il Giornale, 1 novembre 2018
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Biografia di Sardar Vallabhbhai Jhaverbhai Patel e della statua più alta del mondo che gli è stata dedicata
Sardar Vallabhbhai Jhaverbhai Patel (Nadiad, 31 ottobre 1875 Mumbai, 15 dicembre 1950), «è stato – spiega Wikipedia – un politico indiano, che giocò un ruolo di primo piano nel movimento indipendentista e nell’unificazione politica del paese». Insomma, una specie di via di mezzo tra Umberto Bossi (fronte «indipendentista») e Giuseppe Garibaldi (fronte «unificazionista»). Con la differenza che Patel, oggi, è sicuramente il più «grande» di tutti gli statisti e politici del mondo. Non a caso in India gli hanno dedicato la statua più grande del mondo: una «cosuccia» da appena 182 metri (due volte più alta della Statua della Libertà a New York), 70.000 tonnellate di cemento, 24.500 di acciaio e 1.700 di bronzo.
Il «gigante» si chiama Statua dell’Unità e svetta da una piana del Gujarat (nel distretto di Narmada, sull’isoletta di Sadhu Bet): ieri per l’inaugurazione c’era il primo ministro indiano Narendra Modi che sogna anche lui, un giorno, di essere indicato ai posteri col termine sardar (che significa capo in tutte le lingue indiane).
Ma chi fu il vero Sardar Vallabhbhai Jhaverbhai Patel, capostipite di tutti i possibili sardar futuri? L’originario Sardar «crebbe nella campagna del Gujarat e studiò da solo, svolgendo poi un tirocinio che gli permise di diventare avvocato difensore. In seguito divenne un avvocato di successo, esercitando prima nel distretto di Kheda, poi a Londra presso il Middle Temple e infine, tornato in India, ad Ahmedabad». E poi: «Presi a modello la filosofia e il lavoro del Mahatma Gandhi, Patel organizzò i contadini di Kheda, Borsad e Bardoli in una serie di proteste non violente e basate sulla disobbedienza civile contro le politiche oppressive imposte dal governo britannico dell’India. Divenne quindi uno dei leader più influenti del Gujarat e fu poi uno dei massimi dirigenti del Partito del Congresso Indiano, organizzandolo per le elezioni del 1934 e del 1937 e promosse il Quit India movement». Ecco spiegata la ratio della Statua dell’Unità che celebra in tutta la sua enormità fisica e morale lo statista che «dopo il 1947 riuscì a creare l’Unione Indiana riunificando i 562 piccoli stati preesistenti sul territorio».
L’inizio dei lavori della statua monstre fu deciso nel 2013 dallo stesso Narendra Modi (che, prima di essere promosso premier, era all’epoca primo ministro del Gujarat); Modi che per Patel nutre un’autentica venerazione: «Per me e per tutti i nazionalisti indù è un personaggio storico simbolico». Secondo Modi «se Patel fosse diventato il primo primo ministro indiano al posto di Jawaharlal Nehru la regione del Kashmir, sul cui controllo l’India ha da sempre una disputa con il Pakistan, sarebbe stata indiana da subito». Tuttavia, nonostante l’acclarata eroicità del personaggio, la popolazione locale non ha mancato di contestare (pacatamente, per carità; mica come i nostri No Tav) l’opera ciclopica costata ben 29,9 miliardi di rupie (358 milioni di euro): soldi che, secondo i No Patel, sarebbero potuti essere usati per miglior fini in un paese dove più l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Per completare la statua fa Guinnes ci sono voluti 3mila operai, 4 anni di lavoro e la collaborazione della Cina. Ma alla fine ieri, 31 ottobre (data che coincide con il 143esimo anniversario della nascita dello statista) la statua è stata inaugurata. Nel suo discorso inaugurale, il premier Narendra Modi ha affermato che la statua «è il simbolo delle capacità tecniche e ingegneristiche del Paese e che servirà ad attirare nell’area milioni di turisti e visitatori». La «Pro loco» e l’ «Ente Turistico» di Gujarat tengono a precisare che «all’altezza di 135 metri c’è una galleria per osservare dall’alto il paesaggio a 360 gradi e nel basamento è allestito un museo dedicato alla vita di Patel».
Buona visita e buon panorama.