Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  novembre 04 Domenica calendario

Storia degli incidenti aerei

Misteri nei cieli, storie di disastri aerei dove le cause sono rimaste in sospeso. Non abbiamo dimenticato la vicenda dell’Itavia disintegrato a Ustica, probabilmente finito in mezzo a una battaglia tra caccia. O il jet Twa inabissatosi al largo di Long Island, Stati Uniti, nel luglio 1996, annientato da un’avaria ai serbatoi, ma sul quale è sempre rimasta l’ombra di un gesto criminale. Casi aperti come quelli che abbiamo scelto tra i tanti, una lista ovviamente incompleta ma che racchiude componenti diverse.
Il primo attentato (forse) Partiamo da lontano, dal 1933. Il 10 ottobre un 247D della United Airlines decolla da Newark, nel New Jersey, diretto a Oakland, in California. Una rotta che prevede due scali intermedi a Cleveland e Chicago. A bordo appena sette passeggeri. L’aereo non arriverà mai alla sua meta: si schianterà al suolo in una regione boscosa vicino a Chesterton, Indiana. Il tempo era buono e il comandante, nei contatti radio, non aveva passato alcuna comunicazione allarmata. La polizia scientifica ritiene che si sia verificata una deflagrazione nella parte posteriore, probabilmente accanto alla toilette. Si dice: colpa di una bomba. Messa però da chi? I primi sospetti puntano su un passeggero che aveva sottoscritto una polizza sulla vita poco prima dell’imbarco e viaggiava con uno strano pacco. Subito dopo passano al setaccio il passato di una donna, arrivata sul 247 dopo una serie di «strani» spostamenti. Non manca neppure la mafia, accusata di avere pianificato una vendetta terribile o che un suo sicario abbia abbandonato una trappola esplosiva. Le autorità manderanno il file in archivio, diventerà un cold case. Ciò che restava dell’aereo sarà venduto non troppo tempo dopo per 75 dollari.
La colpa è del pilotaIl volo EgyptAir 990 finisce nell’Oceano Atlantico, a cento chilometri da Nantucket, Massachusetts, 31 ottobre 1999. Sul 767 in servizio da New York al Cairo 217 persone, tutte morte nell’impatto. Gli investigatori, esaminando il voice recorder, recuperato insieme a gran parte dell’aereo, concentrano l’attenzione su una fase delicata. Il copilota Gamil al Batouti insiste per prendere i comandi una ventina di minuti dopo il decollo e il comandante esce per fare una piccola pausa.
A quel punto il sistema automatico è disconnesso, il jet scende quasi in picchiata. L’ufficiale rientra e chiede «che cosa sta accadendo». Le registrazioni rilanciano la voce di al Batouti che sembra invocare Allah. Seguono manovre concitate che non salvano il Boeing. Per gli Usa si è trattato di un’azione suicida, scenario contestato dagli egiziani, convinti invece di problemi tecnici insormontabili. Il giallo tornerà in futuro, quando saranno ancora gli equipaggi a essere al centro delle indagini.
IntrovabileNon l’hanno mai trovato. Parliamo del 777 della Malaysia Airlines, MH370, in servizio da Kuala Lumpur a Pechino. È sparito l’8 marzo 2014 con le 239 persone a bordo dopo aver deviato improvvisamente dal percorso. Nessun segnale di allarme, nessuna voce allarmata, nessun indizio. Solo una virata del pilota verso sinistra. Secondo la versione ufficiale, basata sugli scarni dati a disposizione, l’aereo è precipitato nella parte meridionale dell’Oceano Indiano. È seguita una serie infinita di interpretazioni e indagini, anche di privati, che hanno portato solo a scenari ipotetici: 1) avaria catastrofica; 2) dirottamento finito male; 3) missile; 4) suicidio di uno dei piloti (come avverrà in seguito con il Germanwings schiantatosi sulle Alpi francesi il 25 marzo 2015). Scaveranno nella vita degli ufficiali, troveranno un simulatore dove il comandante Zaharie Ahmad Shah ha provato dozzine di volte un percorso verso il Polo Sud. Si parlerà di questioni familiari che lo avevano turbato. Ci sarà anche chi sosterrà che il Boeing andasse cercato più a nord o sia finito in qualche pista segreta (Afghanistan, la base di Diego Garcia, un atollo, in Cina) perché trasportava carichi segreti o scienziati da rapire. Ricostruzioni che non placheranno il dolore delle famiglie.
L’intrigoÈ un’esplosione a separare di netto la coda dal resto del velivolo, l’Airbus della compagnia russa Metrojet carico di turisti in rientro da Sharm El Sheikh e diretto a San Pietroburgo. Una strage nel Sinai, il 31 ottobre 2015. Due settimane dopo, l’Isis ha rivendicato mostrando la foto della presunta bomba, una lattina con una sostanza deflagrante. L’Egitto, all’inizio, contesterà la tesi dell’attentato e farà comunque muro. Poi trapeleranno indiscrezioni sul possibile coinvolgimento del personale di terra: complici dei terroristi avrebbero nascosto l’ordigno in una carrozzina per bimbi caricata nella stiva. Mosca bloccherà i voli per le mete egiziane, ma al tempo stesso cercherà di mettere la sordina. Non tutti sono convinti che lo Stato Islamico del Sinai abbia queste capacità tecniche; forse c’è la mano di qualche servizio. O neppure quella. Il fatto certo sono le vittime: 224.
Fiamme a bordoL’inchiesta è aperta, rallentata dalle liti tra investigatori. Riguarda la fine dell’Egypt Air 804 caduto nel Mediterraneo, a sud di Creta, il 19 maggio di due anni fa, 66 morti. A bordo ci sarebbe stato un incendio nella parte anteriore, vicino al wc. I piloti hanno manovrato per salvare l’Airbus. Fin qui ci siamo. Dopo le strade si separano. Gli egiziani hanno sostenuto di avere rinvenuto tracce di esplosivo sui resti, i francesi hanno detto che non esistevano e propendono per un rogo partito dalla cabina, ma non di natura dolosa. Battaglia tecnica e politica dove ognuno ha la sua verità.