La Stampa, 1 novembre 2018
Le banche svizzere tornano di moda
«Da due settimane è un andirivieni di italiani». Dieci al giorno? «Anche di più. Mi chiamano perfino da Catania...». Dietro lo sportello di Banca Migros, a metà di corso San Gottardo, la via che dalla dogana di Ponte Chiasso, Como, porta al centro di Chiasso, in Svizzera, la ragazza in tailleur grigio non si scompone. «Venite tutti per lo stesso motivo, i problemi in Italia. Lei che cifra vorrebbe portare qui da noi?». E qui casca l’asino.
Nella prova sul campo da risparmiatori in fuga dall’Italia del super spread e dell’euroscetticismo, il primo ostacolo è questo. Se hai in mente una cifra bassa, tipo 20-30 mila euro, cala il gelo. «Aprire un conto qui da noi non avrebbe senso - dice però l’impiegata di Migros -. Per un conto senza interessi pagherebbe 5 franchi al mese, 5 franchi per ogni operazione col bancomat: ci perderebbe. E poi richiediamo un versamento da almeno 50 mila euro...».
Piede in due scarpe
Poco distante c’è La Posta, che si candida a diventare la cassaforte elvetica anche per chi non è Zio Paperone. «Per le banche 20-30 mila euro non sono allettanti, noi invece facciamo massa». E allora, dice il consulente postale, si può fare così: «La mia proposta è quella di tenere il piede in due scarpe con un conto di risparmio in euro e un altro in franchi svizzeri. Potrà controllare entrambi da un unico accesso online». Il funzionamento è semplice: basta un bonifico dall’Italia verso il conto svizzero in euro. Se poi si teme per le sorti della moneta unica, «in qualunque momento può decidere di girare tutto sul conto in franchi». Costo: zero per avere due iban diversi. Rendimento, minimo: 0,05% annuo. «Lo consideri un maialino salvadanaio, che lei mette in un posto più tranquillo, la Svizzera...».
E se arriva la patrimoniale? «Bella domanda, non so fino a che punto faranno qualcosa. È una cosa molto più grossa di me e lei, ma all’estero non è mai capitato un prelievo forzato». Mezzo chilometro più avanti, al primo piano di piazza Boffalora, il consulente di Banca del Sempione, è più netto: «Nella eventuale patrimoniale ci casca lo stesso perché rientra nei clienti italiani con patrimoni all’estero». Però, aggiunge, «prima che l’Italia possa prelevare i fondi dai clienti italiani coi soldi qui, dobbiamo dare l’ok anche noi». Spiega che la processione verso la Svizzera è cominciata dopo i titoloni dei giornali italiani sulla «fuga di capitali» e dopo l’ipotesi (tedesca) di una patrimoniale per trasformare il 20% dei risparmi in titoli di Stato. «La gente è spaventata, noi siamo bombardati. Nelle ultime due settimane ho aperto due o tre conti al giorno. Arrivano dalla Sicilia, dalla Puglia, da Napoli». Per procedere in Banca del Sempione richiedono un versamento minimo di 50 mila euro. Il conto corrente costa 40 franchi l’anno «più il bollo cantonale da 10 franchi che pagano tutti i conti svizzeri».
Il bonifico verso una banca italiana costa 20 franchi. La certificazione fiscale per essere in regola con Roma costa 200 franchi l’anno, «100 quando comincerà anche a fare investimenti con noi». Chi invece non pone condizioni è Ubs. Entrarvi è come fare ingresso in una spa: musica leggera in sottofondo, pietre per terra, fotografie alle pareti. Poche battute e siamo in una saletta riservata al primo piano. I 30 franchi al mese di tassa di deposito scompaiono se si investono più di 50 mila euro e c’è un conto risparmio a zero spese se non si prelevano più di 30mila euro all’anno o di più con un preavviso di 3 mesi.
Concorrenza alle italiane
«Dopo la caduta del segreto bancario vogliamo essere concorrenziali sulle tariffe rispetto alle banche italiane», rivela il consulente di Ubs. Il conto qui a Chiasso? Si può aprire, «ma non vediamo rischi reali per l’Italia e per l’euro, tanto che come valuta suggeriamo di non cambiare il conto in franchi». Magari il patrimonio in Svizzera verrebbe gestito meglio? «Anche certe banche italiane sono ottime, dipende dai prodotti finanziari». Uno sprazzo di ottimismo sull’Italia, almeno fin che non si entra in Credit Suisse. In pochi minuti siamo al quarto piano, a colloquio addirittura con un vicepresidente dedicato ai clienti privati. È bastato assicurare di essere pronti a versare 500 mila euro, di cui 250 mila da investire. L’entrata minima. «I prodotti che offriamo qui sono più personalizzati di quelli italiani». E il rischio euro? «Abbiamo contatti frequenti col vostro governo e con Bankitalia. Il vero rischio è la tenuta delle banche italiane, che per i troppi titoli di Stato in pancia possono andare in crisi di liquidità e bloccare i conti. La spia è stata lo scontro frontale del governo con l’Ue, se non si torna a una trattativa lo scenario diventa preoccupante e allora è prudente aprire un conto di almeno 500mila euro qui ed essere pronti a trasferire tutto. Come valuta al momento conviene il dollaro, ma si può tenere anche una parte in franco svizzero». Per patrimoni importanti si arriva a pagare solo lo 0,4% all’anno con lo sconto del 50% su ogni operazione e lo 0,6% per una gestione di risparmio completa.