Il Messaggero, 29 ottobre 2018
Da Zeus che era un molestatore seriale a Marsia ceduta dal marito a un altro uomo, passando per i tradimenti di Ulisse. Gli amori degli altri (di Eva Cantarella) al tempo del #MeToo
Gli amori degli altri, tra cielo e terra, quelli dei nostri antenati, i greci e i romani dei quali vantiamo la grandissima, inestinguibile eredità di storia, filosofia, arte teatro, scienza del diritto. Eva Cantarella dipana il filo di trenta storie, vero discorso d’amore condotto in un campionario dei suoi molti aspetti e mutazioni. Ripercorre la grana soffice e sfuggente dei miti, la solida sostanza testuale delle storie letterarie, la volatilità recuperata di antiche vicende davvero vissute.
Dalle avventure amorose di Zeus, primo molestatore seriale, fino a diventare uno stupratore, alle conquiste di Cesare. Cioè «il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti», la cui bisessualità è un’altra sua virtù, ne fa il modello ideale di uomo romano. Analogie e differenze nel concepire l’amore: passano da una cultura all’altra per un sentimento che, nello stereotipo universalmente diffuso, è eterno e immutabile. Un’emozione impossibile a definirsi, come per la Dickinson: «Che non sappiamo nulla dell’amore, è tutto quello che sappiamo dell’amore».
CONTINUITÀ
Dai nostri antenati arriva fino a noi anche con aspetti d’innegabile continuità ideale e comportamentale che non elide ciò che è profondamente mutato e diverso. Dal mondo greco, ecco le storie di eros, tra esseri umani e forze della natura o corpi che navigano negli spazi celesti, «l’amore che squassa l’anima come vento», passione irresistibile e spesso fatale sconvolge cuore e sensi, riservato solo ai più giovani. E le storie di filia, con l’amore fedele di lei, quello di Penelope verso Ulisse che pure qualche piacevole non breve sosta erotica con Circe e Calipso se la concede; l’amore che lega marito e moglie, versione coniugale senza nulla di passionale. E l’altro che lega due persone di sesso maschile, in cui può esserci una certa dose di ambiguità come per Achille e Patroclo. A differenza dell’amore erotico, con le sue scadenze temporali, la filia può durare l’intera vita, il diritto al divorzio esiste solo per i mariti. Anche per i romani le donne sono dotate di qualità intellettuali diverse e inferiori da quelle maschili. Di là dai notevoli cambiamenti nel rapporto tra i sessi, sono per molti secoli esseri da controllare rigorosamente per garantire un’ordinata evoluzione del corpo cittadino. A Roma può anche capitare che una moglie, dopo aver dato al marito un numero sufficiente di figli, sia ceduta a un altro marito. Una pratica singolare con più vantaggi. Evita al marito il peso di mantenere un numero eccessivo di figli. Concede alla donna la possibilità di avere altri figli. Allo stato infine permette che la residua capacità produttiva sia sprecata. La moglie non può essere gelosa perché essa, come ogni sua collega greca, ha interiorizzato il dovere di accettare le infedeltà del marito. Addirittura Andromeda si vanta di allattare i figli illegittimi del consorte. Egli può avere non solo una concubina ma anche amanti più o meno a tempo e, in aggiunta, rapporti con altre donne e uomini.
Eva Cantanella sa sciogliere la complessità di temi, confronti, analogie, intarsio di questioni antropologiche e giuridiche nell’intrattenimento di un racconto fluido e continuo. Nel racconto spiccano alcune schegge di maggior forza drammaturgica che fa bene ricordare. Come quella di Marsia che continua per tutta la vita ad amare senza rancore un marito che l’ha ceduta, rimpiangendolo e desiderando solo d’essere presente sulla sua tomba. O Sulpicia, poetessa per tanti secoli cancellata dall’ombra maschile, donna libera che sfida le convenzioni, rivendica il diritto all’amore parlando di sesso con un uomo che addirittura non è suo marito.