la Repubblica, 1 novembre 2018
Il vento stravolge le Dolomiti, ferita la foresta degli Stradivari
Il vento ha abbattuto in poche ore più alberi di quanti ne possano tagliare tutti i boscaioli del Trentino in tre anni. «Un milione e mezzo di metri cubi di legname», hanno calcolato i tecnici dell’ufficio foreste della Provincia autonoma di Trento, che corrispondono ad altrettanti alberi, probabilmente di più, dato che si tratta di piante giovani e ancora sottili. È accaduto lunedì sera su numerosi versanti del Trentino, ma in particolare in valle di Fiemme, dove ci sono magnifiche foreste di abete rosso, il tipico albero di Natale delle Dolomiti, e nel Parco di Paneveggio, dove anche Stradivari sceglieva gli alberi migliori per i suoi violini.
Era il terzo giorno di maltempo, tra frane e fiumi grossi, quando il vento ha cominciato a soffiare con raffiche fino a 120 chilometri orari che hanno sollevato gli alberi come se fossero fiammiferi. Le piante hanno bloccato strade e torrenti, ma soprattutto hanno tranciato i cavi dell’alta tensione interrompendo la distribuzione dell’energia elettrica in varie vallate. Solo il giorno successivo, quando le nuvole si sono diradate e gli elicotteri dei vigili del fuoco si sono alzati in volo, si è compreso quanto era accaduto: «C’erano strisce di bosco, larghe fino a 200 metri, completamente rase al suolo», ha raccontato il governatore uscente del Trentino, Ugo Rossi. Ma bastava fare una passeggiata nei dintorni di Predazzo per assistere increduli allo “spettacolo” di grossi alberi rimasti appesi ai cavi delle linee elettriche come capi di biancheria stesi. Graziano Melis, finanziere in pensione, ha alzato il telefonino al cielo e ha fotografato uno di questi abeti: «Stava lassù, a dieci metri da terra, a poca distanza da una stalla. Uno spettacolo incredibile, capisco che la gente resti perplessa, ma è proprio quello che è accaduto. E non è nemmeno l’unico caso». Uno di questi alberi lunedì ha travolto un volontario della valle Badia che era uscito insieme al figlio per liberare una strada dalle piante. Una donna anziana è morta ieri mentre assisteva al taglio di un albero pericolante nel Bellunese.
Ieri mattina Lorenzo Battisti, guida alpina della valle di Fassa e gestore del rifugio Pertini, è salito a piedi sul passo Costalunga (la strada era chiusa) per fotografare dall’alto con il suo drone il lago di Carezza, al confine tra Trentino e Alto Adige: «Sembrava un paesaggio di guerra», dice per descrivere il nuovo aspetto dello scenario da cartolina conosciuto da milioni di turisti. Migliaia di alberi a terra, a poca distanza dal laghetto in cui si rispecchiano le pareti del Latemar.
L’avanzata del bosco è costante, ma nei tratti devastati ci vorranno anni perché torni com’era. Basta pensare che la quantità di piante abbattute corrisponde alla crescita complessiva dei boschi della regione di un anno e mezzo. Bruno Crosignani è il capo dell’ufficio foreste di Cavalese e di schianti ne ha visti tanti, ma così mai: «È un caso senza precedenti nella storia, se non altro perché in passato i boschi erano tagliati dall’uomo e le montagne erano “pelate”. Comunque, ciò che è accaduto lunedì ha dimensioni almeno doppie rispetto al 1966, l’anno della terribile alluvione. Per un forestale non è un bello spettacolo, cerchiamo di pensare a recuperare il legname il prima possibile anche per evitare che marcisca e si diffondano i parassiti».
Nemmeno l’immaginazione dello scrittore Dino Buzzati, che raccontò la sfida a colpi di raffiche tra i venti Matteo ed Evaristo nel Bosco Vecchio, arrivò a questi livelli. Secondo Alberto Trenti (responsabile di Meteotrentino) si è trattato di uno scontro tra masse d’aria calda (da Sud) e fredda (da Nord) con tuoni e lampi anche d’autunno. Fenomeni nuovi? «No, nuove sono energia e frequenza sempre maggiori con cui si verificano queste situazioni», dice. Mentre l’associazione ambientalista Mountain Wilderness chiede alla Provincia di Trento di sospendere la caccia: «Molti animali sono morti, altri sono rimasti intrappolati. Chiediamo una tregua, almeno per calcolare i danni subiti dalla fauna selvatica».