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 2018  novembre 04 Domenica calendario

Barbabietole anti Aids e altre ricette dannose

«Correva il 1992 e Christine Maggiore era una donna felice e di successo, proveniva da una famiglia benestante, aveva 36 anni, non aveva problemi economici ed era molto attraente». Che cosa cambiò radicalmente il destino di questa donna della felix California del Sud? Una «balla mortale». Quella secondo cui l’Aids non è provocato dal virus Hiv. Una tesi ostinatamente difesa, contro ogni ragionevole prova, dal virologo Peter Duesberg. Nel caso di Christine questo significò, fra l’altro, la morte della figlia quando aveva solo 7 anni. Ma se questa tragedia è incommensurabile, quale aggettivo bisognerebbe spendere per descrivere le conseguenze che lo stesso negazionismo sortì quando fu abbracciato dal presidente del Sudafrica, Thabo Mbeki? Si calcola che siano state almeno 300 mila le vittime della sua politica che rifiutava e ritardava le terapie antivirali, incoraggiando invece una serie di terapie «naturali» a base di barbabietole, aglio e patate africane e dando spazio a guaritori secondo i quali un modo per sconfiggere la malattia era avere rapporti non protetti con una ragazza ancora vergine. 
Quello dedicato all’Hiv è il primo capitolo del nuovo libro di Roberto Burioni, Balle mortali (Rizzoli) appunto, nel quale l’autore passa in rassegna alcuni dei più famosi, e perniciosi, casi di contraffazione scientifica degli ultimi decenni, cambiando però registro rispetto alle sue operazioni di divulgazione precedenti.
Se finora il virologo pesarese era ricorso a una narrazione scientifica in cui partendo dai dati si arriva alle conseguenze, questa volta inverte l’ordine dei fattori. Qui sono episodi di cronaca, nomi, cognomi, luoghi, date e drammi a parlare e a condurre a conclusioni in cui i dati diventano sintesi dell’accaduto. Dal siero di Bonifacio, al caso Di Bella, fino alla vicenda Stamina, alla «medicina germanica», all’insulina negata a piccoli diabetici. Cambiano i protagonisti ma la trama rimane costante. Anche se con sfumature differenti. 
Meno drammatica sul piano squisitamente epidemiologico rispetto a quella di Duesberg, ma profondamente seria su quello personale è, per esempio, la storia della «Nuova Medicina Germanica» del dottor Geerd Hamer. Qui il profilo psicologico del protagonista è chiave imprescindibile per capire lo sviluppo di una vicenda che ha le sue origini nella tragedia familiare del medico tedesco, schiacciato dall’uccisione del figlio all’isola di Cavallo, in Corsica. Un lutto da cui inizia un deragliamento umano prima ancora che scientifico. Non che il tono di Burioni sia assolutorio nei confronti del dottor Hamer, ma appare meno duro rispetto a quello riservato, per esempio, a Liborio Bonifacio, veterinario siciliano inventore dell’omonimo siero anticancro che a cavallo degli anni Settanta-Ottanta occupò non poche pagine di cronaca. Il racconto dei ragionamenti di Bonifacio, nelle parole dell’autore, si dipana come un horror scientifico. La risonanza mediatica del caso fu tuttavia solo un assaggio rispetto a quella ben più vasta di altri due episodi con molti punti in comune: i casi Di Bella e Stamina. Entrambi più recenti e probabilmente nella memoria di molti. Qui l’autore sottolinea il salto di qualità che si verificò anche e soprattutto per il livello di coinvolgimento delle istituzioni. In ambedue le vicende rappresentanti della magistratura si fecero interpreti di una corrente di pensiero che invocava libertà di cura e la «politica» finì con l’autorizzare sotto l’egida pubblica sperimentazioni di trattamenti privi dei requisiti di base per una verifica che si potesse definire scientifica. Basti ricordare le cartelle cliniche del dottor Di Bella e i misteri sul metodo proposto da Stamina. Con l’aggravante, nel secondo caso, della partecipazione attiva di un famoso ospedale del Nord Italia nella somministrazione del trattamento. 

Completano l’indice del libro il racconto di episodi in cui medici, iscritti all’Ordine professionale, hanno convinto a non somministrare l’unica terapia possibile, quella a base di insulina, a piccoli diabetici e capitoli dedicati alle false convinzioni sugli antibiotici, sul latte crudo e, naturalmente, sui vaccini.
Con una conclusione che è anche un appello: «In questo libro abbiamo elencato numerose bugie. Gli uomini e le donne che ci hanno creduto sono talvolta morti prematuramente, in altri casi hanno sofferto, quando il destino gli aveva lasciato poco da vivere questo breve tempo l’hanno vissuto peggio di come sarebbe stato consentito dalle cure. Erano soli, disperati, e hanno trovato ciarlatani pronti a stargli vicino. Ma a stargli vicino qualcuno doveva esserci, e doveva essere un medico, un medico bravo e onesto».
Balle mortali conferma Burioni divulgatore brillante, coraggioso e appassionato. Anche questo libro non gli attirerà simpatie da parte delle frange antiscientifiche nel nostro Paese e forse anche da alcuni colleghi che non vedono sempre di buon occhio la sua esposizione mediatica. Ma nessuno gli potrà negare il coraggio di essere sceso in trincea e di essersi «sporcato le mani» per le sue convinzioni. Le pagine non cercano compromessi e si fanno leggere d’un fiato come quelle di un libro di storie, quale è effettivamente, e non come un saggio, di cui ha la sostanza, ma non il passo. Qui è tutto carne, sangue ed emozioni. E non sono effetti speciali.