la Repubblica, 27 ottobre 2018
Eni supera il miliardo di utili. Big oil festeggia il caro-barile
Prima gli utili, tornati consistenti dopo quattro anni di magra. Ora arriveranno anche gli investimenti. Grazie al rialzo del prezzo del petrolio, le grandi compagnie petrolifere sono tornate a essere macchine che macinano ricchi dividendi, per la gioia di fondi e investitori. Ma anche per le aziende della filiera, da chi trivella a chi fornisce i tubi e costruisce le piattaforme off shore.
Nel terzo trimestre dell’anno, secondo i calcoli pubblicati dalla banca d’affari Morgan Stanley, grazie al prezzo medio del barile attorno a 72 dollari ( relativo all’indice londinese Brent) le big oil company metteranno a segno la più consistente crescita di profitti dal 2014. E lo si può capire: rispetto a un anno fa, le quotazioni del greggio sono salite del 46 per cento.Ne sono riprova i dati appena pubblicati dall’italiana Eni, così come dai francesi di Total, i norvegesi di Equinor e dagli americani di ConocoPhilips ( mentre la prossima settimana sono attesi, altrettanto favorevoli secondo gli analisti, anche i trimestri di Exxon, Bp e Chevron).
Eni, nel terzo trimestre del 2018, ha ottenuto 1,388 miliardi di profitti contro i 229 milioni di un anno fa. Un risultato superiore alle attese degli analisti, che puntavano su un profitto di poco superiore al miliardo. L’utile netto adjusted del periodo gennaio- settembre, invece, si attesta a 3,133 miliardi di euro, in rialzo del 118%. Guardando ai concorrenti, Total ha chiuso il terzo trimestre dell’anno con un aumento del 45% dell’utile netto a 4 miliardi, mentre Conoco ha raggiunto 1,9 miliardi di dollari di profitti e ha annunciato che rivedrà al rialzo la suo quota di investimenti per la produzione.
Perché ora che la tendenza – già annunciata con i dati del primo semestre del 2018 – si è consolidata, le compagnie petrolifere possono cominciare a guardare con più certezze alla possibilità di tornare a investire nello sfruttamento di giacimenti in giro per il mondo. del resto, l’Agenzia internazionale per l’energia ha appena pubblica un report in cui rivela che la produzione di petrolio ha appena toccato un nuovo picco, trainato dalla domanda dei paesi asiatici.
Cambia il “sentiment” del settore. La doccia gelata del prezzo arrivato sotto i 30 dollari quattro anni fa, aveva mandato in crisi tutta la filiera, accusando la caduta in Borsa di società specializzate in perforazioni, così come per la costruzione di gasdotti e impianti di raffinazione. Per arrivare alle aziende che forniscono elicotteri per i collegamenti con le piattaforme off shore ( ne sa qualcosa il gruppo Leonardo). In realtà, i risultati migliori arrivano dalle società che per tempo hanno utilizzato i tre anni di “crisi” per migliorare l’efficienza degli impianti. È il caso di Eni, i cui interventi hanno permesso di sostenere una copertura degli investimenti e del dividendo allo scenario Brent di circa 55 dollari al barile nel 2018, termine oltre il quale è tutto guadagno.