5 novembre 2018
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Biografia di Mino Raiola
Mino Raiola (Carmine R.), nato a Nocera Inferiore (Salerno) il 6 novembre 1967 (51 anni). Procuratore sportivo. Secondo l’ultima classifica della rivista Forbes (aggiornata al 25 settembre 2018), quinto agente sportivo più potente del mondo, con introiti da commissioni pari a 62,89 milioni di dollari • Figlio di un meccanico, a neppure un anno di età emigrò al seguito dei genitori in Olanda, ad Haarlem, «in cerca di fortuna. Annunziata Cannavacciuolo, mia madre, era l’ambizione e l’orgoglio. Mio padre Mario l’idealismo. Vivevamo con uno zio panettiere e, se toglie la parte criminale, la casetta sembrava il set de Il padrino. Ragù, salami, spettacolini. Il periodo più felice della mia vita» (a Malcom Pagani). Lì i suoi genitori si reinventarono ristoratori: «Volevano rieducare gli olandesi: “Il cibo fa schifo, insegniamogli a mangiare”». «“Prima paninoteca, poi pizzeria, quindi ristorante di classe. Abbiamo vinto dei premi. Il segreto era usare prodotti italiani. Siamo di Angri, la terra dei pomodori San Marzano: 35 mila persone e 800 aziende che fanno pelati, è l’85% del mercato mondiale. […] Davo una mano a mio padre, che lavorava sette giorni su sette. Da lui ho imparato a non mollare. Intanto studiavo Giurisprudenza – mia madre ci teneva tantissimo –, e giocavo pure a pallone: nell’Haarlem, la squadra più vecchia d’Olanda. […] Ho cominciato a lavorare come intermediatore perché al ristorante venivano clienti olandesi che non capivano il modo di fare degli italiani. Commercianti che avevano ordinato merce che non arrivava mai, per esempio. Mi dicevano: Mino, pensaci tu. Io telefonavo. Risolvevo problemi. Ho fondato una società”. Nome? “Intermezzo, naturalmente… Comunque: a mangiare da noi veniva, ogni venerdì, anche il presidente dell’Haarlem con la moglie. La terza moglie. Gli dicevo sempre che di calcio non capiva niente. Un giorno mi prende e mi fa: senti, provaci tu. Mi ha nominato direttore sportivo. Lì mi sono scontrato con il problema dei problemi: per fare una squadra ci vogliono soldi. Noi non li avevamo”» (Paolo Crecchi). «Per il primo salto importante ci vuole la prima plusvalenza, che però è a base di hamburger. Sì, perché Raiola a 19 anni acquista un McDonald’s, che dopo due mesi rivende a prezzo maggiorato: con l’incasso mette su la prima azienda, che chiama “Maguire Tax & Legal” ispirandosi al film Jerry Maguire con Tom Cruise (ora gestisce anche la “Sportman” con sede a Montecarlo). La vera intuizione, però, è diventare il rappresentante unico dei giocatori olandesi in Europa grazie ad un accordo con il sindacato: è così che Raiola si presenta in Italia nel 1992, portando Bryan Roy al Foggia, poi Vink al Genoa e infine facendo da mediatore nella trattativa che trasferisce Bergkamp e Jonk all’Inter. Da lì sempre più contatti, più affari, e il boom con Nedved (dalla Lazio alla Juve), colpo che segna la svolta e un nuovo modo di fare il procuratore: più grano ai giocatori grazie ai diritti di immagine e più grane ai club» (Alessandro Dell’Orto). «Il talento di Raiola si mostra in tutta la sua perversa grandezza nel passaggio del centrocampista alla Juve, per 70 miliardi di lire (era arrivato dallo Sparta Praga per 9, per dire). […] D’accordo con Moggi e Cragnotti, che ha bisogno di un buon affare per dar fiato alle casse biancocelesti, porta, quasi di peso e a tradimento, Nedved a Torino. Il ceco non vuole lasciare la capitale, lui lo convince almeno a visionare le strutture bianconere. […] Appena scende dall’aereo privato, si trova davanti uno stuolo di cronisti e fotografi, convocati con uno scaltro passaparola da Moggi. Messo alle strette e ormai lontano, almeno metaforicamente, dalla Lazio, il centrocampista firma, per la felicità di tutti. Di lì a poco diventa uno degli imprescindibili di Lippi, nonostante l’iniziale ritrosia. […] Il resto delle prodezze e delle glorie del biondo sono storia recente, sotto gli occhi di tutti, Pallone d’Oro e Serie B compresi. Dietro, nell’ombra, pronto ad aiutarlo, parlare e intercedere per lui, c’è sempre l’uomo più furbo del mondo, Raiola. Lo difende nei primi tempi, quando stenta in campo, ancora afflitto “dal mal di Roma”, si ritira di buon grado quando esplode, tratta il suo passaggio (mancato) all’Inter, nell’anno del triplete» (Jacopo Rossi). «Particolare fu […] il suo primo incontro con Zlatan Ibrahimović, ricordato così dallo svedese nella sua autobiografia Io, Ibra: “Misi la mia bella giacca di pelle di Gucci, il mio orologio d’oro, e parcheggiai la Porsche proprio davanti all’albergo: non avevo affatto intenzione di fare la figura del buzzurro. Entrai sicuro di me al ristorante dell’albergo, dove c’era un tavolo prenotato, immaginando un tizio in completo gessato con un orologio d’oro ancora più grosso del mio, invece… Ma che razza di individuo era quello che entrò dopo di me? In jeans e t-shirt Nike, e con quella pancia enorme… sembrava uno dei Soprano. Chi diavolo è questo qui? Dovrebbe essere un agente quella specie di gnomo ciccione? E, quando ordinammo, cosa credete, che arrivò un piattino di sushi con avocado e gamberetti? No, arrivò una valanga di roba, cibo per cinque persone, e lui divorò tutto come un dannato! […] Sapete cosa fece quel bastardo sfacciato? Tirò fuori quattro fogli A4 su cui c’erano nomi e cifre, tipo ‘Christian Vieri: 24 gol in 27 partite’, ‘Filippo Inzaghi: 20 gol in 25 partite’, “David Trezeguet: 20 gol in 24 partite’, ‘Zlatan Ibrahimović: 5 gol in 25 partite’. Poi Raiola chiese: ‘Credi che possa venderti con una statistica del genere? Tu ti credi tanto figo, eh? Credi di potermi impressionare con il tuo orologio e la tua Porsche, ma non è così. Io trovo che siano tutte cazzate. Vuoi diventare il migliore del mondo, oppure quello che guadagna di più?’. Risposi: ‘Sì, il migliore del mondo’. ‘Allora bene, perché se diventi il migliore del mondo poi arriverà tutto il resto, ma se insegui solo il denaro allora non otterrai mai niente, capisci? Allora pensaci su e poi mi fai sapere, ma se vuoi lavorare con me devi fare come dico io. Dovrai vendere tutte le tue macchine, tutti i tuoi orologi e cominciare ad allenarti tre volte più duramente, perché adesso la tua statistica fa schifo’”» (Daniele Roselli). «Dopo i saluti i due si separano. Ibra rimane impressionato dalla grinta del suo interlocutore. Una volta seduto in macchina Ibra non ha più remore: “È la persona che fa per me”. Era il 2003. Da quel giorno inizia l’escalation tecnica ed economica di Zlatan» (Tiziano Crudeli). «Attorno a Ibra ruota molta della fortuna e della mitologia di Raiola. Ogni cambio di squadra è stato un colpo per il calciatore e per l’agente. E Zlatan ne ha cambiate sette» (Beppe Di Corrado). «Un capolavoro, finché il ragazzo ha collaborato, è stata anche la gestione di Balotelli, che a Liverpool firmò un contratto da 6 milioni di euro a stagione. In Inghilterra Raiola voleva portare anche Hamšik, che però aveva altri progetti di vita. Rimase a Napoli, e i due ruppero: fu una delle poche volte in cui le cose non andarono come Mino esigeva» (Dario Falcini). Particolarmente fortunata l’estate del 2016, quando «"Re Mino" ha rotto anche l’ultimo argine, quel Manchester United nel quale non era mai riuscito ad entrare durante il regno di Alex Ferguson ("Non mi è mai piaciuto, di lui subito diffidai", raccontò). A Manchester ha portato Pogba, Ibrahimović a costo zero e Mkhitaryan, e in cambio è stato ricoperto d’oro. Dall’operazione Pogba, Mino ha incassato 25 milioni dalla Juve (da sottrarre ai 105 incassati dai bianconeri) e altri 10 dal Manchester United (in questa cifra ci sarebbe anche un bonus per Ibra a zero). Ancora 8 sono arrivati sempre dallo United per l’affare Mkhitaryan con il Borussia Dortmund. Altri 6-7 (e la stima è al ribasso) Mino li fattura grazie alle commissioni sugli ingaggi dei suoi assistiti, che per lui oscillano tra il 5% e il 7% sul lordo: Zlatan, Mkhitaryan, Paul hanno firmato contratti stellari. Senza dimenticare anche Van der Wiel, passato a parametro zero al Fenerbahçe» (Mario Pagliara). Durante l’estate del 2017 Raiola finì al centro delle polemiche insieme al suo assistito Donnarumma per le lunghe esitazioni che precedettero il rinnovo del contratto del giovane portiere con il Milan. «Rinnova? Non rinnova? Raiola lo tiene al sicuro, mentre le voci sul suo rinnovo si sprecano. Sul giovane Gigio ci sono Real Madrid e big di pari blasone: il Milan, all’improvviso, dopo baci e promesse, sembra lontanissimo. […] Quasi tutta l’Italia tifosa si scaglia contro il traditore guantato e, soprattutto, contro la sua eminenza grigia. Mino […] se ne frega egregiamente. […] Dopo alcune settimane deliranti, costellate da tweet di odio e amore, Donnarumma firma il rinnovo tanto atteso: guadagnerà sei milioni annui. La vicenda riserva anche una parentesi commovente: […] suo fratello maggiore Antonio, qualitativamente ben più modesto, che difende i pali dell’Asteras Tripolis, passa ai rossoneri per un milione all’anno» (Rossi). Piuttosto deludente, invece, l’estate del 2018. «Non è il declino di un impero: Mino Raiola resta Mino Raiola, uno dei più potenti agenti del circo pallonaro, ma, nell’estate di Cristiano Ronaldo alla Juve, il procuratore nato in Italia e cresciuto in Olanda non è riuscito a piazzare alcun pezzo grosso della sua scuderia: Pogba, Donnarumma e Verratti sono rimasti dov’erano a giugno. Balotelli non si è schiodato da Nizza. Persino il giovane Kean è congelato alla Juve. Zlatan Ibrahimović ai Los Angeles Galaxy, il viale del tramonto perfetto: nell’anno solare 2018 è stato l’unico affare raiolesco di discreto rilievo mediatico. Per il resto, trasferimenti di nicchia o di prospettiva, per esempio la bella promessa Justin Kluivert dall’Ajax alla Roma. Investimenti sul futuro, medio cabotaggio, mentre a Oporto la GestiFute di Jorge Mendes orchestrava il colpo del decennio, l’operazione CR7 a Torino. […] Oggi il principale problema di Raiola sembra essere la "Portuguese Connection". Il portoghese Mendes gli ha rubato la scena del mercato e lo ha sorpassato nelle relazioni con la Juve, un tempo riserva di caccia di Mino grazie al rapporto ruspante con Luciano Moggi. Il portoghese José Mourinho gli ha dichiarato guerra al Manchester United, con Paul Pogba come soggetto del contendere: lo Special One e il francese si sono beccati e di botto è franata l’apparente intesa tra Mou e Raiola. […] La Juve, per Raiola, può essere una buona sponda per uscire dall’angolo. Un anno fa Mino ha portato Matuidi a Torino, a gennaio potrebbe restituire Pogba alla Signora. Si formerebbe una coppia di francesi campioni del mondo e ritornerebbero in mente i tempi d’oro, quando Raiola, giovane e rampante, faceva affari con Moggi e gli lasciava in dote gente del livello di Nedved e Ibrahimović. Mino in declino? Si prega di attendere» (Sebastiano Vernazza) • «Già che c’è, diventa ricco anche lui, abbastanza da comprarsi la villa di Al Capone. Continuano a dargli del “pizzaiolo”, come se arrivare a fatturare 500 milioni in commissioni partendo da un ristorantino della provincia olandese fosse una colpa da espiare e non una medaglia al valore; lui non si scompone e li corregge: “Veramente, facevo il cameriere”. Il metodo Raiola si basa su due assunti elementari. Il primo: meno soldi si spendono per i cartellini, più ne restano per salarî e provvigioni. (Corollario: se non è possibile limitare l’entità del trasferimento, tanto vale garantirsi una fetta anche di quello: vedi l’affare Pogba). Il secondo: ogni volta che un calciatore fa le valigie, si può creare valore. L’accusano di spostare i suoi assistiti come pedine: eppure sono loro a firmare i contratti: quelli con le società, s’intende, perché i rapporti con Mino, invece, si reggono sulla fiducia reciproca. Ma chi lo sposa difficilmente l’abbandona. Anche perché Raiola, con il suo stile rusticano, è il perfetto parafulmine. Ti riempie le tasche e ti salva la faccia» (Massimiliano Trovato). «Io penso che quando un giocatore decide di andare via da una squadra debba andare via. Non ho mai fatto compromessi, lavoro esclusivamente nell’interesse del mio assistito, i giocatori sono la mia fortuna e ho una grande responsabilità verso di loro. Comunque non ho mai compiuto azioni scorrette o azioni che io, personalmente, non reputo corrette. […] I vecchi procuratori facevano gli interessi delle società. Per me, prima viene il calciatore» • Risiede da molti anni nel Principato di Monaco, insieme alla moglie e ai due figli («belli, perché hanno preso dalla mamma») • «Io ho praticato thai boxe, fantastica. Il calcio in certe partite è un gioco noioso, diluito in 90 minuti. Nella boxe invece ti giochi tutto in 3 minuti, non puoi mai distrarti: c’è un’adrenalina pazzesca, non senti il dolore. O, meglio, sì, ma dopo. Tyson diceva che i suoi avversari avevano sempre un piano, che però saltava appena lui li menava. Ecco: io sul ring non sono mai salito. Ero troppo buono: ero preoccupato di fare male…» (a Marco Lombardo) • «Parla otto lingue: italiano, francese, inglese, olandese, tedesco, spagnolo, portoghese “e naturalmente napoletano”. Raiola, […] come ha fatto? “Non è intelligenza, è preparazione: guardavo Disney in originale a tre anni. A quattro, in Olanda, cominciano a insegnarti la seconda lingua. Poi metti che chi parla olandese impara molto facilmente il tedesco, che spagnolo e italiano sono simili… Il portoghese l’ho studiato per trattare i calciatori brasiliani”» (Crecchi) • «Brutto, sporco e ciccione, Carmine “Mino” Raiola non è mai venuto meno al suo cliché di procuratore plebeo: quello che vestendo i panni del topo di campagna si è sempre fatto gioco dei topi di città, tutti tessera e distintivo, incontrati sul suo cammino» (Paolo Ziliani). «La verità è che Raiola, per il calcio è il personaggio del decennio. È stato lui a trasformare definitivamente il procuratore in protagonista. Ha preso il suo ruolo e l’ha fatto uscire dall’ombra delle stanze in cui si fanno gli affari, e l’ha messo di fronte alla telecamera. Un Don King senza i capelli dritti e gli occhiali, ma con la stessa capacità di fare show a ogni dichiarazione. È il re del tavolo: si siede e alza il prezzo. Con la squadra di provenienza e con quella che è interessata al suo giocatore. Il mestiere è questo, in fondo: fare in modo che il suo assistito venga pagato di più, cosicché anche l’agente aumenti i suoi compensi. La semplicità dell’ovvio, che per paradosso complica l’estate e anche l’inverno di tifosi, allenatori, compagni, avversari. Perché i procuratori alimentano passioni e tensioni, fanno entusiasmare e deprimere. “Ogni soluzione è possibile”, dice Raiola dei suoi ragazzi» (Di Corrado). «Non sono un tassista. Gestisco gente, di cui sono orgogliosissimo, che non è mai uscita dalla provincia. Il mio mestiere è aiutare le persone a trovare la loro dimensione, a credere nell’incredibile. Con i ragazzi non ci sono contratti. Basta una stretta di mano: o tutto o niente. Ci troviamo e ci capiamo, però se non ci capiamo più, poi, liberi tutti» • «Ai calciatori domando: “Vuoi diventare il più pagato o il migliore?”. Se rispondono “il più pagato”, gli indico la porta. Il pittore che dipinge un quadro per denaro e non per passione non lo vende. I soldi sono molto importanti, ma se li insegui non arriveranno mai e con il tempo finisci per capire che c’è sempre qualcuno più ricco di te» • «Mi piacerebbe comprare una società e fare di testa mia. Anzi, penso proprio che un giorno lo farò!». «Fui più vicino di Pallotta a comprare la Roma con alcuni soci. Avrei voluto rifondarla iniziando dall’allontanamento di Totti. Lui è un pezzo di storia, ma volevo partire con volti nuovi e senza pesanti eredità. All’epoca, UniCredit, piena di sportelli in città, non era proprio entusiasta» • «Ferguson dice di non aver mai odiato nessuno tranne me. È un grande complimento. Se non hai nemici, non hai lavorato bene. Le cose normali, le fanno tutti. Io muovo l’aria. Muovo i sogni. E ogni tanto faccio incazzare qualcuno».