il Giornale, 25 ottobre 2018
«Sono rimasto senza un soldo». Intervista a Formigoni
Il mondo è cambiato anche per lui: «Oggi faccio sei-sette chilometri al giorno a piedi. E prendo i mezzi pubblici, anche nell’ora di punta».
Chissà le reazioni della gente. Come minino, le sputeranno in faccia.
Roberto Formigoni si scrolla di dosso l’obiezione con una sonora risata: «Negli ultimi giorni mi è capitato un paio di volte che gruppi di ragazzi abbiano voluto farsi un selfie con me».
Saranno nostalgici dell’Ancien Régime?
«Ma quali nostalgici. Sa cosa dice la gente quando mi ferma in mezzo alla strada?».
Formigoni, dove hai nascosto i soldi?
«Al contrario: Formigoni perché non torna? Quando c’era lei la Lombardia funzionava meglio e in quell’ospedale non c’era la coda come oggi».
Dal 4 marzo lei è un pensionato. Le pesa?
«Dal 4 marzo non sono più senatore. Non ho più la segretaria e l’autista l’avevo già perso lasciando la presidenza del Pirellone. Ma la mia non è la giornata di un pensionato al parco».
L’autunno del vecchio patriarca?
«Scordi quell’immagine. Non sono caduto in depressione. Mi sono lanciato nel volontariato».
Dev’essere dura dopo un ventennio, o quasi, alla guida della Regione più ricca d’Italia e oltre trenta ai piani alti della politica.
«No, perché nella vita ci sono stagioni diverse e io sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Seguo la comunicazione di due onlus, consiglio i giovani che vogliono candidarsi, faccio scuola di formazione politica. Tutto gratis».
Scusi, ma chi può venire a lezione da lei?
«Una marea di giovani. Tantissimi, pieni di entusiasmo e di stima nei miei confronti».
Scusi, ma il Celeste, come la chiamavano ai tempi d’oro, è atterrato sulla terra. Lei è stato condannato e la sua immagine compromessa.
«Aspettiamo la Cassazione. Io sono già stato processato sedici volte e sedici volte assolto. Sono innocente e lo rivendico».
Dicono tutti cosi.
«È dal 2011 che questa persecuzione va avanti. Hanno fatto rogatorie in mezzo mondo alla ricerca di fantomatiche mazzette. Hanno setacciato i miei conti, quelli dei miei fratelli, dei miei cugini, fino al settimo grado, ma non è uscito niente».
Però in primo grado è stato condannato a sei anni che sono diventati addirittura sette e mezzo in appello.
«La mia colpa è aver trascorso qualche week-end, una decina in tutto nell’arco di tre anni, più due vacanze natalizie ai Caraibi, ospite di un amico danaroso: Pierangelo Daccò».
Secondo i giudici quello è il prezzo della sua corruzione per aver dirottato qualcosa come 200 milioni verso la Maugeri e il San Raffaele. L’hanno beccata con le mani nel sacco?
«No e poi no. Non hanno trovato le mazzette e allora mi hanno addebitato il valore delle barche di Daccò come fossero mie, mentre invece erano utilizzate da lui, dalla sua famiglia, dai suoi amici, dai suoi conoscenti. Si rende conto? Per essere salito qualche volta su quelle barche, mi attribuiscono il prezzo di quegli yacht, per un totale di 4 milioni di euro. È incredibile. Ma c’è un’altra grave anomalia».
Quale?
«Quei 200 milioni sono il frutto di delibere. Di scelte condivise con la giunta e i miei tecnici. Tutto regolare, tutto alla luce del sole e tutti i soldi per i malati».
Ma per quale motivo ce l’avrebbero con lei?
«Per distruggermi».
Ma lei è già uscito di scena.
«Non ha capito. Non vogliono affondare Roberto Formigoni che ormai è fuori dai giochi, ma il modello che ho creato. Pensi solo alla sanità, alla rivoluzione che ho compiuto aprendo i grandi ospedali privati anche ai poveri. Era ed un modello innovativo e vincente, cristiano e liberale. Se Milano e la Lombardia oggi sono grandi lo devono anzitutto a due giunte: quella regionale di Roberto Formigoni e quella municipale dell’ex sindaco Gabriele Albertini. La rifondazione della sanità, il buono scuola, le infrastrutture, i grattacieli di Porta Nuova e Citylife. Oggi vogliono cancellare questa esperienza».
Se la Cassazione dovesse confermare la pena?
«Sono cristiano e sono pronto ad affrontare quel che sarà».
Anche il carcere?
«Tutto».
Come vive oggi Formigoni?
«Nel 2014 mi hanno sequestrato tutti i beni: sei appartamenti, in comproprietà con mio fratello e mia sorella, e tre utilitarie. Ma non basta».
Che altro è successo?
«A maggio la Corte dei conti mi ha portato via pure la pensione, anche se questo è incostituzionale: circa 4mila euro al mese».
E allora, come campa l’ex governatore?
«Con grande fatica mi sono ributtato nel mondo del lavoro. Oggi sono consulente di due gruppi imprenditoriali: uno cinese e uno arabo. Non guadagno molto, ma mi basta per vivere».