Il giorno dopo il suo storico capolavoro sportivo, Ross Edgley, 33 anni di Grantham, ex giocatore di pallanuoto e ora sportivo estremo, arriva a Londra, a Covent Garden.
È ingrassato di una decina di chili, durante la sua sfida ha divorato tra le diecimila e le quindicimila calorie al giorno tra 610 banane, pasta, pizza, pudding e 314 lattine di Red Bull, che ha sponsorizzato l’evento.
Edgley è stato punto da trentasette meduse, ha rischiato la vita, ma alla fine ce l’ha fatta. È felice come un bambino.
Edgley, però se l’è vista brutta.
«Sì, soprattutto nel Golfo di Corryvreckan, in Scozia, un punto pieno di vortici, correnti e insidie».
Dove persino George Orwell rischiò di morire in barca.
«Ah davvero? Lì mi è capitata la cosa peggiore. All’improvviso, una medusa di un metro e mezzo mi si è attaccata alla faccia e mi pungeva, non mi mollava. Io ho continuato per mezz’ora, con lei addosso. Non potevo fermarmi, altrimenti sarei stato risucchiato».
Ha la lingua putrefatta.
«Lo è. Difatti è stata l’altra difficoltà più grande. Colpa dell’acqua salata, ho cicatrici, ferite ancora mezze aperte. I dottori mi hanno detto mai più. Ma, non credo…».
Come le è venuta in mente
questa meravigliosa follia?
«A fine 2016 mi stavo allenando con i marines di guerra a Devon.
Ho nuotato per 14 ore e mi son chiesto: perché no? Ma ce l’ho fatta grazie a tre amici che mi hanno accompagnato col catamarano, dove mangiavo e dormivo quelle poche ore in cui non ero in acqua».
Ha pensato, almeno per un momento, di non potercela fare?
«Non potevo permettermi di pensare negativo. Altrimenti era finita. Avrei voluto piangere, tante volte, ma mi trattenevo. A madre natura non importa se sei ferito».
Però la natura è stata anche dolce con lei. Una balenottera a un certo punto l’ha "scortata" per una decina di chilometri.
«È stato fantastico, mi ha quasi protetto. Anche le foche, all’inizio guardinghe, poi sembrava volessero fare amicizia. È il messaggio più importante della mia impresa, la dimostrazione che si può vivere in armonia con la natura e con la vita marina, e non solo sfruttarle».
Lei è un campione di sfide estreme: ha scalato lungo una corda un’altezza pari a quella dell’Everest, corso una maratona trascinandosi una Mini legata al busto. Perché lo fa?
«Perché sono sfide che danno senso all’essere umano.
Dicevano che Roger Bannister non avrebbe mai corso il miglio in meno di quattro minuti, che Jim Hines non avrebbe mai corso i 100 metri in meno di dieci secondi, e invece ce l’hanno fatta. Mi piace pensare che l’umanità possa evolversi, esprimere la sua massima potenza positiva sfidando i suoi limiti. E la cosa che mi spinge di più a farlo è pensare che magari un bambino in Italia pensa: "ah, ora lo faccio anche io!"».
Quale sarà la sua prossima sfida?
«Ci penserò l’anno prossimo».
E il più grande insegnamento da questa esperienza colossale?
«Ho imparato soprattutto a controllare la mia mente. Non il fisico».