la Repubblica, 3 novembre 2018
Il senso del Coyote per la community
Ha il medesimo nome del Canis latrans, il lupo delle praterie, e in effetti qualcosa in comune con lui ce l’ha: sta di guardia e ulula. Si tratta di un’evoluzione del navigatore. Coyote fornisce all’automobilista informazioni sulla presenza di autovelox fissi o mobili, di autocivette e tutor lungo le autostrade. Come? Sono gli automobilisti stessi a farlo. Si acquista l’apparecchio – si va dal modello più semplice, costo 114,99 euro, a quello più complesso, costo 349,99 euro – poi ci si abbona – 12 euro al mese –, quindi ci si connette. Le informazioni arrivano subito, ma è il guidatore stesso che le fornisce: autovelox, macchine ferme, incidenti, corsie inagibili, strade sconnesse o chiuse. Coyote è dotato di un algoritmo che invia in tempo reale a tutti i veicoli collegati le informazioni affidabili ricevute dai singoli automobilisti. Ci sono nel programma più di quaranta allerte divise in tre categorie. Rosso: per il rilevamento degli eccessi di velocità e la presenza di telecamere. Arancione: restringimenti di carreggiate, veicoli che procedono contromano, fondo scivoloso, condizione meteorologiche in peggioramento. Verde: ricordare al guidatore di controllare i pneumatici, mantenere la distanza di sicurezza, prevenire colpi di sonno e fare soste dopo due ore di guida. Una forma di tutoraggio che oggi sembra estendersi a tutti i livelli della nostra esistenza pratica. Abbiamo bisogno di assistenti in tante situazioni, e Coyote è quello che ci accompagna in automobile. Nella pubblicità lo slogan chiave è: «Guidi sicuro ed eviti le multe». Nel sito che lo presenta questo aspetto è ben evidenziato; del resto, le multe sono uno degli incubi degli automobilisti, una punizione sentita come ingiusta dalla maggior parte dei guidatori. Coyote ha una prerogativa.Si fonda su una community, ovvero sugli utenti che forniscono di continuo notizie. Una specie di gioco.
Nel 2016 Coyote riceveva circa tredici segnalazioni al secondo, un numero che in due anni dovrebbe essere molto aumentato. La parola community è stata molto in voga nel web, sostituendo la più tradizionale e desueta comunità. L’idea che sottende questo apparecchio elettronico è la medesima dei Big Data, le informazioni che i grandi operatori del web ottengono attraverso la massa d’indicazioni raccolte ogni giorno sulle nostre attività on line, e che poi gestiscono per loro scopi commerciali. Qui però la collaborazione non è involontaria, bensì volontaria. Si fonda su quelle che erano un tempo le notizie fornite dai viaggiatori attraverso il passaparola. La parola si è trasformata oggi in un algoritmo; chi l’ha creato, non solo conta sulla nostra collaborazione volontaria, ma anche sul nostro contributo economico. Il servizio si paga, anche se poi lo forniamo noi.