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 2018  novembre 01 Giovedì calendario

Biografia di Pasquale Cozzolino, chef del sindaco di New York

Quando il sindaco lo fece chiamare nelle cucine, Pasquale pensò che stavolta aveva fatto qualche pasticcio. Troppo sale negli spaghetti, il sugo più piccante del solito, magari si era sbagliato sui tempi di cottura. Capita anche ai migliori chef, persino a quelli che in pochi anni si sono conquistati prime pagine sui giornali e una clientela sempre più numerosa. Il cuoco napoletano si avvicinò timidamente al tavolo da pranzo, in una delle sale più lussuose di Gracie Mansion, la residenza istituzionale del primo cittadino di New York. Accennò un timido sorriso alla moglie del sindaco, si preparò al peggio. Poi, con la coda dell’occhio, vide che il piatto di Bill de Blasio era vuoto, non aveva lasciato nemmeno una briciola: «Excellent, Pasquale. Questa parmigiana di melanzane è buonissima. Meglio di quella che faceva mia madre». Fatta. Il posto di executive chef del sindaco di New York era suo.

Pasquale Cozzolino è uno dei tanti italiani d’America che ce l’hanno fatta. Per anni ha girato il mondo cucinando per artisti in tournée (Ligabue, Vasco Rossi, Ramazzotti ma persino per U2 e Coldplay) fino a quando è approdato a New York e ha conosciuto il suo socio Rosario Procino, che ormai da molto tempo si era trasferito nella Grande Mela per occuparsi del brand Barilla. L’idea fu quella di aprire un ristorante che potesse trasformarsi in un pezzo di Napoli dall’altra parte dell’oceano. Nacque Ribalta, in Union Square, capace di fare incetta di premi fino al riconoscimento più ambito, quello di migliore pizzeria di New York City, decretato dai lettori di Time Out, il magazine più letto nella metropoli americana. Ribalta ha trovato posto nelle recensioni delPost e del New York Times. «Non c’è cosa più vicina a Napoli a New York», ha sentenziato su Forbes John Mariani, uno dei critici più famosi d’America.
Pasquale spiega che il suo segreto è cucinare come se abitasse ancora a Napoli, con le ricette tradizionali, anche di due secoli fa, rivisitate senza troppi stravolgimenti: «Se un piatto è buono — dice — perché cambiarlo? Al limite si migliora andando a cercare ingredienti doc che, ovviamente, facciamo arrivare direttamente dall’Italia». Senza dimenticare che il suo locale è anche la sede ufficiale del Napoli club di New York e la domenica si trasforma letteralmente in una appendice della Curva sud del San Paolo.
«Ho saputo che a Gracie Mansion cercavano un nuovo cuoco ufficiale. Uno che cucinasse per la famiglia del sindaco, certo, ma soprattutto per i ricevimenti e i meeting con governatori e capi di Stato che passano da New York. Sapevo che il sindaco ama l’Italia e la sua cucina, ho inviato il curriculum e mi hanno chiamato». Sembra semplice ma in realtà Pasquale ha dovuto superare la concorrenza di altri sessanta candidati. Una specie di Master-Chef all’americana durato diverse settimane. «La prova del cuoco — sorride Cozzolino — consisteva nel preparare un pranzo completo rispettando i gusti e le esigenze alimentari del sindaco. Lo staff mi ha detto che lui cerca di evitare il più possibile i carboidrati per restare in forma, magari sostituisce la pasta con il riso, preferibilmente integrale. Le sue origini italiane, però, non le ha certo dimenticate: adora la pizza, ma non più di una volta ogni due o tre settimane, va matto per zucchine e melanzane. E bisogna anche trovare il modo di accontentare la moglie che ha gusti, per così dire, più esotici. Ho avuto qualche giorno per studiare un menu e quando mi hanno chiamato ho cercato di dare il meglio di me».
La wild card, cioè il piatto a scelta dello chef, è stato spaghetti alle vongole di Manila, un must della cucina napoletana. Poi ha preparato salmone alla livornese, straccetti di manzo su un letto di rucola, insalatina di spinaci e mango, polpo spagnolo scottato, l’immancabile parmigiana e un dessert di ricotta di bufala campana. « Pare sia piaciuto tutto — racconta Cozzolino — e insomma, adesso sono l’executive chef del sindaco Bill de Blasio».
Pasquale continua a cucinare anche per il suo ristorante; è riuscito a convincere lo staff a lavorare part time facendosi sostituire di tanto in tanto da un collega di sua fiducia: «La mattina sono sempre a Gracie Mansion e quindi l’organizzazione della giornata è garantita». Certo, quando c’è da preparare un evento importante, magari con poche ore a disposizione, diventa tutto più complicato e il numero delle persone alle sue dipendenze varia a seconda degli ospiti (normalmente sono tre), ma lui è ormai abituato ai contrattempi: «Ci sono volte in cui lo staff del sindaco mi chiede di cambiare menu mezz’ora prima della cena. Magari si scopre che uno degli ospiti è intollerante a un alimento o non gradisce certi piatti. In qualche modo riusciamo ad accontentare tutti, e questo è il mio orgoglio più grande. E poi bisogna stare attenti alle porzioni: il sindaco odia lo spreco di cibo e se resta qualcosa mi chiede di " riciclare" magari per il giorno successivo». Da buon americano, de Blasio mangia più carne che pesce e qualche volta persino uno chef di grande livello può incappare nella figuraccia: «Gli cucinai delle salsicce siciliane, le trovò salatissime e rimandò indietro il piatto. Vabbè, con lui bisogna prendere le misure». Però se una cosa gli piace, la mail arriva sempre: «Mi scrive: bravo Pasqualino. Che fa un po’ sorridere visto che sono un armadio di quasi due metri. Però il sindaco è più alto di me, quindi va bene…».