la Repubblica, 29 ottobre 2018
Tutto quello che c’è da sapere per non ripetere sempre la stessa storia. Il nuovo saggio di Federico Rampini
«Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla» disse il filosofo George Santayana. I vincoli del passato comandano il mondo. Se impariamo a decifrare gli antefatti, a misurare il peso della storia sulle nostre scelte di oggi, guadagniamo in lucidità e in profondità. Viaggiare nel passato regala a ciascuno di noi quella che immagino sia l’esperienza dell’astronauta: vedere il mondo con distacco, liberarsi dall’ossessione del presente, dalla dittatura dell’attualità. Forse ne ricaviamo più oggettività, conquistiamo perfino una serenità preziosa.
«Siamo seduti sulle spalle di giganti», diceva Isaac Newton: oggi questa frase la usiamo in omaggio ai personaggi che resero grande la nostra civiltà. Ma a volte siamo seduti anche sulle spalle di mastodonti ignoranti, leader ciechi e sprovveduti, che si sono trascinati a gran velocità verso un disastro; oppure siamo succubi di iper-predatori che ci hanno lasciato delle eredità dilapidate.
Mi ha incoraggiato il successo del mio ultimo libro, Le linee rosse, in cui vi ho guidato alla riscoperta della geografia, ho decifrato il mondo usando le mappe. Ora applico lo stesso metodo alla storia. Per fare luce sui legami sorprendenti tra grandi eventi storici del passato, pietre miliari che risalgono a decenni o secoli addietro, e il nostro presente. Ho selezionato undici grandi date determinanti.
Dietro ogni conflitto di oggi, sotto i focolai di tensione geopolitica, dietro gli shock dell’innovazione tecnologica o le crisi economiche, affiorano storie più antiche: l’influenza di imperi e civiltà che credevamo tramontati, la traccia di eventi cruciali del passato, le ricadute di rivoluzioni di cui bisogna ritrovare la genesi.
Riscoprirle rende più lucido il giudizio sulla nostra epoca.
Quando ha inizio la nostra storia?
In quali svolte epocali avvenute decenni o secoli fa, possiamo trovare gli antefatti decisivi e la spiegazione per quel che stiamo attraversando oggi? Che cosa lega l’invenzione della stampa (Gutenberg) nel 1450, la riforma protestante di Lutero, e quel primo esperimento di globalizzazione che furono le grandi esplorazioni navali? Perché la scoperta dell’America apre anche una colonizzazione alla rovescia? Cosa fu quello Scambio Colombiano che ha trasformato l’ambiente in cui viviamo, il Dna etnico, i nostri consumi alimentari e la nostra salute? È possibile paragonare Facebook o Instagram a Gutenberg, l’impatto dei social media odierni alle altre rivoluzioni della comunicazione?
Che distanza c’è tra quella Età del Caos che chiamiamo Rinascimento, i suoi Savonarola, e i populismi di oggi?
E perché la riscoperta dello Stato-nazione ci sembra un regresso, mentre con la Pace di Vestfalia fu un approdo di stabilità? Da quando, e per chi, la nazione è diventata una vergogna? Singolare contraddizione: rispettiamo i nazionalismi quando chi li esprime sono i popoli emergenti, li condanniamo quando riappaiono in casa nostra. Eppure non c’è democrazia nella storia al di fuori della cornice dello Stato-nazione: mai vi fu un impero democratico; le odierne istituzioni sovranazionali sono meno democratiche delle unità che le compongono.
Proseguo nell’elenco delle mie provocazioni. La nascita nel 1600 della Compagnia delle Indie, azienda privata a cui l’Inghilterra assegna il grosso del suo impero, è l’inizio di una storia del capitalismo che si dipana fino al crac di Lehman e alla grande crisi del 2008 da cui non siamo veramente usciti. La guerra dell’oppio (1840) spiega lo spirito di rivincita che anima oggi la Cina, e che dovremmo studiare perché ci riguarda da vicino.
Il 1869 vede la nascita del Canale di Suez che ispira Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne: non è solo un romanzo d’avventura, è l’avvento del globalismo come ideologia.
Per parlare d’immigrazione senza affogare nelle polemiche del presente, parto dal 1870: la Grande Fame degli irlandesi, e quel che dovrebbe insegnarci secondo Karl Marx.
Il 1948 marca la vera fine dell’impero britannico e anche della sua pretesa di fagocitare quello ottomano; è un periodo di cui continuiamo a percepire le conseguenze: la questione israelo-palestinese settant’anni dopo reca ancora le cicatrici di quelle vicende.
Esplorando gli anni 1963-67 racconto l’eredità seducente e terribile del lungo Sessantotto americano, l’inizio di una “guerra civile sui valori” che gli americani continuano a combattere oggi.
Perché Richard Nixon incontrando Mao Zedong nel 1972 precipitò una catena di conseguenze che sfocia nel protezionismo di Donald Trump?
E l’anno 1979 concentra tre eventi formidabili: la rivoluzione degli ayatollah in Iran, la svolta reazionaria dell’Arabia saudita, l’invasione sovietica in Afghanistan. È in quel triangolo che si decide la nascita degli islamismi moderni.
La storia si riproduce prima come tragedia e poi come farsa, sosteneva Marx. Lo correggeva Mark Twain: «Non si ripete tale e quale; però fa la rima con se stessa».
Cicli e ricicli, l’eterno ritorno di un passato che non muore, sono temi che ci affascinano da sempre.
Incrociano l’ascesa e il declino di imperi o delle loro reincarnazioni che sono le superpotenze moderne. Una guida attraverso queste mappe della nostra storia è un modo per viaggiare nel tempo.
E affrontare il futuro meno disarmati.
Come i precedenti, anche questo libro non nasce “a tavolino”. Le letture sul passato si fondono con i racconti dei miei viaggi: dalla profonda provincia americana che ha votato Trump al cuore islamico di Harlem, dall’Iran a Israele e Palestina. Dalla mia vita in Cina alle mie radici nella Silicon Valley californiana. Più i tanti summit globali che seguo da trent’anni.
L’avventura a ritroso nel tempo, le letture storiche nelle quali cerco un senso di profondità, le confronto sempre con quello che ho visto di persona: vi descrivo luoghi e paesaggi, personaggi e storie vissute.
La storia è “maestra di vita”, ci dicevano i professori di una volta; quando ancora questa disciplina aveva un posto importante nel curriculum dei licei. La versione integrale di quel detto è di Cicerone: «La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità».
In tempi caotici e confusi, instabili e angoscianti, è comprensibile che chiediamo risposte allo studio della storia. Ognuno cerca dei precedenti nel passato prossimo o remoto, che possano suggerire una traccia, un’idea degli sviluppi futuri che ci attendono. Maestra di vita, dovrebbe insegnarci a non indulgere in paragoni troppo facili, superficiali. La storia studiata male diventa una trappola: ognuno s’inventa un passato di comodo, fatto su misura per i propri pregiudizi o le proprie illusioni.