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 2018  ottobre 25 Giovedì calendario

Biografia di Dennis Muren



Oggigiorno gli effetti speciali non è che siano poi tanto speciali. Tutti si copiano a vicenda e l’effetto sorpresa va a farsi benedire. Ci vorrebbero idee nuove, che sconvolgano gli spettatori. Quanti edifici giganteschi dovremo ancora far crollare, quanti robot dovremo ancora far saltare in aria prima di renderci conto che il pubblico sbadiglia?».
Dennis Muren fa una pausa e dall’alto dei suoi quasi due metri d’altezza osserva l’effetto delle sue parole. Dirompenti come lui. Tutt’intorno sciama la comunità del virtuale applicato al cinema, per lo più suoi colleghi della computer grafica, richiamati alle ex Officine Grandi Riparazioni di Torino dalla nuova edizione di View Conference. Diversi di loro hanno vinto degli Oscar. Lui ne ha vinti più di tutti. Otto statuette tra il 1980 e il 1993, che l’hanno fatto entrare nella top ten dei più premiati nella storia dell’Academy Award.
Dirige la factory di Lucas
Da 42 anni Muren lavora per la Industrial Light and Magic, la factory di George Lucas di cui oggi è il direttore creativo. I suoi film hanno segnato salti in avanti epocali nell’immaginario collettivo. Con gli effetti della prima trilogia di Star Wars ha aperto un’era. «Il regista voleva che la macchina da presa seguisse le navi spaziali come in una corsa automobilistica, e così è stato. In Guerre stellari George Lucas è riuscito a trasmettere emozioni semplicemente con le inquadrature, con l’uso della macchina da presa. In pochissimi sono in grado di farlo».
Con Indiana Jones e il tempio maledetto ha ridisegnato i confini dell’avventura al cinema. Con Terminator 2 ha fatto scuola, inventando l’effetto della liquefazione del cyborg. Per Jurassic Park fu lui a convincere Spielberg ad abbandonare l’idea di utilizzare i modellini di dinosauri a favore della computer grafica. E sua è stata la realizzazione tecnica della scena di E.T. in cui la bicicletta prende il volo con la luna sullo sfondo. «Sono orgoglioso di averci lavorato. Quello è un momento magico, da tutti i punti di vista. Steven Spielberg è andato a toccare i punti più nascosti di ciascuno di noi: l’atmosfera notturna, il desiderio di volare, la leggerezza dell’anima. La sequenza perfetta di un film perfetto».
In carriera ha collaborato con tanti grandi autori. Non solo Lucas e Spielberg ma anche James Cameron, Barry Levinson, Francis Ford Coppola. Eppure la memoria finisce su A.I., l’ultimo progetto di Stanley Kubrick mai realizzato. «Ci siamo parlati al telefono per mesi, è stato emozionante. Era un uomo meticoloso, capace di trasmettere alla perfezione le sensazioni e le visioni che aveva in testa. L’unico problema è che cambiava completamente idea da una telefonata all’altra. A volte mi sembrava di parlare con due o tre Stanley diversi. Poi è morto e tutto è finito lì. L’ A.I. di Spielberg è un bel film, ma ha poco a che vedere con le visioni oscure e inquietanti che Kubrick aveva in mente».
Il volto umano
Fra pochi giorni Muren compirà 72 anni, ma ad appendere il mouse al chiodo non ci pensa nemmeno. Non è il passato a interessarlo, e nemmeno il presente. Resta alla ricerca di progetti ancora in grado di emozionarlo, di registi e sceneggiatori che non abbiano perso la voglia di osare. Senza inseguire futuri tecnologici improbabili. «Vedo che molti effettisti sono al lavoro per cercare di sostituire gli attori in carne ed ossa con interpreti virtuali. Sono certo che non ce la faranno mai, nemmeno tra trecento anni. D’altronde se oggi si fa un uso così massiccio della motion capture significa che i movimenti e le espressioni del viso sono insostituibili. Nessun computer potrà mai ricreare la meravigliosa complessità del genere umano».