Corriere della Sera, 29 ottobre 2018
Ladri di avocado col satellite
«È come se i soldi crescessero sugli alberi», dice Ashby Whitehead, uno dei 1.800 agricoltori che in Nuova Zelanda coltivano avocado. I prezzi sono aumentati del 37% in un anno, il mercato cresce: l’avocado-mania impazza dall’Australia alla Gran Bretagna, dalla California alla Cina. In tavola e negli affari di cuore, il frutto già caro agli Aztechi è diventato addirittura sexy: secondo certi sondaggi londinesi chi cita la passione per la salsa guacamole sui siti per incontri online acquista una carta in più rispetto agli altri, è giudicato più attraente. Insomma il signor Whitehead dovrebbe essere felice dei suoi alberi di pepite verdi, e invece parlando con l’Observer è sconsolato: «Ho messo il sistema d’allarme, i cavi nascosti, le telecamere, una sirena. La notte scorsa mi sono svegliato e sono corso là, ma mi hanno fregato anche stavolta».
Ashby non è l’unico a lamentarsi. Ogni notte, nei frutteti della Bay of Plenty nell’isola settentrionale tra Wellington e Auckland, vengono rubate quintalate di avocado. All’inizio erano casi isolati, che facevano sorridere: i due vecchietti in scooter sorpresi con il bottino nello zaino, gli sbandati che aprivano il lenzuolo sotto le fronde. Adesso, denunciano le associazioni di categoria, sono in azione gang criminali che usano metodi sempre più sofisticati: camioncini, ceste per la raccolta rapida. E immagini dal satellite: per individuare gli orti meno controllati esplorano la Baia dell’Abbondanza con Google Earth. E anche quando si imbattono in sistemi di allarme e reti elettrificate non hanno paura. Finora due coltivatori sono stati attaccati dai ladri e decine di furti sono stati denunciati nella stagione del raccolto, che è cominciata ad agosto e andrà avanti fino a marzo. «Stanno diventando sempre più pericolosi», dice Ron Bailey, 78 anni, che da trenta coltiva avocado a Te Puke. Pericolosi come a Santo Domingo, dove lo scorso febbraio il pensionato italiano Danny Giuzzi fu ucciso per difendere i suoi avocado da un ladro reo confesso.
Quando è andato a visitare i colleghi in California, il neozelandese Bailey è rimasto scioccato nel vedere i frutteti circondati da protezioni alte dieci metri. La Nuova Zelanda non è abituata a sistemi di sicurezza simili. Ma ha già cominciato ad attrezzarsi. E il sergente Macmillan prevede un boom come quello per l’oro delle api, con miele e alveari rubati per milioni di euro.
L’interesse della malavita è l’altra faccia dell’avocado-mania, dai toast all’ora dell’aperitivo alle insalate zero colesterolo. In Nuova Zelanda alimenta il mercato nero (50 centesimi di euro a frutto, offerte anche su Facebook). In Cile provoca la rivolta di intere comunità contro i coltivatori come a Petorca, dove le autorità hanno scoperto 65 canalizzazioni abusive dall’impianto idrico alle piantagioni: per produrre un chilo di avocado servono duemila litri di acqua. In Australia hanno appena importato dal Sudafrica una varietà gigante chiamata Avozilla, grossa come la testa di una persona, che si vende per 12 dollari «a cranio». Il consumo cresce del 27% all’anno in Gran Bretagna, dove ora impazza sulla Bbc il dibattito tra vegani: è giusto mangiare avocado, tenendo conto che per l’impollinazione dei fiori si ricorre allo spostamento forzato di reggimenti di api? In California hanno altri pensieri: un’impresa di Santa Barbara ha appena brevettato una sostanza che si spruzza sul frutto (uno dei più delicati in circolazione) per raddoppiare la sua resistenza dopo l’acquisto: da 2-3 giorni a 4-6. Mentre i grandi coltivatori si interrogano sugli effetti del global warming sugli alberi di «avo», che gradiscono un clima temperato (non sopra i 37 gradi). Anche in Sicilia da 15 anni questi frutti «esotici» si coltivano alle pendici dell’Etna: ai primi di settembre, nelle campagne di Giarre in due notti sono stati rubati quintali di manghi e avocado. Come in Nuova Zelanda, caccia alle pepite verdi.