Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  novembre 04 Domenica calendario

Senza prescrizione 30mila processi rischiano di trascinarsi senza limiti

I numeri al momento sono incerti perché la cancellazione della prescrizione – nuova norma bandiera del governo gialloverde – varrà per i reati che saranno commessi dopo la sua approvazione. Ma chi vive in tribunale guarda con preoccupazione all’effetto che avrà la riforma, soprattutto perché rischia di tenere gli imputati impigliati nei processi per tempi enormemente lunghi. Il presidente delle camere penali, Giandomenico Caiazza, difende l’allarme lanciato dal ministro Giulia Bongiorno: «Anche se l’impatto riguarda il 20% dei procedimenti giudiziari, penso anche io che la riforma della prescrizione sia una bomba perché modificherà radicalmente l’atteggiamento delle corti d’Appello che non avranno più alcun buon motivo per fissare rapidamente le udienze, condannando colpevoli e innocenti ad un’attesa infinita e indefinita». Se il trend rimarrà quello recente, circa 30 mila processi oggi condannati a morte certa si trascineranno fino al terzo grado di giudizio, anche se resteranno esclusi da questa norma allunga tempi più della metà di quelli che si prescrivono oggi. Ovvero, dice il calcolo spannometrico, il tra il 70% e l’80% continuerà ad essere cancellato dalla prescrizione entro il primo grado di giudizio e, soprattutto, nel corso delle indagini preliminari. Quel 20 o 30% di processi in più invece, rischia di vagare per i tribunali senza una destinazione per tempi ipoteticamente quasi infiniti.
I PROCEDIMENTI RESUSCITATI
Il primo numero da tenere in conto è quello che riguarda i procedimenti che attualmente si bloccano quando la clessidra smette di funzionare. Numeri davvero aggiornati agli ultimi anni non ce ne sono, i più recenti sono del 2016 (ma il ministero della Giustizia ha smesso di pubblicare i dati on line anche prima, nel 2013). Nel 2016, appunto, le prescrizioni maturate in Appello e Cassazione, sono state 26.926, meno del 20% del totale che arriva invece a 145.637. Il dato è variato, ma mai di molto, negli ultimi anni: procedimenti cancellati sono stati 126.865 nel 2015. E il trend è più o meno analogo anche negli anni precedenti. Nel 2013, ad esempio, si sono prescritti 123.249 procedimenti ma la stragrande maggioranza è stata cancellata prima che fosse pronunciata la sentenza di primo grado: 6.406 dall’ufficio gip/gup, 20.841 dal tribunale ordinario, 68.183 durante le indagini preliminari, ai quali vanno aggiunti altri 4.009 spinti fuori dal registro degli indagati persino prima che al reato venisse associato un possibile autore. 

I RITARDI A ROMA
A riprova che il problema della prescrizione dei reati riguarda soprattutto l’organizzazione dei principali tribunali d’Italia, e che proprio per questo la norma allunga processi rischia di aggravare una situazione già molto critica, sono significativi i numeri della corte di Appello di Roma. Come ha sottolineato il presidente Panzani, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2018, a Roma, tra il 1 luglio 2016 e il 30 giugno 2017 la corte di Appello ha pronunciato 3.483 sentenze di prescrizione, circa il 33% del totale delle decisioni prese. Un dato in miglioramento rispetto all’anno precedente, quando le prescrizioni erano state 3.979, il 38% del totale, quindi ben sopra la media nazionale (che nel calcolo include anche la Cassazione). Il paradosso è che proprio nel tribunale di Roma – la corte di Appello copre l’intera regione, ma la capitale è il tribunale largamente più grande – nel 2016, nel corso del processo di primo grado si prescrivevano il 2,5% dei reati discussi davanti a tribunali collegiali e il 12% dei monocratici. A gennaio, il presidente della corte di appello di Roma, Luciano Panzani, aveva fatto una radiografia chiara delle cause della prescrizione: «Cinque corti in Italia, cioè Roma, Napoli, Bologna, Torino e Firenze da sole fanno il 50% dell’arretrato di tutte le corti d’appello. Perché hanno organici inadeguati, il ministero chiama a ricoprire incarichi fuori ruolo senza guardare a cosa stanno facendo quei magistrati, i magistrati di appello hanno incarichi che li esonerano dal lavoro giudiziario e il personale amministrativo è incaricato di numerosi adempimenti che non hanno a che fare con l’attività giurisdizionale».