Corriere della Sera, 1 novembre 2018
«Succession», l’avidità di quattro figli per l’eredità del padre
Ma a quale grande tycoon si saranno ispirati per questa nuova serie Hbo? Al leggendario William Randolph Hearst? Al magnate dei media Rupert Murdoch? Qualche riferimento alla cronaca mondana ci dev’essere per forza. Logan Roy (Brian Cox) è alla guida della Waystar Royco, azienda che punta a conquistare il mondo dei media, dei parchi giochi, dei resort. Logan è il classico patriarca, potente e duro, arrivato al terzo matrimonio, con l’amorevole Marcia (Hiam Abbass). Nel giorno del suo 80° compleanno viene colto da malore e mentre lui giace nel letto di un ospedale tra i suoi quattro figli si scatena una lotta feroce per la successione.
Prodotta dal Premio Oscar Adam McKay (firma anche la regia) e dall’attore Will Farrell, scritta da Jesse Armstrong (Black Mirror), Succession è il classico family drama che mette in scena la sete di potere, la politica e le macchinazioni che si celano dietro a un impero finanziario. A contendersi il comando ci sono i figli, uno meno adatto dell’altro, poco stimati dal padre e ignari che l’azienda è piena di debiti. I quattro eredi, Roman (Kieran Culkin), Connor (Alan Ruck), Siobhan «Shiv» (Sarah Snook) e Kendall (Jeremy Strong), rappresentano quattro diversi registri narrativi, giusto per mescolare quanto offre la tragedia e la commedia: intrighi, colpi bassi, gelosie, bizzarrie, rabbie, frustrazioni.
C’è anche un fastidioso cugino, Greg Hirsch (Nicholas Braun), il nipote di Logan alla disperata ricerca di un lavoro e di subdole alleanze. In realtà, l’aspetto più interessante è il carattere tribale della lotta fratricida, come se le ricchezze, i vizi, le manie, le storditezze fossero solo maschere che celano sentimenti primitivi, ambizioni ataviche. E poi c’è la complessità delle media company: i canali informativi tradizionali, internet, i social, le nuove forme di intrattenimento. Il lungo pilot promette bene, poi bisognerà vedere.