Robinson, 28 ottobre 2018
Dave Eggers racconta la storia di Mokha, un ex portiere che ha creato una fortuna col caffè
Dave Eggers, quarantotto anni, di Boston, autore dei celebri L’opera struggente di un formidabile genio e Il cerchio, torna in libreria con un’altra opera che racconta una straordinaria parabola contemporanea legata ai migranti. Stavolta è il turno de Il Monaco di Mokha (Mondadori), dopo i precedenti Erano solo ragazzi in cammino e Zeitoun. «Però Mokha non è uno straniero. È cresciuto negli Stati Uniti», esordisce l’autore americano.
Giusto. Ma Mokha, il ventiquatrenne protagonista del suo nuovo libro, è figlio di una famiglia di immigrati yemeniti trasferitasi in America e cresce in una comunità di arabi e altri stranieri.
«Certo, i suoi genitori sono dello Yemen e Mokha ha forti legami con il suo Paese d’origine. Quindi, sì, c’è un filo comune in questi miei protagonisti di un’America a volte accogliente, altre volte xenofoba. Perché il punto è questo: gli Stati Uniti, checché ne dicano alcuni personaggi infimi, sono indiscutibilmente un Paese di migranti. Quello che mi ha sempre interessato è come noi americani lo dimentichiamo così facilmente. La forza più dirompente degli Stati Uniti è sempre stata quella di accogliere centinaia di culture diverse mantenendo allo stesso tempo valori e aspirazioni comuni. Nel 2016, mentre la propaganda xenofoba stava avvelenando l’America, gli Stati Uniti hanno vinto sei premi Nobel. Tutti i vincitori erano di origine straniera. Quelli che vogliono farcelo dimenticare ci condanneranno alla sventura e alla mediocrità».
Chi è Mokha? E perché ha deciso di raccontare proprio la sua storia?
«Perché meritava, molto. Attraverso un amico in comune, lo scrittore Wajahat Ali, ho conosciuto Mokha cinque anni fa a San Francisco. Allora faceva il portiere, era un ragazzo come tanti. Poi, però, la sua storia mi ha affascinato per vari motivi: Mokha è un americano di origine straniera che vive a Tenderloin, uno dei quartieri più disagiati e difficili della città, è un adolescente intelligente ma difficile. Un giorno, però, sceglie di diventare qualcuno. Decide di tornare nel suo Yemen, dove spuntarono moltissimi anni fa le prime piantine di caffè al mondo, per importare negli Usa caffè preziosissimo e farne un business. Nonostante le bombe e le tensioni nell’area, in un anno crea una fortuna, almeno all’inizio, prima che la guerra complichi parecchio le cose. Ma era una storia da raccontare, per la sua straordinarietà e per il personaggio».
Una storia degna del sogno americano, anche se tutta la famiglia di Mokha è yemenita.
«Questo perché abbiamo un problema: in generale, spesso si pensa ai migranti come se fossero di una specie diversa. Oppure certi media descrivono i rifugiati come esseri umani da compatire. I miei antenati sono arrivati in America dall’Irlanda. Metà delle persone che conosco hanno in qualche modo origini italiane. I migranti sono persone a tre dimensioni, che compiono anche cose eccezionali, ed è questo che voglio raccontare nei miei libri».
Che cos’è diventato l’American dream negli Stati Uniti di Donald Trump?
«Sicuramente è a rischio. Trump non ha mai lavorato per ereditare quattrocento milioni di dollari, ha sempre cercato di fregare il sistema, non ha idea di che cosa sia il sogno americano. Per questo sono i migranti quelli che oggi incarnano il sogno americano. Perché lavorano più duramente, e quindi sognano, più di qualsiasi altro».
Negli Stati Uniti stanno arrivando le elezioni di medio termine. Sopravviverà Trump? E l’America sopravviverà a Trump?
«Ho fiducia che questo Paese e i suoi valori sopravviveranno.
Trump sarà dimenticato come un presentatore tv idiota andato in pensione. Ma un giorno, quando ripenseremo a questi anni, capiremo che è stato un periodo orrendo e vergognoso, in cui il potere si è servito di una misera disumanità».
In questi giorni è uscito in Italia anche un altro suo libro, scritto per i bambini: “La porta di mezzanotte”.
«È il libro che avrei sempre voluto leggere da piccolo. Penso, e spero, di essere riuscito a scriverlo».
Lei ha detto che i lettori giovani sono quelli più puri.
«In generale, adoro incontrare i lettori, è la cosa che mi spinge a continuare a scrivere. Ma i giovani hanno un ottimismo unico e una limpidezza morale che il resto di noi non possiede. Mi danno un’energia straordinaria. Quando incontri giovani attivisti o intellettuali, anche solo per un’ora, capisci che hanno la cura contro il cinismo. E io mi sento rinato».