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 2018  novembre 04 Domenica calendario

Mille magistrati e 9 mila amministrativi: ecco i numeri che mancano alla giustizia

Dice il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che lo stop alla prescrizione ha un senso, e non significa allungare a dismisura i processi, perché è in arrivo uno stanziamento straordinario di 500 milioni di euro e un piano record di assunzioni. «Beata ingenuità - ironizza il presidente degli avvocati penalisti, Giancomenico Caiazza - come se si potesse barattare un principio fondamentale della giustizia con uno stanziamento, per di più annunciato e basta». Anche il presidente dell’associazione magistrati, Francesco Minisci, cui pure il principio non dispiace, sostiene che si rischia di fare peggio se «non si eliminano le lungaggini». Di qui, la domanda di fondo: la giustizia si rimetterebbe in carreggiata con questi 500 milioni in più? 

Le nuove assunzioni
Il nuovo governo annuncia un rinforzo straordinario in termini di magistrati (circa 1000 nel prossimo triennio: 396 con l’entrata in servizio dei nuovi che hanno vinto l’ultimo concorso, più un incremento di altri 600 nei prossimi tre anni rispetto alle piante organiche). Attualmente la pianta organica prevede circa 10 mila magistrati in servizio e ne mancano 1000. Scopertura ufficiale, 11%. Sarebbe andata molto peggio se non ci fossero stati i concorsi indetti da Andrea Orlando nei quattro anni tra 2014 e 2017 (rispettivamente di 340, 350, 360 e 320 posti; da quest’ultimo ne prenderanno 396). Tutto bene, allora? «Dipende - risponde Minisci - perché se si resta attorno al 10% di scopertura è una quota fisiologica. Permette al sistema di indire annualmente anche i trasferimenti orizzontali. Noi diciamo che sostanzialmente così va bene; se poi si aggiunge qualche centinaio di unità è anche meglio. Ma il dramma è un altro: sono i buchi tra il personale amministrativo e le infrastrutture al collasso».
Altri 7000 nelle segreterie
Il buco nero della giustizia, dove precipitano le buone intenzioni e i tempi dei processi si dilatano a dismisura, sono le cancellerie, ovvero le segreterie dei magistrati. E l’informatizzazione rischia di trasformarsi in una trappola per il togato. Come diceva qualche tempo fa il superprocuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho: «Vari sistemi informatici, come il Tiap, tendono a lasciarci da soli. Tutto avviene attraverso canali informatici e l’unico soggetto è il magistrato, che non ha più una struttura alla quale appoggiarsi». 
I freddi numeri del personale amministrativo dicono che a fronte di una pianta organica di 41 mila persone, ne mancano 9000, pari al 20% di scopertura. Se non si è arrivati al collasso, è solo grazie ai «tirocinanti», un precariato sotto mentite spoglie. Nel frattempo il personale invecchia ed è sempre più demotivato. Si consideri che dopo un concorso del 1996, sono seguiti venti anni di blocco del turn-over. C’è stato solo un nuovo concorso l’anno scorso, con esiti grotteschi: per 800 posti di assistente giudiziario hanno partecipato in 300 mila. Alla fine ne hanno assunti 1800. Dice Minisci che conosce bene la materia: «Se almeno si assumessero subito per scorrimento gli oltre duemila che hanno superato l’idoneità e sono rimasti a casa...». 
Ora il governo promette l’assunzione di 3 mila nuove unità in tre anni. Ma ci sarà anche un reclutamento straordinario per ulteriori 4 mila dipendenti. E così, almeno sulla carta, i conti sembrano tornare. Denuncia però la Cgil che la famosa Quota 100, essendo l’età media nelle cancellerie molto elevata, potrebbe creare una voragine: «C’è il rischio concreto - sostiene il sindacalista Claudio Meloni - di trovarsi con gli uffici svuotati di personale a causa di uscite massicce». 
L’infrastruttura
Nel 2017, il ministero della Giustizia, attingendo a quel medesimo Fondo Giustizia (cioè beni confiscati alla criminalità) da cui usciranno i 500 milioni annunciati da Bonafede, aveva speso 120 milioni di euro solo per l’informatizzazione. Ma i soldi non bastano mai. «Fa presto ad annunciare i milioni - dice l’avvocato Caiazza - ma bisogna sapere che gli atti si digitalizzano soltanto nelle grandi città. Se si va nelle piccole procure, si marcia ancora con la vecchia fotocopiatrice». Gli fa eco Minisci: «E’ indispensabile che gli investimenti promessi siano rapidi ed efficaci se davvero si vuole velocizzare la giustizia. Nei tribunali cadono i soffitti, i bagni perdono, non funzionano gli ascensori, ci sono problemi di sicurezza agli ingressi. Fino al caso limite di Bari dove si sono fatte le udienze sotto le tende».