il Giornale, 27 ottobre 2018
È già psicosi sul contante
L’incubo greco comincia a balenare nei pensieri di molti risparmiatori italiani tra una sparata di Di Maio e una imbarazzata rassicurazione di Salvini, anche se la principale preoccupazione è quella di vedere il proprio gruzzoletto divorato dall’ennesima patrimoniale, come se già non bastassero Imu e Tasi che «estorcono» ogni anno 21 miliardi dai portafogli degli italiani come ricorda il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ogni volta che l’ipotesi di nuovi prelievi sulla ricchezza viene presa in considerazione dal mondo politico.
L’allarme, però, è stato lanciato. Ci ha pensato qualche giorno fa il presidente dell’Associazione bancaria ticinese, Franco Citterio. «Non ci sono dati, ma da quattro settimane nelle banche ticinesi c’è fermento», aveva dichiarato aggiungendo che «Non si può parlare di una vera fuga di capitali, ma ci sono diverse persone che vogliono capire a quali condizioni è possibile effettuare un trasferimento» di capitali. Nel Cantone confinante e tradizionale «porto sicuro» per i nostri concittadini più o meno facoltosi si sta assistendo a una processione quotidiana. D’altronde, con la caduta del segreto bancario non c’è nessun problema a trasferire il patrimonio oltreconfine. Basta denunciare al Fisco e dichiararlo successivamente nel quadro RW dei modelli 730 e Redditi e i capitali si possono considerare al sicuro. «Le informazioni saranno scambiate annualmente e quindi è una situazione trasparente, non ci nascondiamo da nessuno», aveva sottolineato Citterio enfatizzando come anche i piccoli risparmiatori comincino a pensare all’eventualità di trasferire a Chiasso, a Lugano o a Mendrisio le proprie risorse.
Ma in Italia può andare veramente in onda la replica di Atene 2015? Ci sono alcuni punti in comune. La Grecia tre anni or sono era un Paese sull’orlo del collasso, con il premier Tsipras e l’allora ministro del Tesoro Varoufakis che vagheggiavano l’uscita dall’euro (come gli attuali epigoni italiani) in quanto non in grado di ripagare i prestiti alla Troika. La prospettiva di nuove misure draconiane indusse i greci a ritirare una gran mole di contanti dagli sportelli Bancomat sia per procurarsi valuta solida (in caso di Grexit) che per spenderla in caso di razionamenti dei beni di consumo che per portarla all’estero. La fuga di decine di miliardi mise in crisi banche e governo, ma la liquidità emergenziale della Bce e il razionamento dei prelievi consentirono di reggere.
In Italia a fine settembre i depositi bancari ammontavano a 1.723 miliardi di euro, una valore che da poco tempo ha di poco superato quello pre-crisi del 2017. La situazione, finora, non preoccupa. Ma c’è da dire che dai dati della bilancia dei pagamenti forniti da Bankitalia risulta che nello scorso agosto famiglie e imprese hanno investito in strumenti di debito (obbligazioni e simili) ben 7,7 miliardi di euro. Un valore che si aggiunge ai 17,4 miliardi disinvestiti dagli operatori esteri sui nostri Btp. Dallo scorso maggio i disimpegni hanno raggiunto quota 67 miliardi.
E se all’estero hanno sfiducia, è normale che pure gli italiani inizino a preoccuparsi. Va comunque ricordato che i depositi bancari entro i 100mila euro sono al sicuro da eventuali bail in dei nostri istituti cui parteciperebbero solo azionisti e obbligazionisti. Il vero problema è che con 4.300 miliardi di attivi patrimoniali e 6.200 miliardi di proprietà immobiliari il cittadino italiano medio è la potenziale gallina dalle uova d’oro per un governo costretto alla patrimoniale.