti. Storie di errori e fallimenti memorabili (Rizzoli): l’errore e il suo doppio.
Se in effetti esiste un’ampia e fortunata manualistica sulle virtù dell’errore, soprattutto in campo scientifico – è nota la «dimenticanza» che portò Fleming a scoprire la penicillina – Bucchi preferisce costruire più un’indagine sociologica sulla necessità dell’errore nella vita umana, non tanto come semplice fase dell’apprendimento ma come rapporto di causa-effetto dello stesso successo. L’errore, insomma, come motore di innovazione, in sintonia con la tassonomia di Bacone.
La forza di Bucchi risiede nel non limitare la propria analisi all’aneddotica scientifica, coinvolgendo nella ricerca di una matrice comune del fallimento anche fatti di cronaca moderna, dal flop dei Google Glass e dalla schermata di errore 404 che chiunque ha incontrato sul web almeno una volta nella vita (la vulgata vuole che fosse una stanza del Cern dove il world wide web è nato), fino al ricordo doloroso per almeno un paio di generazioni di italiani: il rigore sbagliato da Baggio nella finale con il Brasile della Coppa del Mondo nel ’94.
È questo un aspetto che rende il libro godibile a tutti senza sottoscrivere debiti in termini di rigore nella selezione. Alla fine l’autore sembra aprire un varco di benevolenza nei confronti del nostro essere imperfetti. Quasi ci fosse un destino più alto nell’errare, come nella sua etimologia latina di andare vagando in cerca di qualcosa.
È così che si scopre come, dal punto di vista scientifico e non musicale, la domanda corretta non è se preferiamo i Beatles ai Rolling Stones, ma se avremmo mai potuto ascoltare i Rolling Stones senza un clamoroso errore di valutazione sui Beatles. «Mi sarei preso a calci da solo per l’errore commesso» disse nel ’63 il manager della Decca, Dick Rowe, a George Harrison.
Un anno prima aveva bocciato al provino di esordio i Beatles perdendo il contratto della vita. Eppure fu grazie a questo che Harrison gli consigliò di scritturare una giovane band. Rowe lo fece. Erano i Rolling Stones. Ma Sbagliare da professionisti non è una banale apologia dell’errore: dalla storia con cui Bucchi decide di aprire il libro, il fallimento della Kodak, sembra anzi emergere l’amara consapevolezza che per quanto necessario a livello collettivo l’errore non insegni nulla al singolo. Siamo tutti destinati, incatenati come siamo in quella spelonca che per Bacone rappresentava i nostri pregiudizi personali, a ripeterli senza la creatività che perlomeno Qui, Quo, Qua riconoscevano allo sfortunato Paperino: «Nostro zio non fa mai lo stesso errore, ne inventa sempre di nuovi».
La Kodak comprese e sviluppò prima degli altri la fotografia digitale, ma questo non ne cambiò il destino. Eppure, a livello collettivo, il progresso sembra rispettare la legge di Popper secondo cui «se la chiave funziona per tutte le porte allora le porte sono semplicemente rotte». Se errare è umano l’umanità stessa progredisce sbagliando, come sembrava credere Nietzsche. D’altra parte sempre di più anche la scienza, da Mendel in poi, sembra consigliarci che la stessa vita umana sulla Terra sia comparsa grazie a un miracoloso difetto nel sistema biologico. Nel chiudere il libro, forse per metterci alla prova, Bucchi non resiste alla tentazione di infilare un «errore». Scrive dopo i ringraziamenti: «Gli errori sono tutti e solo miei». Sbagliato, naturalmente: gli errori sono una concatenazione piramidale di fatti e coincidenze di cui noi tendiamo sempre a vedere solo la punta, l’ultimo miglio. La lezione è qui, nella sociologia del fallimento.