la Repubblica, 27 ottobre 2018
Kate e Meghan, influencer reali
Kate e Meghan: ci volevano due borghesi per fare (ri)nascere la Royal Mania C on ogni probabilità il 2018 sarà ricordato come l’anno della Royal Mania. Il tweet con cui Kensington Palace annuncia la gravidanza della moglie del principe Harry, Meghan Markle, è solo l’ultimo fuoco d’artificio sparato dalla monarchia britannica che sembra tornata agli splendori di Lady Diana. Nel corso di un annus mirabilis la Corona ha servito al mondo un fidanzamento rivoluzionario ( quello del quarto erede al trono con un’attrice americana, divorziata e per metà afroamericana), la nascita di un royal baby (Louis, terzogenito del principe William), due royal wedding ( del principe Harry e della principessa Eugenia) e ora anche una gravidanza che si preannuncia mediatica. Comprensibile quanto tutto questo appassioni il Regno Unito, ma come hanno fatto i reali inglesi a infiltrarsi nella nostra coscienza collettiva? «Il coinvolgimento emotivo si rifà alla relazione” primaria” che ogni persona sperimenta con i propri genitori, proiettata poi in relazioni ideali, come quella con personaggi pubblici e star. L’imitazione è un comportamento legato al desiderio di migliorare se stessi attraverso dei modelli», spiega Adelia Lucattini, psichiatra full member International Psychoanalytic Association. Per capire basti guardare all’attenzione con cui i media registrano gli effetti della Meghan–mania durante il viaggio dei duchi di Sussex in Australia: il tubino bianco Karen Gee con cui la duchessa atterra a Sydney? Sold out in poche ore. Per l’abito a pois da 100 euro di & Other Stories bastano minuti. La polvere di stelle che la monarchia sparge sulla nuova generazione di reali ha contribuito alla nascita di un innamoramento generazionale nei confronti dei figli di Lady Diana e soprattutto delle loro mogli, due commoner, due borghesi che in misura diversa contribuiscono non solo a riempire il vuoto creato dalla scomparsa della principessa, ma anche a dare nuovo slancio all’immagine della famiglia reale. Fin qui la Royal Mania è un fenomeno culturale, ma è il suo risvolto economico a determinarne il valore. Ogni abito o accessorio indossato dalle duchesse di Sussex e di Cambridge e dai figli di quest’ultima, i principini George e Charlotte, viene venduto nel giro di pochi giorni, ore, perfino minuti. Questa capacità di far cassa li rende i top influencer del nostro tempo, i Ferragnez della monarchia potremmo dire, con una non sottile differenza: i reali non intascano una sterlina dalle vendite, il guadagno è a vantaggio dei brand cui danno il proprio sostegno e, in generale, dell’economia britannica. Un meccanismo fatto funzionare alla perfezione da un battaglione di esperti d’immagine, etichetta e comunicazione cui si deve il merito di aver reso quella britannica la monarchia più social del mondo ( vedi box). Gli economisti iniziano a parlare per la prima volta di “Kate Effect” quando l’abito indossato dalla promessa sposa del principe William per il fidanzamento – blu, come lo zaffiro di Lady Diana al suo anulare – fa crashare il sito della casa di moda Issa, esaurire ogni scorta e raddoppiare le vendite. E dichiara fallimento. La duchessa ha il tocco di re Mida – iniziano a dire gli analisti – tutto quel che indossa diventa oro. Una magia che nel 2011 ha portato 1 miliardo di sterline all’industria della moda britannica. Time la inserisce nella lista delle 100 persone più influenti al mondo per due anni consecutivi. Ma il meglio deve arrivare.
Assieme al primo principino nasce anche il” Royal Baby Effect": è il 22 luglio 2013, nel giro di poche ore vengono vendute 10mila mussoline uguali a quella che avvolge il primogenito di William e Kate. Nel 2014 George è definito “bimbo più influente del mondo” da Forbes; un anno dopo è nella lista dei GQ’s Best– Dressed men. Solo la sorellina Charlotte riesce a far di meglio ( vedi schede) mentre il fratellino Louis non è ancora quotato. Ma è con Meghan Markle che il titolo della Corona balza alle stelle. Come ha sottolineato Andrew Morton, autore di The Hollywood Princess, «ha portato in dote alla monarchia i suoi 1,9 milioni di follower». È ben chiaro già dal giorno dell’annuncio del suo fidanzamento con il principe Harry, quando il cappottino bianco che indossa va sold out in dodici ore ( 400 pezzi venduti); quello indossato a Nottingham pochi giorni dopo ne impiega solo quattro. L’ex attrice americana si trasforma nel giro di pochi mesi in un’industria in grado di fare impallidire l’incasso di un kolossal hollywoodiano.” The Biggest Influencer at All”, l’ha definita il New York Times. Se Kate ha alimentato la favola romantica di Cenerentola a Corte e consentito a tutti di sperimentarla, identificandosi in lei attraverso la moda, Meghan infatti ha fatto un passo oltre usando gli abiti per comunicare una visione etica, ecologista e femminista. Da influencer esperta, orienta i consumi verso aziende che gestiscono gli affari con una visione filantropica come Outland Jeans, che garantisce formazione e salario dignitoso a ragazze cambogiane sottratte alla prostituzione. Meghan offre alla monarchia un mezzo per dimostrarsi perfino più moderna di un Paese che la contesta come istituzione vetusta, ma poi vota la Brexit sognando la Restaurazione. A salvare il Regno Unito da un futuro incerto saranno duchesse e principini?