Giacomo Amadori per “la Verità”, 6 novembre 2018
SANGALLI CEDRONI - NEL SEXGATE ALLA CONFCOMMERCIO CI SONO ALCUNE COSE CHE NON TORNANO: PERCHÉ GIOVANNA VENTURINI, L’ACCUSATRICE DEL PRESIDENTE, NON HA MAI RACCONTATO NULLA DELLA “ATROCE ATTENZIONE SESSUALE”? - SANGALLI HA DENUNCIATO L’EX SEGRETARIA, A CUI HA “DONATO” 216 MILA EURO, E L’EX DG FRANCESCO RIVOLTA: “LUI MI HA SPINTO A PAGARLA. SONO AMANTI, HO LE FOTO” -
Nella storia che vi stiamo per raccontare ci sono tutti gli ingredienti per un grande romanzo d' appendice: potere, sesso, ricatti, corna, spioni e molti soldi. Infatti il terremoto che sta facendo traballare i vertici della Confcommercio non può essere derubricato alla voce Me too e le presunte molestie del presidente Carlo Sangalli alla segretaria Giovanna Venturini nascondono una trama da spy story, come La Verità è in grado di ricostruire.
Nei giorni scorsi, grazie al Corriere della Sera e a Repubblica, abbiamo saputo che Sangalli tra dicembre e gennaio scorsi ha «donato» 216.000 euro alla Venturini, sua assistente dal 2006 al 2012, e che l' atto è stato preparato da un notaio alla presenza dei due, che i quotidiani summenzionati hanno descritto come la vittima e il carnefice. Anche perché la stessa signora nel 2014 avrebbe riferito via sms di aver subito da Sangalli «un' atroce attenzione sessuale diventata, giorno dopo giorno, una vera e propria ossessione».
Eppure la donna non ha mai denunciato nulla alle autorità competenti. Quattro anni dopo, il 19 gennaio 2018, nello studio di un notaio romano l' onta è stata lavata con un sostanzioso regalino. Quel giorno è testimone dell' accordo Francesco Rivolta, all' epoca direttore generale della stessa Confcommercio e dal marzo 2013 nuovo capo ufficio della stessa Venturini. Perché è stato coinvolto proprio lui? I giornalisti, in questo caso, non si sono fatti troppe domande.
La spiegazione sembra darla Sangalli nella querela che ha recentemente consegnato ai magistrati, denunciando Rivolta, la Venturini e tre vicepresidenti di Confcommercio per estorsione e diffamazione: «A partire dal mese di novembre-dicembre 2017 ho cominciato a ricevere numerosi sms negli orari più disparati dal direttore generale, il quale apparentemente allarmato mi informava che Giovanna Venturini, sua strettissima collaboratrice, era ormai prossima a diffondere l' esistenza di una mia relazione affettiva con lei e, addirittura, delle molestie di cui poteva fornire ampia documentazione attraverso un filmato, risalente al 2012 girato dalla Venturini con il suo telefono cellulare».
Il video venne visionato da alcuni colleghi della Venturini e descritto a Sangalli, il quale arrivò alla conclusione che il filmato non conteneva niente che «lasciasse anche solo ipotizzare violenze e/o aggressioni e/o molestie da parte mia nei confronti di Venturini». Il file sarebbe stato consegnato a settembre dalla signora a un avvocato e ieri il Corriere della Sera ha riportato la presunta sbobinatura.
Alle 10.07 del 4 aprile 2012, la Venturini si sarebbe infilata nell' ufficio del suo principale con il telefonino in modalità telecamera e avrebbe cominciato a lamentarsi: «Io non posso più lavorare per lei () perché questa situazione mi sta creando veramente disturbi psicologici». Il suo capo sembra non capire: «Quale situazione?». E lei parte all' attacco: «Questa qui nostra, nostra nel senso queste, queste cose un po', queste attenzioni, queste cose io non riesco presidente».
L' uomo insiste perché lei rimanga al suo posto e lei ribatte: «Presidente anche un mese fa, si ricorda avevamo detto basta». E poi aggiunge: «Perché non sono io che Capito?». Sangalli conclude dicendo che da parte sua la finirà e che andrà a confessarsi. Questo video è la prova delle molestie? Perché la donna, a voler credere alla trascrizione, non pronuncia mai questa parola, ma parla solo di «attenzioni» e sospende la frase quando dice «non sono io che». C' è un' intimità tra i due che in quel momento turba entrambi, forse perché coniugati? Le cose sono andate come le descrive oggi la donna, a distanza di sei anni dalle presunte avance e dopo aver ricevuto centinaia di migliaia di euro da Sangalli?
Rivolta, a fine 2017, avrebbe offerto sempre lo stesso consiglio: «Pagamento e dimissioni». Il presidente ammette, però, di aver cancellato quasi tutti gli sms, perché aveva paura che il suo cellulare finisse nelle mani dei famigliari e perché in quel momento non li reputava «prove della trama estorsiva in essere».
Rivolta avrebbe «caldeggiato insistentemente le richieste e affermava, che in difetto, Venturini e il marito avrebbero denunciato l' esistenza di una relazione, ancor più le molestie subite dall' ex segretaria». Il dg si sarebbe «auto investito del ruolo di mediatore», anzi si sarebbe proposto come «persona vicina» che «in modo disinteressato» offriva il proprio contributo per «evitare il deflagrare all' esterno della notizia "vera o falsa che fosse"».
Sangalli considerò le argomentazioni del dg efficaci anche perché «in quel preciso periodo storico era venuto alla ribalta il caso Weinstein»: in tale clima, secondo il presidente, «la verità o meno delle molestie non avrebbe trovato alcuna cittadinanza nell' opinione pubblica, tantomeno presso i media e i nostri confederati». Quindi Sangalli, per evitare «la gogna mediatica», decide di pagare in due tranche la cifra richiesta: 100.000 euro il 22 dicembre e 116.000 il 19 gennaio, quando viene registrato l' atto di donazione davanti al notaio Nicola Raiti di Roma.
Ma i colpi di scena non sono finiti. Prima di perfezionare la regalia Sangalli si confida con alcuni legali che gli consigliano di «non fidarsi della ricostruzione di Rivolta» e di rivolgersi a un investigatore privato per «esaminare in modo oggettivo il contesto nel quale si è consumata la vicenda». E qui arriva la sorpresa. Il detective dà «evidenza della stabile relazione affettiva e di frequentazioni costanti a ogni ora del giorno e della notte e in diverse località, tra Rivolta e Venturini» nello stesso periodo dei due bonifici, emergono «incontri privati ed effusioni tra i due nel periodo di massima intensità delle richieste estorsive». Per poterlo sostenere ha in mano prove video e fotografiche.
Per esempio secondo l' investigatore l' 11 gennaio, «a una settimana dalla donazione», Rivolta e la Venturini, dopo aver lasciato l' ufficio, si recarono nella casa dell' uomo, da cui uscirono dopo circa due ore, per andare, a braccetto, a cena in un noto ristorante del centro di Roma. Verso mezzanotte i due presunti amanti «si scambiavano degli abbracci ed effusioni e si salutavano scambiandosi un bacio sulla bocca». La coppia, il 1° febbraio, avrebbe passato alcune ore nell' appartamento dell' uomo.
Serata casalinga pure il 15 febbraio, quando al momento dei saluti il detective annota un altro «bacio sulla bocca». Il 15 marzo nuovo pit stop a casa e a cena nel solito locale. Anche in questo caso «i due signori si scambiavano alcune effusioni e un bacio sulla bocca». Labbra su labbra pure il 10 maggio.
Ma mentre l' investigatore pedina la coppia, Rivolta continua il suo pressing su Sangalli. Il quale, nella querela, sembra annodare tutti i fili: «Effettuato il pagamento si aprì la seconda fase: le mie dimissioni. Rivolta continuava a insistere per l' assoluta e urgente necessità delle mie immediate dimissioni da presidente. A suo dire il solo pagamento non avrebbe interrotto le iniziative di Venturini, la quale considerava assolutamente imprescindibile tale ulteriore condizione».
A questo punto Sangalli, «in precarie condizioni psicofisiche», sottoscrive una lettera di dimissioni. Il testo sarebbe stato redatto da Rivolta in due diverse versioni e, poi, lo stesso dg le avrebbe custodite «fiduciariamente». Non basta. Le dimissioni, sottoscritte con largo anticipo, «secondo quanto concertato da Rivolta andavano formalizzate a far data dal 28 febbraio 2018».
Lo stato di prostrazione faceva percepire a Sangalli quelle «pretese» come «totalmente irresistibili». Di più: «Persino letali, al punto da aver più volte meditato il gesto più estremo» confessa il presidente, che pur non comprendeva «quale concreto e urgente interesse avrebbe potuto avere la Venturini» alle sue dimissioni.
Per tale motivo decide di resistere, ma «la condotta diabolica» non si arresta. Ad aprile a Sangalli arriva una missiva anonima con allegato un articolo di giornale su un caso di molestie sessuali in ambito lavorativo, accompagnato da un foglio bianco con la scritta: «Rifletti», imperativo seguito da dieci punti esclamativi.
A giugno la notizia delle accuse della Venturini e dei soldi pagati giunge alle orecchie di alcuni dei sette vicepresidenti dell' associazione dei commercianti. Tre di questi (Renato Borghi, Maria Luisa Coppa e Paolo Uggè) il 7 giugno chiedono a Sangalli di rinunciare alla carica per «ragioni etico morali». Il presidente, dopo alcuni giorni, risponde di non comprendere le loro «vaghe allusioni e i motivi «etico morali»» e definisce lo scritto «scortese», «scomposto» e «quasi minatorio».
La petizione non provoca gli effetti desiderati e tutto rimane com' era. Ma dopo l' estate Sangalli decide di passare al contrattacco: dopo il licenziamento di Rivolta, denuncia per estorsione e diffamazione lo stesso ex dg, la segretaria e i tre vice. Chiede pure il sequestro del denaro che gli è stato sottratto, perché a questo ottantunenne lombardo e cattolico i panni del Weinstein attempato stanno parecchio stretti.