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 2018  novembre 03 Sabato calendario

Molestie sessuali e ricatti, l’intrigo di Confcommercio

La più grande associazione italiana di imprese e lavoratori autonomi travolta dai veleni, dalle accuse incrociate, dai dossier che gettano fango sui vertici e dalle denunce penali con le quali i vertici respingono le accuse. Da quasi cinque mesi, la vita di Confcommercio, che raggruppa oltre 700mila realtà imprenditoriali in Italia, è attraversata da una guerra intestina, dichiarata il 7 giugno scorso a Roma, nel corso dell’assemblea generale. Che ha avuto come obiettivo e bersaglio il suo leader, Carlo Sangalli, 81 anni, da dodici al vertice dell’associazione di categoria. E che ora è approdata in procura, a Milano, con un fascicolo aperto per valutare l’esposto del presidente, che si considera «parte offesa per gravissime condotte di estorsione e diffamazione». Sullo sfondo, accuse di presunte molestie a una ex segretaria, al suo fianco fino al 2012, e anche le tensioni legate alla gestione di ricche partite economiche legate al welfare integrativo degli associati. Il guanto di sfida è stato lanciato da tre dei sette vicepresidenti di categoria, che accusano il presidente di «incompatibilità» con la carica che ricopre per «ragioni etico-morali», e al quale chiedono dimissioni immediate.
Accuse respinte con decisione ieri da Sangalli. «Il presidente esclude categoricamente di aver mai mancato di rispetto a nessuno dei suoi collaboratori nel 2011, come in ogni giorno di tutta la sua carriera – si legge in una nota rilasciata da Confcommercio –. Già dalle prime ore del mattino, in tanti hanno ritenuto di inviare messaggi di solidarietà, confermando la fiducia nell’uomo costruita con oltre sessanta anni di lavoro. In questo lungo periodo non vi sono mai state ombre o macchie nella reputazione. Dunque, accuse infamanti o illazioni, anche e soprattutto se provenienti da soggetti con una storia ben diversa, saranno oggetto di querela immediata».
Confcommercio parla di «una lunga e ben orchestrata sequenza di episodi, di minacce e lettere anonime, una vera e propria violenza psicologica che ha profondamente segnato il presidente». Dietro la quale, ci sarebbe «una precisa regia, che contesta comportamenti scorretti tra i più infamanti riferiti al 2011, contro cui non vi sarebbe stata alcuna possibilità di difesa». Per questo Sangalli ammette di aver pagato, «pur non avendo alcuna colpa», una somma di 216mila euro alla sua ex collaboratrice, davanti a un notaio romano. Ma il denaro non è bastato a riportare serenità in Confcommercio. «Con pervicacia sono state richieste a più riprese le dimissioni con toni minacciosi, allusivi e nei contesti più inopportuni. Solo di recente, dopo una lunga e complessa attività di ricerca, si è scoperta la reale natura delle richieste estorsive e si è avuta prova degli accordi e delle responsabilità dei singoli», prosegue la nota. Il presidente Sangalli parlerà in Consiglio il 14 novembre.
La questione è esplosa lo scorso giugno. Ad accusare il leader, una lettera inviata da Maria Luisa Coppa, Renato Borghi e Paolo Uggé, i tre vice che ne chiedono le dimissioni. «Perché un presidente che ogni anno decide di fare la giornata della legalità e invita tutti gli iscritti a denunciare ricatti ed estorsioni, messo poi di fronte ad un ipotetico ricatto, paga?», si chiede uno degli oppositori interni più critici.
A innalzare la tensione, anche il recente licenziamento di Francesco Rivolta, direttore generale che era presente al momento della firma della donazione alla ex segretaria. «Rinnovamento delle funzioni direttive», si legge nell’ordine di servizio con cui il manager è stato allontanato. Ma che il provvedimento sia legato ai veleni di questi giorni, in Confcommercio è una certezza.