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 2018  ottobre 29 Lunedì calendario

M9, a Mestre il nuovo museo multimediale del secolo breve

Nel cuore di Mestre, compreso tra la storica piazza Ferretto e palazzoni anni Cinquanta, c’è un museo visionario. Il Museo multimediale del ’900 aprirà i battenti il primo dicembre, ma in città già hanno imparato a chiamarlo con la sigla M9.
Qualcuno ci gira intorno, cercando di capire cosa ospiterà questa strana creatura a più corpi che mette insieme sette edifici appartenenti a epoche diverse: tre costruzioni realizzate ex novo dallo studio berlinese Sauerbruch Hutton (sui 4mila metri quadrati) e quattro palazzi storici, tra cui il convento cinquecentesco di Santa Maria delle Grazie, restaurato dallo stesso team di architetti tedeschi. Un grande auditorium all’entrata funzionerà da cinema e sede di convegni (200 posti).
Nonostante la grandezza, il museo si integra perfettamente con il paesaggio urbano. Le pareti a mattonelle richiamano le sfumature di rosso della città e fanno pensare a un immenso Lego. «Sono 20.822 piastrelle di ceramica policroma», ci dice una guida. Chi entra deve essere disposto a giocare, a farsi catturare dal game: «È l’anima del museo – dice il direttore Marco Biscione, un importante curriculum di dirigente museale che vede come ultima esperienza il Mao di Torino – M9 non espone oggetti, ma propone storie da raccontare. I documenti visivi, scritti, sonori sono trasformati in emozioni. È un unicum, non esiste un museo interamente multimediale di queste dimensioni». Tutto il contrario di un museo classico: nessuna opera esposta, nessun divieto di toccare, nessun percorso obbligato. Qui si tocca, si parla, ci si perde.
L’opposto di ogni musealizzazione. Tutto è fluido: «Chi entra deve lasciarsi coinvolgere», dice Giuseppe Saccà, uno degli storici del team che ha curato i contenuti del museo.
A pochi giorni dall’inaugurazione è stata organizzata una prova generale, invitando insieme al pubblico comune un centinaio di studenti. Il museo, sviluppato su tre piani, sembra pensato per i nativi digitali. I ragazzi si muovono con agio tra video e immagini 3D, indossano visori oculus per navigare nella realtà virtuale, manovrano joystick, si divertono con gli specchi magici, agitano mani davanti agli schermi per smontare e rimontare sui monitor una vecchia Topolino o prendere parte alla catena di montaggio di una fabbrica fordista. La realtà aumentata è il loro regno. Si orientano bene nel percorso a zig zag, più vicino alla navigazione online che ai manuali scolastici. Il primi due piani sono organizzati in otto sezioni tematiche: demografia, stili di vita, innovazioni scientifiche e tecnologiche, economia, paesaggio, politica, educazione, identità nazionale e luoghi comuni. Chi vuole può scaricare un’App per un itinerario su misura, ma la cosa migliore è lasciarsi andare ai tanti stimoli sensoriali.
Che sia stata scelta Mestre non è casuale. Il Novecento passa prepotentemente per questa città a una ventina di minuti da Venezia, diventata dagli anni ’50 uno dei maggiori poli industriali europei, terra del riscatto e delle lotte operaie del petrolchimico di Marghera. Giampietro Brunello, presidente della Fondazione di Venezia, che ha investito 110 milioni di euro per la costruzione di M9, racconta la scommessa: «Mestre e Marghera sono una parte importante della nostra storia. Quando abbiamo iniziato a pensare questo progetto, dieci anni fa, volevamo recuperare e riqualificare un’area degradata del centro cittadino». A sua volta Valerio Zingarelli, amministratore delegato di Polymnia, società operativa della Fondazione di Venezia, fa notare come il museo sia un esempio di architettura ecosostenibile: «Ha ricevuto la certificazione Leed Gold del Green Building Council, massima autorità in tema di edilizia sostenibile. Ha autonomia di riscaldamento, 63 sonde geotermiche per l’utilizzo del calore terrestre, e pannelli fotovoltaici». Nella sezione politica gli sguardi dei ragazzi si fanno curiosi. Siamo al centro di una piazza, il luogo simbolo dei comizi e della vita democratica, ma anche delle adunate e dei discorsi del Duce. Compaiono i leader di ieri, suggestivi ologrammi in dimensioni reali: Mussolini, Togliatti, Craxi, Moro, Berlusconi. Alla fine del tour, il ’900 ne esce con le sue contraddizioni: il secolo delle grandi innovazioni tecnologiche e della bomba atomica, della contestazione e del terrorismo, delle guerre mondiali e delle lotte liberali. Per stare al passo con i cambiamenti tecnologici però il museo dovrà rinnovarsi: «Le tecnologie usate diventeranno obsolete, bisognerà aggiornarle», dice Biscione. Non è un caso che il vecchio floppy disk giaccia sotto una teca come una reliquia di un mondo ormai sorpassato.