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 2018  ottobre 25 Giovedì calendario

Vivere accerchiati da pale eoliche

Uno stridio assordante. Poi un sibilo, simile a un lamento. Costante. Il rumore dopo pochi minuti diventa insopportabile. «Ti perfora il cervello, è una tortura. E oggi siamo fortunati: non c’è molto vento». Visto dalla casa di Giovanni Bovino, nella campagna di Balvano (Potenza), il lato oscuro dell’eolico emerge in tutta la sua gravità. Basta uno sguardo: tutt’intorno, in poco più di un ettaro, ci sono 16 turbine alte come palazzi di cinque piani. La più vicina è a poche decine di metri dall’abitazione. «Viviamo assediati. Dormire è impossibile», dice Giovanni, 56 anni. E mostra sullo smartphone il video di un giorno ventoso: un fragore continuo. «Qui era un paradiso, da quando hanno messo le pale la nostra vita è un incubo», racconta la moglie, Maria Pietrafesa, 49 anni. Il rumore copre i muggiti delle mucche. «Sembra un malato che si lamenta, ti entra nel cuore: fa venire da piangere». Dopo 30 anni in Germania la coppia è rientrata al paese, dove ha costruito una casa. Poco dopo sono spuntate le prime pale del mini-eolico. 
Il vuoto normativo
In teoria questo tipo di turbine (fino a 1 megawatt) è nato per alimentare aziende agricole o singole abitazioni. Ma un’occhiata a Google Maps aiuta a capire che qualcosa è sfuggito di mano: alcune case sono accerchiate dalle pale eoliche. Piantate in terreni agricoli, concessi dai proprietari per cifre che possono arrivare a 4 mila euro all’anno. Non solo a Balvano, ma anche a Tolve, Oppido Lucano e in tutta l’area del Potentino. Come è stato possibile? Le cause vanno cercate nel vuoto normativo che c’era nel 2012: la legge regionale non prevedeva limiti per il mini-eolico. Non serviva la valutazione di impatto ambientale, ma una procedura abilitativa semplificata (Pas), che accelera i tempi. Così in pochi mesi è scattata una corsa al mini-eolico innescata dagli incentivi statali. Oggi a Balvano, 1800 anime, le turbine sono una settantina: una ogni 25 abitanti. 
La nuova legge regionale (settembre 2017) ha invece stabilito le distanze minime degli aerogeneratori da case e strade. E non è un caso se, dall’entrata in vigore, nessuna nuova pala è stata installata. La legge non è retroattiva, ma con le nuove norme l’80% delle turbine sarebbe illegale. 
Una situazione che ha spinto gli abitanti a una battaglia legale a colpi di perizie fonometriche ed esposti in Procura. «Il rumore è oltre i limiti di legge» accusano chiedendo il blocco e la rimozione delle pale. Ma finora sono vittime di un ping pong burocratico: «Perché le istituzioni non salvaguardano la nostra salute?», chiedono. E ricordano come il vice sindaco della scorsa amministrazione, Domenico Teta, fosse nel 2015 amministratore della Te.Ge.St. Energy Srl, una delle aziende che ha chiesto al Comune le Pas per installare le pale. Il dubbio del conflitto di interesse è legittimo. Costantino Di Carlo, sindaco al terzo mandato, si difende: «Ditemi quale legge ho violato. La colpa è solo dello Stato». 
Da un pero nell’orto del signor Bovino pende un cappio: «Lo userò per impiccarmi se questo scempio non verrà fermato», minaccia da tempo. Pochi chilometri separano casa sua da quella di Mario Bagnulo, 46 anni, fondatore del comitato «Balvano Libera». La stretta strada è punteggiata da pale: una selva metallica, anche a ridosso di tralicci dell’alta tensione, che sfregia un paesaggio da cartolina. «In questa faccenda c’è qualcosa di poco limpido. Altrimenti perché dovrebbero pedinarci?». Nello specchietto, in effetti, da qualche minuto c’è fisso un pick up bianco: ci segue, poi ci affianca. L’autista ci guarda in cagnesco. «Vedi? Ci vogliono intimidire». Anche la casa di Mario è circondata da 16 pale. «Nessuno di noi è contro l’eolico, ma contro questo modo selvaggio di usarlo», denuncia. E lancia una provocazione: «La mia casa non vale più nulla, la vendo a un euro». La moglie, sorride amara. «I nostri figli non escono più a giocare. Di notte si svegliano, sentono i rumori e temono che ci siano mostri». 
Minacce e intimidazioni
A denunciare per primi il mini-eolico selvaggio sono stati Giusi Cavallo e Michele Finizio, giornalisti di Basilicata24. Durante l’inchiesta che ha scoperchiato una serie di speculazioni sono anche stati aggrediti. «Alcune pale risalgono agli Anni 80-90. Le persone le rigenerano e poi vendono all’Enel l’energia prodotta incassando gli incentivi statali». Il business può fruttare fino a 20 mila euro all’anno a fronte di un investimento da 80mila o meno. Le turbine di nuova generazione, silenziose e più efficienti, costano intorno a 250 mila euro. 
Uno dei pochi punti fissi della legge statale è il divieto dell’effetto cumulo. Tradotto, un terreno può ospitare una sola pala per evitare la nascita di parchi eolici «mascherati». Ma la norma è stata dribblata con disinvoltura, frazionando i terreni e realizzando decine di cambi di proprietà. Così si giustifica il panorama: pale eoliche a perdita d’occhio. 
A 40 chilometri da Balvano c’è la contrada potentina di Piani del Mattino. Qui la situazione non è migliore. Circa 70 famiglie si sono riunite in un comitato contro il mini-eolico selvaggio. In prima fila ci sono le donne, che hanno tentato di ostacolare il passaggio dei tir con le pale a bordo. «Venivano di notte, di nascosto, su una strada vietata ai mezzi pesanti». Per la loro lotta hanno ricevuto una denuncia. Le accuse? «Blocco stradale e violenza privata», dice una di loro, soffocando una risata. Alcune hanno ricevuto intimidazioni e chiedono di oscurare i nomi. E.B. è esasperata: «Sono costretta a prendere il Tavor per dormire». «È come avere un aereo sempre sulla testa», si lamenta invece A.S. «A volte il mio bimbo urla: “Buttiamole giù, non ne posso più”». Quando il sole incrocia le pale, poi, si crea un effetto di intermittenza luce e ombra irritante. «Quei flash attraverso le finestre ti logorano. Fa venire mal di testa e vertigini. Quelle stanze sono abbandonate». Alcune pale hanno, raccontano i membri del comitato, anche perso pezzi, «lanciati come proiettili a 300 metri di distanza». E se nei paraggi ci fosse stato qualcuno? 
Alcuni ipotizzano l’ombra della criminalità organizzata: «In Basilicata chi ha quei soldi da investire?». Intanto le pale non si fermano. E lo stridio assordante continua. —
Ha collaborato Davide Arcuri