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Per Ettore Scola, che l’ha diretta in Romanzo di un giovane povero, aveva «una faccia da Vogue». Sul set le diede un consiglio prezioso: togliere tutte le impalcature. Isabella Ferrari ha sempre una bellissima faccia da Vogue, con una segreta malinconia nello sguardo, e ha eliminato le sovrastrutture. Due anni ferma per la malattia («Ma non ne voglio parlare, nella vita si cade e ci si rialza»), è tornata da protagonista: Euforia di Valeria Golino, In viaggio con Adele di Alessandro Capitani. Ha girato Cosa fai a Capodanno?, in uscita il 15 novembre, che segna il debutto alla regia di Filippo Bologna; è la mamma di una prostituta adolescente in Baby di Andrea De Sica (dal 30 novembre su Netflix).
Si appassiona quando parla dei tre figli, di Nina che a vent’anni ha regalato a tutta la famiglia thermos speciali «perché la plastica sta uccidendo il pianeta. Vedo un disastro politico ma di una cosa sono certa: i giovani salveranno il mondo, abbiamo bisogno del loro entusiasmo.
Dobbiamo stare dalla loro parte».
Tanti ruoli di mamme, poi per Valeria Golino in Euforia è una moglie abbandonata.
«Euforia è un miracolo di talento e poesia, un film molto curato eppure libero, sta incassando bene e mi rende orgogliosa. Avrei fatto qualunque cosa con Valeria, mi ha filmato per tutta la vita, in qualsiasi situazione. A casa, a Los Angeles, disperata, in lacrime appena lasciata dal fidanzato. Ha fatto film su film, se li tirasse fuori sarei spacciata».
Girando Baby che riflessioni ha fatto?
«Quella storia mi ha scioccato, è accaduta nel quartiere dove vivo.
Noi madri non possiamo incolparci, io ad esempio esercito il controllo ma so di non poter controllare tutto. È scioccante per questo, perché fino in fondo non conosciamo la vita dei nostri figli».
Che madre è?
«Apprensiva e sorella, non ho la forza di essere severa. Mia madre è stata severa e ha preteso molto da me, voleva che realizzassi i suoi sogni. Vengo da una famiglia matriarcale. Due partite, lo spettacolo di Cristina Comencini, fotografava bene i rapporti. Molti nodi te li porti dietro».
È legata a sua madre?
«Molto. Ora vive a Sanremo, vado spesso a trovarla. Non mi dispiacerebbe fare una puntatina al Festival, sarebbe un altro (suo) sogno realizzato».
Come vede i ruoli che ha interpretato?
«Ho rappresentato una donna contemporanea, non moderna, con tutte le miserie, i dolori, la bellezza. Ora che faccio sempre più spesso la madre mi chiedo se farò di nuovo l’amante».
Sicuro. Il ruolo più complesso?
«Quello in Un giorno perfetto di Ozpetek, legato alla violenza sulle donne. Nonostante il #MeToo e i movimenti, il mio pensiero va sempre lì, alle mura domestiche dove non arriva la voce delle attrici, dove non c’è la possibilità di urlare. Le donne subiscono la violenza e in molti casi non denunciano. Diciamolo una volta per tutte. Ho firmato la lettera di Dissenso comune perché cambi la legge, #MeToo è una pagina di storia e le mie figlie vivranno più tranquille. Gli Harvey Weinstein faranno sempre più attenzione a mettere una manina sulla testa».
Le è capitato?
«Non ho avuto il coraggio di denunciare. Non è vero che “se non vuoi che succeda, non succede”. La donna vuole il rispetto del corpo e della propria intelligenza: gli uomini di potere abusano della posizione. Bisogna educare i maschi a essere sensibili».
Si è pentita di non aver denunciato?
«Quando Asia l’ha fatto, ho pensato: ha un coraggio che non ho avuto. Non mi sono pentita, vent’anni fa non ce l’ho fatta».
Ha avuto successo subito con Sapore di mare, ma dopo i film scelse Distretto di polizia.
«Nell’83 ero solo me stessa, un regista sensibile come Carlo Vanzina mi guidò senza forzature. La tv fu una scoperta: il personaggio di Irene Scalise era fantastico, ci ho messo tanto di me, ha aiutato la mia autostima. Ho imparato sul set, in quel periodo mi sentivo forte. Era tv di qualità, riuniva le famiglie, oggi siamo dispersi nelle piattaforme».
Il rapporto con i registi?
«La mia scuola. Dino Risi mi sgridava, con Scola ero incintissima, coi capelli corti rossi. Sentivo di dover togliere qualcosa di patinato. Scola era ironico, mi faceva sentire un po’ sbagliata, desiderosa di cercare la verità. Con lui vinsi la Coppa Volpi. Sono stata felice di girare Caos calmo con Nanni Moretti, il caos per niente calmo vissuto dopo mi ha toccato fino a un certo punto».
Sorrentino l’ha disegnata chic.
«Paolo è un regista di grandi visioni. Mi ha voluto per interpretare una donna che alla domanda: "Lei cosa fa nella vita?", risponde: "Io sono ricca"».
Come sceglie?
«Un ruolo mi deve incuriosire. In Cosa fai a Capodanno? sono una gallerista radical chic che ritrova la sensualità grazie a un funghetto. Con varie coppie, per cambiare, decidiamo di fare un’orgia a Capodanno. Filippo Bologna ha uno sguardo ironico, attraverso il sesso svela la società».
Le piace la commedia?
(Ride) «Molto. Mi piace ridere e far ridere. Ma è difficile, sempre per la faccia da Vogue. Troppo intensa pare».