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 2018  novembre 05 Lunedì calendario

Domande e risposte: chi protegge il nostro territorio?

Chi deve proteggere il territorio italiano e la sicurezza delle aree in cui viviamo? La tragedia siciliana, la strage di alberi del Nordest, i porti distrutti della Liguria, il bilancio complessivo di 32 morti per maltempo, pongono interrogativi sulle responsabilità. In un Paese in cui la competenza sui torrenti è rimpallata tra Province e Regioni, dove si contano 600mila frane delle 750 mila censite in tutta Europa e il 91 per cento dei Comuni secondo l’Ispra è a rischio idrogeologico, chiarire "chi deve fare cosa" a volte è impossibile. Norme sovrapposte, altre abolite, istituzioni che si intralciano invece di collaborare. «Per prevenire davvero serve una nuova legge quadro, una sorta di "Piano Marshall" per il dissesto idrogeologico», spiega il presidente del Consiglio nazionale dei geologi Francesco Peduto, uno degli esperti a cui abbiamo chiesto come orientarsi nella giungla delle norme italiane sulla tutela del territorio.
• Chi deve vigilare sul dissesto idrogeologico?
Oggi, con la chiusura di Italia sicura, struttura voluta dal governo Renzi, la responsabilità sul tema è in mano al ministero dell’Ambiente. Ci sono, quindi, i Piani paesaggistici regionali e quelli comunali: ispirati al Piano regolatore, quest’ultimi prevedono – su indicazione della Protezione civile e di enti come l’Autorità di distretto (le ex Autorità di bacino oggi suddivise in otto distretti che coprono Alpi, Isole, Appennini, l’area della Pianura Padana e del Serchio) – le aree a rischio e quelle su cui non ci possono essere cubature. «Questo non sempre avviene: spesso c’è la conoscenza dei rischi, ma poi manca l’intervento», dice Giorgio Zampetti, geologo e direttore generale di Legambiente. Per esempio, la Regione Campania con un decreto del 2017 ha consentito ai comuni di non abbattere gli immobili abusivi (legge contestata dalla stessa Corte costituzionale).
• Pulizia dei fiumi, corsi d’acqua: chi deve prevenire?
La manutenzione e la gestione dei fiumi, a seconda delle regioni, è affidata all’Ente Regione stesso o alle Province.
Sono loro a farsi carico della pulizia dell’alveo o di interventi in casi di criticità. Quello dei fiumi però, racconta il presidente dei geologi Peduto, è un discorso che spesso incappa in una questione di rimpalli: «Generalmente i corsi d’acqua principali vengono curati dalle Regioni mentre i reticoli minori dalle Province. Con la legge Delrio e la poco chiara abolizione delle Province oggi ci sono intese spesso confuse, in attesa di una ridefinizione dei compiti. È un quadro disomogeneo con una regolazione poco ottimale del territorio». Altri corsi d’acqua, inoltre, a volte vengono gestiti da privati o dai Comuni. I problemi dell’esondazione dei fiumi, così come quello delle frane, «dovrebbero essere al centro dell’agenda di governo, ma non lo sono», sostiene il geologo.
• Piante cadute, boschi devastati, a chi competono gli alberi italiani?
La cura e la potatura degli alberi in aree urbane dipendono dai servizi Ambiente e giardini dei Comuni interessati. In alcune zone hanno responsabilità le Province e le Comunità montane. Con i patti di stabilità le risorse sono fortemente diminuite. Per l’intera II Circoscrizione di Roma – 168 mila abitanti - ci sono 136 mila euro a bilancio per curare 66 aree verdi e 40 giardini scolastici. Discorso diverso quando si parla di foreste o alberi lontani dai centri abitati: in quel caso la competenza è regionale. «Nel Bellunese, però, più che una mancata tutela si è trattato di un devastante effetto del cambiamento climatico, su cui serve una task force nazionale: il vento da Sud ha colpito con tale violenza da non lasciare scampo, al di là di una possibile manutenzione», afferma Zampetti. L’ultima legge forestale fa un passo in avanti: mette al centro un coordinamento più forte delle Regioni, nell’ambito di una strategia nazionale.
• Mare in tempesta e porti devastati, erosione costiera. Chi deve vigilare?
L’erosione delle nostre coste rientra nella gestione del rischio idrogeologico e dunque delle Regioni. «Danni recenti come quelli osservati nei porti della Liguria», suggerisce Legambiente, «sono la conseguenza di fenomeni estremi non più eccezionali.
Manca una catena di comando che metta in campo interventi di prevenzione obbligatori.
Interventi che spesso riguardano le singole amministrazioni comunali».
• Abusivismo edilizio in aree a rischio. Di chi è la colpa?
Il compito di vigilare sull’abusivismo edilizio è in capo ai Comuni che, in base ai loro Piani regolatori e urbanistici, dovrebbero conoscere quali strutture sono in regola e quali no. Anche gli abbattimenti per violazione sono nella potestà degli stessi Comuni. Su un piano investigativo il Corpo forestale – con il Decreto legislativo del 19 agosto 2016 – è stato assorbito dai Carabinieri: il suo funzionamento di fatto si è ridotto. I vigili del fuoco hanno solo un potere d’intervento di fronte a un "evento" che si trasforma in danno o in lutto.
Nonostante in Italia ci siano venti edifici illegali su 100 autorizzati (dati Istat), il numero di abbattimenti resta bassissimo: su 71.450 immobili colpiti da ordinanze di demolizione, negli ultimi quindici anni l’80,4 per cento non è stato eseguito. Diverse associazioni chiedono che la gestione delle competenze per vigilanza e abbattimenti passi in mano alle prefetture.
• Un "geologo di zona" per prevenire i danni da disastri ambientali?
Da mesi sono fermi in Parlamento due disegni di legge arenati a causa della mancanza di risorse: entrambi prevedono l’idea di un geologo di zona. «Noi lo chiamiamo presidio idrogeologico, ma di fatto sarebbero sentinelle del territorio: l’idea è dotare un Paese così fragile come l’Italia di persone che possano allertare e prevenire situazioni critiche grazie alle loro competenze», spiega il presidente dei geologi. «Grazie alle nostre mappe conosciamo il 90 per cento dei punti critici del territorio italiano: questi devono essere sorvegliati, solo così potremmo salvare vite umane e giocare d’anticipo. Servono più interventi non strutturali e più manutenzione».
• Chi ha il compito di considerare gli effetti sul territorio del cambiamento climatico?
Ministeri, Regioni e Comuni agiscono sulla base delle informazioni meteo dell’Aeronautica militare o del Consiglio nazionale delle ricerche, ma non esiste una task force specializzata sugli effetti del riscaldamento globale. Dopo gli eventi dell’ultima settimana, Wwf Italia è tornato a chiedere che il «governo convochi con urgenza una Conferenza nazionale sul cambiamento climatico, coinvolgendo tutte le Regioni e tutte le istituzioni interessate alla riduzione delle emissioni e alla prevenzione, alla cura e alla messa in sicurezza del territorio».