Corriere della Sera, 25 ottobre 2018
Il processo pendolare su Unipol
Il «Frecciarossa» dei treni è una gran cosa, assai meno il «Frecciarossa» dei processi: che ora – con la surreale spola avanti e indietro in 4 anni tra Milano e Torino (via Roma) della stessa inchiesta sui medesimi indagati per aggiotaggio nella fusione 2013 tra l’Unipol guidata da Carlo Cimbri e la Fonsai della famiglia Ligresti – segnala l’irrazionalità di meccanismi che non raddrizzino, all’inizio e una volta per tutte, i binari delle competenze territoriali. Nel settembre 2014 la Procura Generale della Cassazione, che dirime i conflitti di competenza tra Procure nelle indagini, con il pg Aldo Policastro sposa la tesi che l’aggiotaggio si consumi nel luogo dove il soggetto autore della comunicazione manipolatrice del mercato la esterna, e ciò anche se la comunicazione avviene infragruppo (come in questo caso) in un comunicato preparato negli uffici societari tra Torino e Firenze ma comunicato al mercato con l’immissione a Milano nella piattaforma informatica «Nis»: e per questo toglie il fascicolo ai pm di Milano e ravvisa competenti i pm di Torino. Che ora concludono l’indagine dopo 4 anni ma, alla questione riproposta per gli indagati di Unipol dal difensore Ermenegildo Costabile, vedono il pendolo della Procura Generale di Cassazione (qui il pg Pasquale Fimiani) tornare a fissarsi sul principio che l’aggiotaggio si consumi laddove la comunicazione venga diffusa al mercato divenendo accessibile a una cerchia indeterminata di soggetti, quindi a Milano nella piattaforma Nis. L’indagine è tolta a Torino e rimandata a Milano dallo stesso ufficio che a Milano l’aveva tolta nel 2014. Ma il «Frecciarossa» del processo, immobile allo stesso punto di binario, non contempla «rimborsi» per i 4 anni bruciati.