il Giornale, 3 novembre 2018
Morto il vero Super Mario dei videogiochi
A volte le leggende nascono per caso, come in una specie di Sliding doors. Un incrocio qualunque, un viso anonimo, un fatto marginale e tutto cambia. Come successe a Vicky Dogan, pin up di trascurabile popolarità negli anni Cinquanta, poi sparita nel nulla. Ispirò nientemeno che Jessica Rabbit, «non sono cattiva è che mi disegnano così»: diventò eterna anche se non la conosce nessuno. Era famosa per la schiena pazzesca, gli abiti scollati sul retro e il ciuffo rosso sulla fronte. O il wrestler e rugbista francese, Maurice Tillet, campione del mondo dei pesi massimi negli anni Quaranta, morto appena cinquantenne, che altri non era che Shrek fatto persona. Aveva un’acromegalia che gli deformava le ossa del cranio, ma un sorriso simpatico e accattivante. Lo disegnarono con la sua faccia. Il bello del brutto. O ancora Helen Clare Schroeder, sposata Kane, stella del vaudeville che diede forma e forme a Betty Boop, icona di cartone della Grande Depressione. Per essere riconosciuta come madre del cartoon fece persino causa.
Ora a trovare popolarità per un attimo per poi andarsene per sempre è Mario Segale, 84 anni, imprenditore immobiliare, nato a Seattle, nello Stato di Washington, figlio unico di contadini immigrati italiani di prima generazione. Aveva quattro figli e nove nipoti. Uno qualunque insomma, uno di noi. Se non fosse che quest’omino che le rare immagini ci consegnano con gli occhialini e pettinatissimo altri non è che «Super Mario», l’eroe con i baffoni del videogame, il piccolo idraulico di origini italiane (pure lui...) protagonista di più di cento d videogame: tecno icona da oltre 40 milioni di copie, uno dei videogiochi più venduti di tutti i tempi. Tutto perché negli anni Ottanta, quando si dice Sliding doors, affittò un deposito a Nintendo of America, che decise, non si sa perchè ma va bene così, di intitolargli la star del suo nuovo videogioco. Inizialmente il nome doveva essere «Jumpman», cioè «Uomo che salta», poi i giapponesi decisero di umanizzarlo e di chiamarlo Mario. Come uno di noi, appunto.
Segale, che è scomparso il 27 ottobre, ma la famiglia lo ha comunicato solo ieri, ha sempre preferito il profilo basso: voleva essere ricordato, dice il suo necrologio, solo per ciò che aveva fatto nella vita. Rilasciò solo un’intervista venticinque anni fa al Seattle Times, per dire che da Super Mario stava ancora aspettando di ricevere le royalties. Scherzava anche se in 32 anni i giochi venduti sono stati 325 milioni, di cui 40 di Super Mario Bros. Numeri che sembravano irraggiungibili. Ma Super Mario diceva: «Tutto è possibile, Mario, devi solo crederci...» E non parlava di Balotelli.