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 2018  ottobre 29 Lunedì calendario

Più debiti che giocate vincenti, il Casinò affonda Saint-Vincent

Produceva miliardi di lire, tanto da essere il Casinò più ricco d’Europa. Ora produce milioni di euro di debiti. La «Riviera delle Alpi», la valdostana Saint-Vincent, trema. Nel suo orizzonte ritagliato da boschi e montagne vede profilarsi una storia nera, che potrebbe assomigliare a quella di Campione d’Italia. In quell’enclave italica in terra elvetica la casa da gioco era tutto, monocultura economica. La speranza è che riapra. 
A Saint-Vincent sono ore decisive. Il bilancio 2017 ha un rosso che supera i 21 milioni e mezzo, nonostante introiti per 62. La proprietà è tutta pubblica, uno 0 virgola per il Comune di Saint-Vincent, il resto è Regione autonoma Valle d’Aosta. E oggi pomeriggio si riunisce negli uffici al di sopra dei tavoli verdi l’assemblea dei soci per nominare un avvocato tributarista che possa avviare subito una procedura di concordato «in bianco», cioè preventivo. A tutela dell’azienda, prima che qualche creditore chieda il fallimento.
Tracollo di cui si parla da tempo, anni di ricapitalizzazioni da parte della Regione per i bilanci in rosso, tagli di dipendenti eli stipendi, ma da venerdì tutto è precipitato. Dopo un’estate rovente, di lettere e confronti tra proprietà e amministratore unico, l’avvocato Giulio Di Matteo che era stato anche presidente del Casinò di Campione, e dopo la sfiducia nei suoi confronti da parte della Regione, è stato nominato un consiglio di amministrazione milanese. 
Venerdì, dopo 16 giorni di lavoro, il cda presieduto dalla manager Manuela Brusoni, anche docente della Bocconi, e composto da Sara Puglia Mueller e Maurizio Scazzina, ha presentato all’assessore regionale alle Finanze Stefano Aggravi (Lega) e ai capigruppo regionali una relazione con l’indicazione della strada da seguire, la procedura fallimentare. Con essa anche le dimissioni, perché il loro compito era esaurito. Concordato da presentare in tribunale con l’intento del rilancio, non certo del fallimento.
Saint-Vincent che con la casa da gioco vive, è una cittadina vicina al fallimento. Ci sono 450 dipendenti al Casinò. Poi c’è l’indotto: negozi, alberghi e ristoranti, che senza il gioco rischiano una crisi profonda. Giovedì scorso è uscito la sentenza della Corte dei conti della Valle d’Aosta che ha condannato diciotto politici (alcuni ancora in carica) al pagamento complessivo di 30 milioni per danni recati con la decisione di dare soldi pubblici alla casa da gioco. Una ristrutturazione, compreso l’albergo Grand hotel Billia connesso al Casinò, di 140 milioni. 
Stessa vicenda, ma penale, in corso al tribunale di Aosta, con imputati politici, funzionari e sindaci della società del Casinò per truffa e falso in bilancio. Il tramonto di un’epoca. Oro che si trasforma in stagno. Saint-Vincent, la piccola Montecarlo (negli Anni 80 il Casinò aveva in progetto anche una gara di F1), ha vissuto un declino inesorabile. Usciti i privati, l’infelice gestione pubblica e il mercato del gioco d’azzardo sempre più piccolo (lotterie statali e slot nei locali pubblici), viale Piemonte, dove sorge il Casinò, può diventare viale del tramonto.