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 2018  ottobre 29 Lunedì calendario

Tutti i guai del M5s

Il caos visto dai vertici della Lega suona così: «Devono fare pace con la testa, e capire se vogliono andare avanti oppure no, e come lo vogliono fare». Il sottinteso del Carroccio da un po’ di tempo a questa parte non cambia: «Ma Di Maio li tiene i suoi?». Segue il paragone con la leadership interna di Matteo Salvini e i leghisti hanno gioco facile a dire: «Appunto, non c’è paragone». Sempre lo stesso caos, invece, letto dal M5S ha mille sfaccettature e soluzioni confuse all’orizzonte: la fronda pugliese anti Tap, quella sul decreto fiscale del duo Ruocco-Lanutti e poi il dl sicurezza con l’asse De Falco-Nugnes che in settimana entrerà nel vivo al Senato. I no identitari di queste ore sono missili a doppia gittata: continuano a far ribollire la tenuta dei 300 parlamentari M5S e di chi li dovrebbe guidare, il capo politico; dall’altra minano anche il contratto di governo gialloverde.
LE POSIZIONI
Dopo lo show-down sul dl fisco, i vertici grillini proposero agli alleati, tra la polvere del Circo Massimo, l’idea di un «tagliando al contratto». Ma era una mossa più a uso interno per richiamare l’ala fuori controllo al vincolo del contratto con il M5S, prima che a quello con la Lega. Ora, incassata la resa sulla Tap, con il premier Conte in campo nella veste zio d’America del Movimento (fu lui ad assicurare al presidente Trump che l’opera sarebbe andata avanti) e il ministro del Sud Barbara Lezzi in forte difficoltà nella sua Puglia il vero scoglio si chiama dl sicurezza. Il provvedimento è «qualificante e irrinunciabile» per Matteo Salvini: non dovrà essere annacquato, altrimenti il ministro dell’Interno è pronto a giocare la carta della fiducia. La pistola è già poggiata sul tavolo ed è carica. E così sono in molti a suggerire al capogruppo al Senato del M5S Stefano Patuanelli di usare il «pugno duro». Se non si arriverà a un’intesa interna e qualora ci fossero voti difformi all’interno del gruppo le sanzioni contro i ribelli sono più di un’ipotesi. Un’arma complicata, che manderebbe in tilt i pentastellati, certo, ma che permetterebbe al governo una navigazione serena. O meglio: sarebbero un messaggio di serietà al partner di governo. Un sacrificio necessario.
«Dalla sospensione all’espulsione per chi vota contro le nostre indicazioni: le regole d’altronde parlano chiaro», trapela in queste ore dal cuore dei pentastellati governisti. Un’eventualità da brividi perché rischia di creare un’ulteriore spaccatura. Ecco perché non c’è da escludere affatto che questa settimana proprio Luigi Di Maio dopo aver chiesto una sponda a Conte sulla Tap – ne chieda un’altra ben più pesante a Roberto Fico, affinché intervenga. Solo una mediazione forte del presidente della Camera con i suoi potrebbe sminare la spinta dei barricaderi e arrivare così a un’intesa per sbloccare il provvedimento.
LE MEDIAZIONI
Allo stesso tempo, e qui rientrano in campo i no identitari che in queste ore riecheggiano in un gioco di specchi sulla Tav «che non si farà», cedere troppo sui migranti sarebbe la fine della minoranza interna del M5S, pronta a essere assimilata al resto della maggioranza. Su questo fronte anche il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia sta chiamando uno a uno i ribelli per ascoltare le loro istanze, farle proprie e portarle al tavolo del Viminale in forma compatta ma sfumata e dunque un po’ edulcorata. Un cuneo così stretto che alla fine va a impattare anche su Roma. L’emendamento al dl sicurezza, annunciato da Di Maio sulla scia dell’onda emotiva per la morte a San Lorenzo della giovane Desirée, al momento «non esiste», dicono i leghisti. O se esiste, è stato solo condiviso all’interno del cerchio magico del vicepremier M5S. Raggi, che attende questo antipasto di più poteri per blindarsi dalle tante critiche di queste ore, nell’intervista rilasciata ieri al Messaggero ha parlato di «2.000 vigili in più». Un’operazione che dovrebbe passare anche dal ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno ma che per la complessità del momento rischia di saltare.
Perché in ballo ci sono troppi dossier non risolti e divisioni interne ai pentastellati che stanno mettendo a dura prova la tenuta della maggioranza. E da questa settimana passa alla Camera il dl Genova (con condono edilizio per Ischia). Altro giro, altro fronte?