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 2018  novembre 03 Sabato calendario

Jeans tinti con foglie e calze in fibra di ananas

«Made on Earth with love», recita la maglietta che inalbera ultimamente Alberta Ferretti. Un manifesto del crescente impegno ambientalista di cui si parla sempre di più anche nel mondo della moda, man mano che aumenta, a livelli preoccupanti, l’inquinamento. I congressi sul tema si moltiplicano: l’ultimo - Textile Exchange Sustainability - si è concluso nei giorni scorsi a Milano con la partecipazione di grandi gruppi internazionali: da H&M al colosso francese Kering. 
L’eco ha un prezzo alto
Allarga le braccia Mario Boselli, ex presidente della Camera Nazionale della Moda e capostipite della Boselli Jersey. 
«Mio figlio Federico - racconta - ha provato a fare una linea eco con scarsi risultati. La gente non è disposta a pagare di più per inquinare meno». Purtroppo, in tempi di crisi, pure la salute deve fare i conti col portafogli. 
I Millennials e l’ambiente
La sensibilità sul tema tra le nuove generazioni aumenta, ma ancora lentamente: «Solo il 13% dei Millennials è disponibile a pagare il 5% in più per un vestito sostenibile. La percentuale, incoraggiante, sale al 22% nella generazione successiva, la cosiddetta Z». Così recitano i dati del report di PWC Italia durante il Milano Fashion Global Summit 2018. 
Gli antefatti
Tanto basta a spiegare perché già negli Anni 90 non sono decollati progetti all’avanguardia come Save the Nature di Moschino. Anche lo studio pionieristico di Kean Etro sulla moda biologica non ha avuto un seguito. Sicché, sono ancora pochi gli stilisti che esplorano di fatto questa nuova frontiera. Mentre gruppi dell’arredamento, vedi Ikea, stanno già mettendo in produzione le cucine con ante in plastica riciclata dalle bottiglie. 
Non «cosa» ma «come» si fa
«Del resto - stigmatizza Boselli - per un prodotto realmente ecocompatibile bisogna controllare tutta la filiera produttiva. È inutile riciclare un tessuto, se lo stesso contiene dall’origine fibre eco-incompatibili». «Lo slogan non è più “cosa contiene” ma “come è fatto”» ha puntualizzato Silvia Tarocchi all’ultimo congresso di Detox CID/Green Peace . 
Pensando al bene del pianeta
Tra i pochi attivisti della categoria moda Stella McCartney, che ha bandito i prodotti «senza cuore»: più sul fronte animalista che ambientalista. Vivienne Westwood, invece, è stata tra le prime a prendere posizione per il pianeta. Se dal 2010 produce le Ethical Africa Bags 10, borse assemblate da artigiane di Nairobi con materiali riciclati, nel 2015 ha lanciato un allarme per la salvezza dei ghiacciai, con la linea «Save the Arctic». Da quest’anno invece è partita «Quid», una capsule in collaborazione con Progetto Quid, nato in Italia per realizzare fasce da capelli con le rimanenze di seta. Mentre nella nuova collezione di Lady Viv figurano cappotti di lana non tinta. 
I colori «black»
I coloranti, specialmente quelli dei jeans, sono i principali imputati nella black list di Green Peace degli 11 ingredienti da eliminare entro il 2020. (Sorprendentemente, al primo posto figurano APS/APES: componenti dei detergenti, compreso lo shampoo, rei di far cambiare sesso ai pesci). Così, a Torino, nella rassegna «Dreamers» - sintonizzata sull’argomento eco a 360 gradi (di scena in questi giorni con nuovi talenti ) - riscuote molto successo la collezione in eco denim di Tiziano Guardini. 
L’oasi del cashmere
Non c’è da stupirsi, dunque che molte collezioni eco nascano da progetti che partono a monte della filiera. Zegna, «ossigenato» dalla sua Oasi a Trivero, lancia la linea Oasi Zegna di giacche, maglie e accessori maschili, tinti con pigmenti naturali, erbe, legni, foglie e radici, con un processo naturale della Lanerie del gruppo. Indagando tra le produzioni realmente eco, si scoprono eccellenze come il lino Astino. Tra gli altri l’ha utilizzato Bresciani, che per le sue calze aveva già sperimentato la fibra di ananas. Il tessuto è frutto di un podere vallombrosiano nel Bergamasco. Si ottiene soltanto da un ettaro di terreno.
Come dire? Un indumento ecologico è un’eccellenza locale come le lenticchie di Castelluccio? «È il nuovo lusso», tende a dimostrare il volume Fashion Change edito da Connecting Cultures. Intanto nelle tasche c’è il nuovo portafogli «Geppetto» in fibra di legno di Kazed: azienda di Tolentino.
Il seme e l’albero
In questo scenario, a cosa è servito il Green Carpet Award che alle ultime sfilate di Milano ha celebrato l’ecosostenibilità? «È un buon inizio per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche di un processo lungo e non facile - riflette Alberta Ferretti -. Ma se non iniziamo a fare qualcosa, non arriveremo a niente». «Per fare l’albero – cantava Sergio Endrigo – ci vuole il seme».