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 2018  ottobre 27 Sabato calendario

I cammelli sulle Dolomiti

Cammelli sulle Dolomiti? L’immagine è surreale, da Magritte alpino, ma verissima. E dire che, intorno ai tre cammelli, la cornice è puro Heidi: i monti, i boschi, i prati, il laghetto, la malga con i gerani alle finestre a suo tempo votata dai lettori di «Dolomiten» come «la più bella dell’Alto Adige», anzi del SudTirolo, i canederli nel piatto, la carrozza con i cavalli, le caprette che ti fanno ciao. Solo che qui ti fanno ciao anche tre cammelli, all’anagrafe Sharan, Tiguan e Touran, perfettamente a loro agio su queste insolite dune verdi. 
In effetti, forse la vera notizia non sono i cammelli sulle Alpi, ma il fatto che ci si trovino bene, come immigrati ben integrati. Volendo buttarla in politica, quasi una metafora: in questi tempi di delirii sovranisti e di globalizzazione sempre vissuta come una minaccia e mai come un’opportunità, ecco un caso di «melting pot» riuscito.
Siamo alla Tuffalm, la Malga Tuff, 1.270 metri sull’altopiano dello Sciliar, panorama mozzafiato, aria buona, cibo idem. E, appunto, i cammelli. Perché? «Perché sono matto. E i miei familiari, i miei amici e i miei collaboratori sono più matti di me», parola del titolare, Josef «Sepp» Haselrieder, quassù dal ‘96, pantaloni corti di pelle, gilet etnico, abbronzatura, sorriso e italiano da Paolo Villaggio che fa il professor Kranz tedesco di Germania. 
Il tipico sudtirolese e, in teoria, l’ultima persona al mondo che si metterebbe in casa degli animali così poco etnici e per nulla tipici. E invece qualche anno fa Haselrieder vide i suoi primi cammelli, non nel Sahara ma in un allevamento in Germania, e se ne innamorò. «Volevo comprarne uno, ma mia moglie non voleva, diceva che ero matto», circostanza, come si vede, ricorrente. 
«Ma poi l’anno scorso mi hanno fatto una festa per i miei cinquant’anni. A un certo punto mi hanno bendato e mi hanno portato fuori. Pensavo che ci fosse una spogliarellista. Invece ho sentito uno strano rumore, ho tolto la benda ed erano loro, i tre cammelli, acquistati appunto in Germania». Ed è stato di nuovo amore a prima vista, di Sepp per i tre cammelli ma anche, si direbbe, del terzetto con le gobbe per lui. 
Basta vedere con che trasporto i tre bestioni gli corrono incontro quando si presenta con il cestino del pane secco.
E così i cammelli si sono aggiunti a un’Arca di Noè alpina che compredeva già tre figli, un asino, cinque cavalli, due alpaca, un lama, quattro capre, due affettuosissimi maialini da compagnia di nome Gitti e Patrick e in stagione anche qualche decina di vacche, tutti insieme appassionatamente (lo scenario è proprio quello del film) intorno alla malga. Curiosamente, niente cani né gatti... «Sì, quelli li abbiamo, ma li teniamo nel maso dove abitiamo, giù a valle». 
E’ un’Arcadia global, un’utopia animalista, un po’ spiazzante ma sincera. E anche un business, perché ormai la visita ai cammelli d’alta quota è diventata un’attrazione turistica, i bambini ne vanno matti, i genitori devono accontentarli e insomma alla Tuffalm il giro dei visitatori è più intenso grazie ai selfie dei curiosi. 
Quanto ai cammelli, sembra che quassù ci siano nati. Del resto, non hanno nient’altro da fare che dondolarsi sul prato, ruminare (e si sa che con l’erba di montagna il gusto ci guadagna, altro che le ruvide cortecce del deserto), fraternizzare con i visitatori, anche se Sharan, il cammello bianco, è più recalcitrante degli altri due, e concimare la terra, operazione che i tre effettuano con un’abbondanza sorprendente, quindi se venite quassù attenti a dove mettete i piedi. Di notte dormono all’aperto e d’inverno mettono su il pelo ma, racconta Herr Haselrieder, in ogni caso con il freddo e la neve non resteranno qui: dall’11 novembre traslocheranno a valle, nella stalla del maso. E se da queste parti di transumanze negli alpeggi se ne vedono da secoli, quella dei cammelli è davvero una novità.
Insomma, per quanto stravagante possa sembrare, l’operazione-cammello sembra giovare a tutti: ai turisti, ai gestori e, si direbbe, anche ai cammelli. Appunto come la globalizzazione, se gestita invece che subita. Prossimo passo, signor Sepp? «Beh, anni fa ho fatto un viaggio molto interessante in Sudafrica. Le zebre mi sembrano dei bellissimi animali. Non pensa che qui ci starebbero proprio bene?».