la Repubblica, 25 ottobre 2018
Generali, i grandi soci vogliono un’acquisizione
Due grandi azionisti (italiani) di Generali comprano azioni sulla debolezza. Segno di fiducia nel management in vista del piano strategico, che sarà anticipato al cda tra due settimane. Segno, anche, della volontà di mediare al ribasso, e sostenere con i flussi cedolari che nel caso di Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone valgono decine di milioni, un investimento ritenuto di lungo corso.
Negli ultimi sei mesi l’azione è scesa da oltre 17 euro ai 13,75 di ieri (- 0,54% nella seduta), anche per il deprezzarsi del suo portafoglio titoli di Stato italiani, da oltre 60 miliardi. A comprare sono stati la Fincal di Caltagirone, che ha preso 1,4 milioni di azioni – lo 0,09% del capitale – puntando 20 milioni per salire al 4,536%. E in parallelo la finanziaria Delfin del patron di Luxottica, che ha investito 23 milioni per 1,65 milioni di pezzi, salendo al 3,35%. I due rafforzano le posizioni di secondo e terzo socio dell’assicuratore, e con Benetton e De Agostini rafforzano il quartetto dei soci italiani, che ormai detiene più dello storico 13,2% di Mediobanca. L’istituto, tra l’altro, entro giugno è impegnato a scendere al 10% per ottimizzare l’impatto sul patrimonio, anche se sarà difficile che venda sotto 17 euro, suo prezzo di carico. «Quello in Generali è per Delfin un investimento finanziario a lungo termine, particolarmente interessante ai prezzi attuali e pertanto destinato a salire in maniera consistente. Ho fiducia nel management e credo che con l’impegno di tutti i soci sia possibile costruire un grande futuro per questa compagnia», ha detto Del Vecchio per illustrare la mossa. Lui e Caltagirone sono azionisti di Generali da un decennio, ritengono sia ben gestita ma ora vogliono che il rilancio passi per” qualcosa di bello”, come si dice dietro le quinte, alludendo a una possibile acquisizione che riduca la distanza con le rivali Allianz ( Germania), Axa ( Francia) e Zurich ( Svizzera). Un decennio fa erano allineate, ora Generali è scesa nella fascia tra metà e un quarto rispetto alle storiche rivali.
A quanto si apprende l’obiettivo, comune ai soci stabili, non sembra tanto evitare che il colosso triestino sia scalato dall’esterno, ma casomai di trovare assetti stabili e un respiro internazionale definitivo alla società.
Le ambizioni si misureranno nel piano in uscita il 21 novembre, che dovrebbe incardinarsi su una crescita vicina al 10% dell’utile netto ( stabile a 2,1 miliardi l’anno scorso), tale da migliorare i dividendi. Proprio il settore risparmio gestito, oltre al ramo danni, dovrebbe essere la leva per l’accelerazione impressa dall’ad Philippe Donnet.
Tuttavia, malgrado le aspettative di alcuni soci strategici – specialmente Caltagirone, si dice – potrebbe rivelarsi non immediato né facile trovare prede con tratti e prezzi adeguati: sia per il 20% circa perso in Borsa dal Leone, sia per mancanza di obiettivi, come provano i miliardi che la rivale Allianz va restituendo ai soci in forma di buyback.
Anche per questi motivi una parte fondante del piano sarà sul lato dei costi industriali e finanziari ( gli oneri per interessi pesano per oltre mezzo miliardo l’anno sull’utile). Il debito di Generali contiene una decina di bond, due senior e otto subordinati per complessivi 10,55 miliardi. Tutti emessi tra il 2006 e il 2015 e tutti a cedole salate, tra il 4,1% e il 10,1%. Sono titoli a lunga scadenza, ma almeno un paio, per due miliardi totali, scadono nell’arco del piano futuro. Un report di Mediobanca Securities l’ 8 ottobre suggeriva l’utilizzo di cassa fino a un miliardo ( le ultime dismissioni ne hanno fruttati 2,5) per accorciare la leva debitoria e sgravare l’utile.