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 2018  novembre 01 Giovedì calendario

Sensori e droni per difendersi dai russi: l’Estonia alza il muro anti spie al confine

Centotrentasei chilometri di telecamere a infrarossi, sensori sotterranei e subacquei, cellule fotoelettriche, droni attivati dal movimento, torrette a rilevazione di calore, posti di guardia ogni 500 metri e sottili reti a sigillare i checkpoint di frontiera. In Europa c’è un altro muro, invisibile, nascosto tra le foreste e le paludi, che si inabissa nelle acque del Narva e del Peipsi. Una barriera incorporea che, per una volta, non serve per fermare i migranti, ma per stanare le spie. È il «cyber wall» che l’Estonia, il piccolo Paese ai confini dell’Europa, sta costruendo dal 2015 per proteggersi dalla Russia e dai suoi agenti. Sarà finito nel 2020, con un conto finale di trecento milioni di euro. 
Battaglia di propaganda
Il muro invisibile è solo una delle «strategie di risposta», spiegano al ministero della Difesa, «all’aggressività del nostro vicino». La Russia, nei discorsi degli ufficiali dei servizi o tra le più alte cariche del governo viene indicata sempre così, come «il vicino» e dal 2014, dall’annessione della Crimea, è l’ossessione dei Paesi Baltici. «Se la guerra è ibrida – spiega Ivo Juurvee, direttore del programma di Sicurezza e Resilienza del Rkk/Icds (il centro estone di Difesa e sicurezza) – deve esserlo anche la risposta». I fronti su cui si combatte la «nuova guerra europea» sono quelli dell’intelligence, della propaganda, degli hacker, della manipolazione dell’opinione pubblica attraverso fake news. Da una parte la Russia di Putin, dall’altra i Paesi europei, soprattutto quelli di confine – ma «anche l’Italia è nel mirino» – a contrastare le azioni di destabilizzazione del «vicino». 
Negli ultimi 10 anni sono state 17 le spie arrestate e condannate in Estonia: 10 dell’Fsb, 5 del Gru, 2 del Svr, il servizio di intelligence internazionale russo. Sedici uomini e una donna, che aveva come copertura un import-export di biancheria intima. C’era anche il venditore di passeggini, il trafficante di formaggi (le sanzioni ne hanno bloccato le esportazioni) e un ufficiale dell’esercito che aveva deciso di passare dall’altra parte. Molti di loro avevano il compito di passare informazioni militari a Mosca, diffondere fake news nel Paese o organizzare attacchi informatici (solo quest’anno sono stati 9000). 
Anders Kahar, dei servizi segreti estoni, corrisponde allo stereotipo della spia. Nessuna espressione, poche parole, sguardo imperscrutabile. La telecamera del suo pc è oscurata, la porta usb chiusa. «Non si sa mai», dice, convinto di aver sorriso. «I Baltici sono sotto attacco, ma il nemico numero uno del nostro vicino rimangono gli Stati Uniti». Anche per questo crescono gli sforzi congiunti di Nato, Paesi Baltici e Usa per contrastare la propaganda. «Putin non sta preparando un’invasione di terra - dice Kahar -, ma crea le condizioni per poterlo fare. Non ha bisogno di invadere Paesi terzi, ma di controllarli». In quest’ottica Mosca punta a destabilizzare e radicalizzare i conflitti interni: «Fanno in modo di tenere accese le crisi, per esempio quella dei migranti, per dividere la società e poi prenderne il controllo». Non solo i migranti: secondo l’intelligence estone la mano russa si è vista, ad esempio, anche nel conflitto macedone e nelle proteste dei movimenti antitetici #blacklivesmatter a #bluelivesmatter negli Usa. Sarebbero stati finanziati entrambi dal Cremlino. 
In Estonia (1.2 milioni di abitanti), il 30% della popolazione è russo, il 70% estone, ma il 50% parla russo come lingua madre. È il terreno perfetto per piantare i semi della manipolazione, che funziona in entrambe le direzioni, ed è da una parte o dall’altra del confine, chiamata alternativamente propaganda o contro-propaganda. E non è un caso che la tv di Stato abbia creato un canale dedicato solo ai russofoni. «In Estonia le minoranze sono trattate come un problema di sicurezza nazionale», dice Kristina Kallas, direttrice dell’Università di Narva. La strategia è quella usata in Siria e Libia: puntare sulle minoranze, sulle tribù, «per dividere il Paese e intervenire come mediatore». 
Le notizie false
E così che al confine di questo piccolo Paese baltico si combatte la battaglia della narrazione occidentale contro quella russa. L’anno scorso i media di Mosca «hanno diffuso la notizia che l’Estonia stava creando un esercito di bambine per combattere contro il vicino». Ma la lista delle fake news è lunga: «Sono dei geni di verità alternative - dice Raul Rebane, analista. La tv russa trasmette i reportage sulla Germania, dove 35 mila bambini sono stati rapiti per darli ai gay, sulla Danimarca, dove è stato creato il “Centro internazionale di sesso con gli animali”, e sui Verdi tedeschi in Bundestag, appoggiati dalla “Associazione Gay, lesbo e pedofili uniti”».
Juri Luik, ministro della Difesa: «La nostra prima garanzia qui sono la Nato e il sostegno Usa. Dopo le presidenziali 2006 le interferenze non sono più lette come una nostra paranoia: si è capito che le armi usate dalla Russia in Europa sono due». Le armi «vere», gli Iskander schierati a Kaliningrad, e la propaganda. Ma, dice il ministro, «non stiamo con le mani in mano». Alla fabbrica dei Troll si combatte con il centro Nato sulla cyber sicurezza, alle esercitazioni militari si ribatte con altre esercitazioni altrettanto massicce. La paura atavica per un Paese dominato dai sovietici dal ’44 al ’91 è in fondo sempre la stessa: «E’ la paura che fa pensare agli estoni che, se ripartono i treni per la Siberia - dice Hannes Hanso, presidente della Commissione Difesa - noi saremo nei primi vagoni».