La Stampa, 27 ottobre 2018
L’illusione di stampare la moneta
Ancora più nemici, ancora più onore? Pur se il verdetto di Standard & Poor’s è il meno peggiore possibile, il timore di una crisi finanziaria spinge Cinque Stelle e Lega a inveire contro chiunque non taccia. Preso di mira anche lui, Mario Draghi argomenta calmo che le idee alla base del bilancio italiano per il 2019 si dimostrarono sbagliate negli Anni 70 e 80.
Già con gli attuali andamenti dei mercati, la manovra mostra effetti boomerang. Se d’ora in poi i tassi sul debito restassero stabili, la maggior spesa del Tesoro in interessi l’anno prossimo sarebbe di 5,5-6 miliardi di euro rispetto alle tendenze precedenti. Vale almeno una volta e mezzo gli investimenti pubblici aggiuntivi da cui il governo attende grandiosi risultati.
Due autorevoli economisti, Olivier Blanchard ex capo ufficio studi del Fmi e Jeromin Zettelmeyer, ipotizzano appunto un caso raro al mondo: manovra espansiva con effetti recessivi. Guardandone i dettagli, il timore cresce: misure fiscali che incentivano le imprese individuali a restare piccole, che alle imprese grandi tolgono aiuti a rafforzare il capitale e a investire in ricerca.
Per giunta si corre il rischio di aggiungere il carico di nuovi aiuti alle banche (4-5 miliardi?). Sarebbe paradossale, da parte di chi nella passata legislatura definiva scandalosi i salvataggi bancari; e casomai sarebbero le bistrattate regole europee l’unica difesa dei contribuenti contro nuovi oneri.
Draghi, in un discorso di spessore sul ruolo delle banche centrali oggi nel mondo, ricorda che furono pessimi i risultati quando, quattro decenni fa, si riteneva che bastasse stampare un po’ più di moneta per creare posti di lavoro. La Germania, che non lo faceva, aveva molti meno disoccupati della Francia e dell’Italia le cui banche centrali erano subordinate al governo.
Stampare moneta a copertura dei deficit pubblici è come si sa il sogno dei sovranisti. Piace ai politici perché offre vantaggi a breve termine mentre il danno, cioè l’inflazione, arriva dopo. Si dette allora alle banche centrali l’indipendenza, spiega il presidente della Bce, perché assicurassero all’economia quella stabilità della moneta che il predominio della politica minava.
Negli anni recenti in cui l’area euro ha tardato a risollevarsi dalla grande crisi, ammette Draghi, al contrario un po’ più di iniziativa da parte dei governi (dei Paesi a basso debito, si intende) sarebbe stata opportuna. Ma alla scarsa concordia e solidarietà tra gli Stati non si può rimediare sottomettendo la Bce a ordini politici. Questa, se si vuole, è una risposta al ministro Paolo Savona.
Non potendo stampare moneta in proprio, il governo italiano vuole prendere in prestito i soldi che gli mancano, con un maggior deficit di bilancio. Nulla di stupirsi se i creditori si preoccupano; e le agenzie di rating, screditate quanto si vuole dai loro comportamenti pre-crisi, campano proprio nella misura in cui esprimono l’interesse dei creditori.
Sovranità democratica significa che un governo può spendere come vuole i soldi che ha, ovvero quelli che riceve dai propri cittadini in tasse. Se vuole spendere soldi che non ha, facendo debiti, è normale che debba vedersela con esigenze diverse da quelle dei cittadini, le esigenze di chi il denaro lo presta. Da quella parte la fiducia cala, in fretta. Cosicché la domanda è se la manovra avrà tempo di sviluppare i suoi effetti quali che siano, oppure se si arriverà a una resa dei conti prima.
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