La Stampa, 1 novembre 2018
Se il sito porno promuove il video del rapper
Che cosa c’entra la musica con la pornografia? Non è, a occhio e a orecchio, l’unico genere cinematografico indisponibile a sacrificare i dialoghi alla colonna sonora? Il collegamento è stato creato da due rapper: prima Kanye West negli Stati Uniti e ora Salmo in Italia. Il suo nuovo lavoro, in uscita il 9 novembre, viene lanciato con un video pubblicato su Pornhub. In meno di un minuto si vede l’attrice a luci rosse Vittoria Risi nei panni di una mamma discinta che dal salotto di casa sale le scale fino alla camera del figlio, sorprendendolo davanti allo schermo di un computer, autocompiaciuto. Il ragazzo, stizzito, cita Jacques Brel: «Bisogna pur che il corpo esulti», ma con parole sue. Dopodiché, vai con la musica.
Ora, qualcosa non va, perfino per un libertario pressoché assoluto. La pornografia ha conquistato un suo spazio nell’immaginario. Svolge, talora, perfino una funzione sociale. E’ stata oggetto di interessanti riflessioni filosofiche, come quelle di Simone Regazzoni, che ha coniato il termine «pornosofia», e indagato il fenomeno come chiave di lettura di una cultura di massa di cui la considera un emblema estremo. C’è tuttavia un confine, temporale prima ancora che spaziale, in cui sussiste: dopo i 18 anni, passata la mezzanotte, oltre la soglia di un locale. Quel limite, come altri, è stato abbattuto dalla rete, che ha reso comunicanti tutti i vasi, e da tutti fruibili (superato con un clic l’avviso della prima schermata). Utilizzare una piattaforma porno per lanciare un prodotto musicale significa non solo sospingere in direzione di quell’universo pure i pochi che ne erano rimasti fuori, ma anche riconoscere a quel mezzo una superiore popolarità, diffusione, influenza. Gli strateghi della promozione sono autori di un censimento spietato delle passioni: trovano il pubblico dove sta, senza illusioni o infingimenti morali.
Proprio qui viene la domanda: dove è finito il video promozionale del rapper? Di che cosa parliamo quando parliamo di porno? I vecchi film di Moana e Cicciolina stanno all’attuale offerta della rete come «Studio Uno» al «Grande Fratello vip». Se esiste una bizzarria, qualcuno l’ha messa in scena, decine di volte, in decine di varianti e Paesi diversi, per decine di migliaia di utenti, tanto che alla fine, conti alla mano, non è più una totale stravaganza, ma una mezza consuetudine. Dove il confine valicato porta all’oscurità è nel territorio delle categorie di sesso violento. I titoli dei video sono espliciti: «Aggredita e degradata dalla gang», «Ragazzina abusata sul bus», «Sottomessa a quattro neri». Può ricordarvi qualche altro titolo, magari appena letto in una pagina di cronaca precedente. E’ venuta prima la realtà o l’immaginazione? Se ne è discusso anche per i film sulla criminalità, ma che «Il padrino» sia diverso (sia per livello artistico che per difficoltà di emulazione) da una violenza di gruppo dovrebbe essere innegabile. Per questo, tra quelle immagini, la musica stona.