La Lettura, 4 novembre 2018
La belle chocolatière, il più bel pastello mai visto
«Nemmeno una goccia. Non devo rovesciarne nemmeno una goccia». La cioccolata sfiora i bordi della tazza. La cameriera si concentra. «Così, in equilibrio. Schiena dritta, vai avanti». Un passo dopo l’altro verso il salotto. Dentro il salotto. «E quello strano tizio con l’album da disegno? Cosa vuole da me?». Forse il vassoio ondeggia. «No, non sorridere. Non devi sorridere». Forse il vassoio ondeggia ancora. Non lo sapremo mai. Possiamo solo immaginare la scena.
Vienna, palazzo nobiliare. Anno 1744. Lei: anonima, giovane e bella domestica decisa a prendere seriamente il vitale compito di servire cioccolata calda a un’altrettanto imprecisata signora. Lui: Jean-Étienne Liotard (1702-1789), artista itinerante, il divino dei pastelli, richiesto eppure temuto (che realismo nei suoi quadri…), svizzero di nascita ma esotico quanto basta da presentarsi con colbacco e barba lunga tra gentildonne e messeri incipriati. Liotard, altrimenti detto «il turco». L’incontro tra i due porta a un ritratto, La belle chocolatière (in tedesco, Das Schokoladenmädchen). Immortalata su pergamena, la ragazza senza nome incede impettita. L’artista usa le matite, accomoda colori, taglia netti i profili, avanza per campiture. Il risultato finale ricorda più la tempera dei miniaturisti ginevrini che le ovattate atmosfere dei pastelli in voga. Eppure è Rosalba Carriera – la pittrice più acclamata dell’epoca, l’italiana vezzeggiata dai nobili di mezza Europa che corrono a mettersi in posa, prediletta dei reali di Francia – a definire subito questo ritratto «il più bel pastello mai visto». Un giudizio di peso. L’ascesa verso il successo della ragazza del cioccolato è appena cominciata.
La belle chocolatière è oggi una delle attrazioni principali della Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda. E qui, fino al 6 gennaio, si svolge la mostra che come titolo ha proprio le parole di Rosalba Carriera: The most beautiful pastel ever seen. Cento opere, di Jean-Étienne Liotard e in dialogo con esse. Stella indiscussa, lei e solo lei: la fascinosa domestica.
La storia del «più bel pastello mai visto» comincia per caso. Liotard è un personaggio bizzarro, nato a Ginevra, emigrato a Parigi e lì scartato dall’Acadèmie Royale. Ama i pastelli per affinità artistica e praticità: vuole viaggiare, cercarsi committenze nel mondo, scarta tele e tubetti («Non sono maneggevoli»). Nel 1735 è in Italia, quattro anni dopo a Costantinopoli tra diplomatici e ricchissimi mercanti (da qui, l’attrazione per i costumi orientali), poi nel principato di Moldavia. Vagabondo e geniale, fa breccia nelle corti. Una delle sue modelle, spiazzata dalla verosimiglianza di un disegno appena concluso, lo prende in giro: «Mio caro, i vostri meriti si riducono alla bella barba». È Jeanne Antoinette Poisson, meglio nota come Madame de Pompadour, la favorita di Luigi XV.
Nel 1743 Jean-Étienne Liotard fa tappa a Vienna. Maria Teresa, arciduchessa e futura imperatrice, desidera nuove effigi per sé e i propri figli, utili anche per combinare matrimoni. Duchi, duchesse, re e imperatori. Infine lei: la donna del cioccolato. Una semplice domestica, incrociata in un salotto, viene immortalata dal ritrattista dei potenti. L’autore non tiene l’opera per sé a lungo: passa di mano, venduta per 120 zecchini, quando nel 1745 l’ennesima peregrinazione porta Liotard a Venezia e all’incontro con lo scrittore e mercante d’arte Francesco Algarotti. Il pastello diventa poi proprietà di Augusto III di Polonia che, il 13 febbraio 1751, scrive soddisfatto all’amico Pierre-Jean Mariette: «Ho comprato un disegno alto tre piedi dal celebre Liotard. Mostra una cameriera tedesca. L’immagine ha una modellazione perfetta». Una cameriera nel pastellkabinett tra eroi e teste coronate? Scompiglio. Clamore. Ma il collezionista ha colto, oltre al fascino, la novità: in cornice c’è la celebrazione della vita quotidiana che prende piede.
Diventata patrimonio di Stato, la pergamena viene esposta allo Zwinger. Ed è proprio nel palazzo di Dresda che la nota un americano: la ragazza del «più bel pastello mai visto» sta per diventare un’icona pop. L’uomo è Henry L. Pierce, guida la Baker’s chocolate company, colosso statunitense del cacao, ed è folgorato: la signorina sembra fatta apposta per la pubblicità mentre porta, diligente, una bevanda che nelle corti del XVIII secolo era diventata una vera mania (lusso esotico sdoganato anche dalla Chiesa che non la riteneva pericolosa per i precetti di digiuno). Dalla passione di allora a quella più moderna il passo è breve: comprati i diritti per l’uso del pastello nel 1883, la Baker è la prima azienda a fare della sconosciuta un marchio di fabbrica. Riprodotta sulle scatole di latta – anch’esse in mostra – la servetta arriva in milioni di case. Nei ricettari trova vita propria, una storia: tra un ingrediente e l’altro le massaie possono leggere le avventure della figlia di un cavaliere decaduto diventata principessa. Di pari passo, circola la tesi secondo cui l’anonima di Liotard sia una certa Nannerl Baldauf, commessa di pasticceria capace di ammaliare il conte di Dretrichstein. Chissà. Chi in realtà dimenticherà presto la ragazza è proprio il creatore del suo mito: Liotard nel 1781 pubblica il Traité des principes et des règles de la peinture, guida al bel pastello che della cameriera non fa cenno. Lui: eccentrico fino alla fine. Lei: Cenerentola viennese, saprà girare il mondo da sé.