La Stampa, 1 novembre 2018
Il cerchio di fuoco
Questi signori da cui abbiamo il privilegio di essere governati – e che non si può definire fascisti, siccome non si buttano nel cerchio di fuoco come Achille Starace, ma che nell’ipotesi più bucolica sono dei bifolchi del diritto – hanno inserito nel decreto spazzacorrotti (già il nome proietta l’equanimità della bilancia) un emendamento per cui, dopo il primo dei tre gradi di giudizio, si annulla la prescrizione, e si vivrà da incriminati per decenni, a piacimento dello Stato. L’emendamento è stato appoggiato dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, uno che quanto a cultura giuridica dev’essere rimasto al codice di Hammurabi, poiché ignora o trascura che lo Stato amministra la giustizia non in virtù della Casaleggio associati ma per concessione di noialtri. Ed è dovere dello Stato, come stabilisce la Costituzione, che parla per tutti noi, garantire una durata ragionevole dei processi. Se lo Stato non ci riesce è colpa sua, se è manchevole non rende giustizia alle vittime, e se per rimediare stabilisce la «prescrizione mai» non rende giustizia agli imputati. Nessuno può essere condannato o, peggio, assolto in primo grado, e poi restare intrappolato in attesa del secondo e del terzo per dieci, quindici, venti anni, perché i reati non si prescrivono più. Nessuno, in una civiltà appena superiore a quella degli oranghi, può essere sequestrato a vita in attesa di giudizio. Uno Stato che si arroga un potere così assoluto e così devastante sui cittadini non sarà uno Stato fascista, almeno finché Bonafede non si lancerà nel cerchio di fuoco, ma è uno Stato traditore e uno Stato tiranno.