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 2018  novembre 04 Domenica calendario

Berluspubblica

Quando, non bastando i De Benedetti, si ritrovarono come editore pure gli Agnelli, i colleghi e soprattutto i lettori di Repubblica e dell’Espresso ci mossero a sentimenti di umana solidarietà. Poi l’altroieri abbiamo letto il commento furibondo di Stefano Cappellini (gemello di quello di Mattia Feltri sulla sorella Stampa) contro la norma Bonafede che blocca la prescrizione alla sentenza di primo grado: “giustizia ancora più lenta e senza garanzie”, “calpestati i fondamenti di uno Stato di diritto degno di chiamarsi tale”, “giustizialismo”, “sentenza mediatica”, “peggioramento dello stato delle cose”, “barbarie giuridica”, “tribunali dell’Inquisizione”. E abbiamo immaginato la reazione dei colleghi e soprattutto dei lettori, che avranno controllato più volte la testata del giornale che avevano in mano: vedi mai che l’edicolante, per sbaglio, gli avesse rifilato una copia de il Giornale, o del Foglio, o di Libero, che la prescrizione l’han sempre descritta come una manna dal cielo da rendere obbligatoria per legge. Invece no, era proprio Repubblica: quella che fino all’altroieri tuonava contro lo scempio della prescrizione e ne invocava la morte violenta: facendola decorrere da quando il reato viene scoperto (non da quando viene commesso) e spirare alla prima sentenza, o al rinvio a giudizio, o addirittura alla richiesta del pm. Come nei Paesi civili.
Digitate su Google le parole chiave Repubblica/Espresso, prescrizione, colpo di spugna, impunità, vergogna, allarme, choc, e troverete vagonate di tonitruanti editoriali, allarmate interviste e sdegnate inchieste su quest’amnistia selettiva per colpevoli ricchi e potenti, che salvò dalla galera quasi tutti i ladroni di Tangentopoli e poi, con l’ulteriore riduzione dei termini dell’ex Cirielli, anche B. (otto volte!) & C. Vesti stracciate per “il milione e mezzo di processi estinti in dieci anni”, perché “la Corte europea ci condanna: ‘Mini prescrizioni aiuto agli evasori’” e applausi scroscianti al Pd che prometteva (senza mantenere) di arrestare l’“inverno dei diritti” con “130 mila processi penali in fumo ogni anno”. Cos’è cambiato? Che ora la riforma sempre invocata da Repubblica la fanno i 5Stelle. Quindi dev’essere sbagliata per forza. Anzi: “giustizialista”, “barbara”, “inquisitoria” (Cappellini), roba da “oranghi” e “bifolchi del diritto”, da “codice di Hammurabi”, da “Stato tiranno” (Feltri jr.). B. non saprebbe dire meglio e si spera che non chieda il copyright agli ex nemici giurati. Intanto il suo degno compare Salvini si mette di traverso, con tanti saluti alle vittime dei reati a lui tanto care (a chiacchiere).
E la sua ministra Giulia Bongiorno dice che lo stop alla prescrizione sarebbe “una bomba atomica sul processo” perché – tenetevi forte – “la prescrizione ha un’etica e non si può tenere in ostaggio un imputato tutta la vita”. L’etica della prescrizione funziona così: uno stupra una bambina, o incassa una mazzetta, o truffa un cliente, o rapina una gioielleria, o ammazza decine di persone con l’amianto o altre sostanze inquinanti, o tresca con la mafia. Poi approfitta della lunghezza dei processi (nell’unico Paese al mondo dove per chiuderli ci vogliono almeno tre sentenze, tutte “in nome del popolo italiano”, dal che si deduce che l’Italia ha tre diversi popoli), a cui spesso contribuiscono i suoi onorevoli avvocati con ricusazioni, istanze di astensione e rimessione, legittimi impedimenti e altri cavilli da azzeccagarbugli e, quando scatta la prescrizione, comincia a strillare che è stato assolto, dunque era innocente, dunque l’hanno perseguitato, dunque chiede i danni. O manda in giro il suo onorevole avvocato: tipo la Bongiorno, che strillò “assolto! assolto!” quando Andreotti fu prescritto per il “reato commesso” di mafia fino al 1980.
Ora, per carità, che a difendere l’“etica della prescrizione” sia la lobby degli avvocati, nulla di strano: siccome sono 180 mila, sei volte quelli di tutta la Francia, la prescrizione è un ottimo rimedio alla disoccupazione. Idem per i padroni dei giornaloni: molti di loro, senza Santa Prescrizione, non farebbero gli editori, ma i galeotti. Ma c’è un limite persino alle frottole: tipo che la prescrizione è una “garanzia” processuale e che bloccarla allunga vieppiù i processi di cui la Costituzione garantisce la “ragionevole durata”. In realtà la prescrizione non è la conseguenza, ma una delle prime cause della lunghezza dei processi. Il processo accusatorio, importato nel 1990 in Italia dai Paesi anglosassoni, è tutto orale e dunque lunghissimo (specie se non si mettono filtri e freni alle impugnazioni, come in Usa e Gran Bretagna, dove i ricorsi accolti sono rarissimi). Il sistema può reggere solo se l’80-90% degli imputati – quelli colpevoli – patteggiano o rinunciano al dibattimento per essere giudicati in abbreviato, in cambio di sconti di pena. In Italia lo fanno solo i fessi: chi sceglie il dibattimento e i tre gradi di giudizio non rischia nulla (nemmeno un aumento della pena) e quasi sempre incassa la prescrizione. Cancellandola almeno dopo il primo grado (ma sarebbe molto meglio dopo il rinvio a giudizio), nessun colpevole avrà più interesse a tirarla in lungo, salvo che sia un masochista e voglia pagarsi altri 4 o 5 anni di parcelle per essere condannato comunque. Così i dibattimenti diventerebbero un’eccezione e i riti alternativi la regola. E i processi durerebbero tutti molto meno. Per la gioia degli innocenti e delle vittime, che avrebbero giustizia in tempi ragionevoli. Quello che lorsignori fingono di non sapere è che la prescrizione riguarda i colpevoli. Gli innocenti non hanno nulla da prescrivere: infatti vengono assolti. Abbiamo passato 25 anni a spiegarlo (invano) ai berlusconiani. Mai avremmo immaginato di doverlo spiegare un giorno ai repubblichini.