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 2018  ottobre 29 Lunedì calendario

Gli interventi ipotizzati per salvare le banche

ROMA A Palazzo Chigi sono fiduciosi sulla settimana che si apre, parlano di «segnali positivi dagli Stati Uniti», alcuni movimenti ben precisi di grandi hedge funds americani sui nostri titoli di Stato, fondi che hanno libertà massima di investimento (e di speculazione) e che in questo momento starebbero dando una mano al nostro Paese.
Ma non per questo gli uffici che stanno di fronte la colonna di Marco Aurelio, su indicazioni precise del capo del governo, hanno smesso di lavorare a varie ipotesi di prevenzione e intervento, di carattere legislativo e finanziario, in stretto contatto con la Ragioneria dello Stato, gli uffici del Mef, e anche il Quirinale, nel caso in cui la situazione economica italiana dovesse peggiorare.
È una rete di contatti istituzionali, che ovviamente include Bankitalia, a monitorare da vicino la situazione. L’indicazione di Conte è stata quella di preparare diversi scenari e diversi tipi di piani di intervento nel caso in cui fosse necessario. In primo luogo per salvaguardare le banche italiane: le misure di cui ha parlato senza scendere nei dettagli il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sono già abbozzate in numerose scrivanie, ventagli di ipotesi su cui il presidente del Consiglio ha un’interlocuzione costante sia con il Mef che con la presidenza della Repubblica.
Se lo spread dovesse salire a livelli insostenibili sono possibili ricapitalizzazioni con prestiti obbligazionari o con altri strumenti, su autorizzazione di Bruxelles, o anche senza, se si manifestasse una crisi di sistema grave e urgente. Per le coperture le strade sono diverse: usare diversi fondi dormienti che attualmente stanno nei conti della Ragioneria generale dello Stato, o addirittura i conti dormienti privati, che attualmente ammonterebbero a più di un miliardo di euro.
Esistono simulazioni anche a costo zero, come l’attivazione di una garanzia dello Stato su tutti i depositi bancari, per 12 mesi, una misura che fu presa, senza poi usarla, da Tremonti, nel 2008: uno strumento pubblico di garanzia eccezionale per ristabilire la fiducia e aiutare il riassorbimento di capitali da parte degli istituti di credito. Anche la leva fiscale è entrata nel ventaglio di ipotesi: basterebbe una norma che cambia, anche di una piccola percentuale, il prelievo sulle banche, per consentire una rivalutazione dei loro asset, una misura che potrebbe essere presa subito per essere attuata anche nel medio periodo.
Non è solo il governo a muoversi, anche Bankitalia nelle ultime settimane ha effettuato stress test e monitoraggi sulle prime dieci banche italiane: la situazione più delicata è quella del Credito Valtellinese, che non reggerebbe a lungo con uno spread che supera i 370 punti base, quella più solida di Intesa Sanpaolo, che potrebbe addirittura reggere uno spread, ovviamente in modo provvisorio, ma persino di 820 punti base.
Ovviamente tutto questo dipende anche dall’andamento dei mercati, dall’interlocuzione in corso con la Commissione di Bruxelles. Anche in questo caso, sul fronte della manovra, Conte ha dato indicazioni precise ai suoi uffici: alcune norme della legge di bilancio potrebbero diventare dei collegati legislativi, essere espunte, sparire dal confronto con la Commissione, o essere approvate per entrare in vigore più tardi di quanto deciso. Una distribuzione temporale degli interventi per non creare oneri immediati e/o per sottrarli al giudizio in corso della Ue, in modo da evitare la procedura di infrazione. Insomma la ricerca di un punto di caduta che riporti in equilibrio la situazione.